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César Lucadamo (fotografo e ex calciatore): «Il mio Maradona, un idolo globale»

Parte da Napoli il viaggio di Lucadamo, fotografo ed ex calciatore, nei luoghi simbolo del «pibe»

Se il calcio è la religione laica del terzo millennio, Diego Armando Maradona può essere considerato il suo dio: d’altra parte, a Buenos Aires esiste persino una chiesa maradoniana. Ma è soprattutto a Napoli, più che altrove, che le tracce del passaggio del «pibe de oro» – sette intensissimi anni tra il 1984 e il 1991 – sono ancora ben visibili e continuano a marchiare a fuoco l’animo stesso della città, come dimostrato anche dal ribollente affetto tributatogli durante la recente visita-lampo dopo anni di assenza.
Da queste suggestioni tra sacro e profano, calcio e antropologia, mito e identità culturali glocal è partito alla fine dello scorso anno il fotografo argentino César Lucadamo per mettere in piedi un progetto di ricerca artistica che rintracciasse e rielaborasse i segni della presenza di Maradona nelle tre città-simbolo della sua vita e della sua carriera sportiva: Buenos Aires, Barcellona, Napoli. La prima tappa, a dicembre scorso, è stata proprio all’ombra del Vesuvio, dove Lucadamo ha già realizzato numerosi scatti, destinati a confluire in un percorso più articolato che, grazie al supporto dell’Instituto Cervantes partenopeo, avrà il suo momento culminante in un workshop di fotografia – le cui iscrizioni si sono aperte la settimana scorsa – in programma dal 2 al 5 maggio e intitolato «Sulle orme di Maradona a Napoli».
Assieme al fotografo argentino, residente da 25 anni a Barcellona, sarà in città anche il filosofo Daniel Gamper, docente presso la Universidad autónoma de Barcelona e nipote di Joan Gamper, il mitico fondatore del Barça. A lui e a Marco Ottaiano saranno affidati i momenti teorici del workshop (tra football, opera d’arte e creazione letteraria), mentre Lucadamo guiderà gli iscritti tra le strade di Napoli «per provare a raccontare per immagini – anticipa il fotografo – il rapporto, ancora oggi fortissimo, fra la città e il campione argentino: un legame che si manifesta non soltanto nella passione sportiva ma anche e soprattutto nella vita quotidiana e persino nel sentimento religioso del popolo napoletano». A workshop ultimato, una selezione dei migliori scatti diventerà materiale di una mostra fotografica al Cervantes.
Ma perché Maradona? «Perché – spiega César Lucadamo – è il personaggio “bigger than life” per eccellenza della nostra epoca: campione straordinario ma anche leader populista autoproclamato, idolo globale ipermediatico e simbolo vivente del riscatto dalla povertà, persona contraddittoria dall’ego smisurato ma anche talento unico e inimitabile della storia del calcio, santo ed eroe e al tempo stesso dannato e ribelle. E l’indagine fotografica sui mille volti di Maradona e su ciò che ha lasciato nei luoghi e nelle persone della sua vita mi ha portato inevitabilmente a Napoli». Dove Lucadamo ha deciso di iniziare il suo percorso. «Mi sembrava appropriato, perché è qui – prosegue – che Maradona ha il radicamento più profondo, ancora oggi a più di vent’anni di distanza da quando giocava nel Napoli. In Argentina, infatti, è amato e odiato, idolatrato come calciatore ma anche discusso per gli errori commessi. A Barcellona, poi, la cultura borghese catalana lo ha respinto come un corpo estraneo. Soltanto Napoli, invece, ha saputo immedesimarsi in lui e nella sua voglia di rivalsa verso i potenti di turno, simboleggiati da rivali calcistiche settentrionali come Juventus o Milan. A Napoli, più che altrove, Maradona si è fatto dio e simbolo, fino a fondersi con l’architettura stessa della città, come ancora dimostrano i murales presenti su molti muri del centro e della periferia».
Prima di affermarsi come fotografo, César Lucadamo è stato a sua volta calciatore professionista in Argentina, vestendo per due stagioni, 1983 e 1984, la gloriosa “camiseta” del Velez Sarsfield di Buenos Aires. «Ero un’ala sinistra agile e scattante. Poi, purtroppo, un brutto infortunio al ginocchio mi ha fatto smettere quasi subito. Non ho incontrato Maradona in campo, perché al tempo dei miei due anni nel campionato argentino lui si era trasferito al Barcellona. Però, ne ero letteralmente innamorato mentre ero nelle giovanili e lui infiammava le folle con le maglie dell’Argentinos Juniors e del Boca». Probabilmente, è da allora che Lucadamo insegue il fantasma del campione che seppe farsi più napoletano dei napoletani.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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