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De Laurentiis punzecchia Benitez: “Le nostre difficoltà legate al modulo. Benitez? Io ci sarò, lui dipende”

"Sarei onorato se Rafa restasse perchè convinto nel nostro progetto"

Il «Natale stupefacente» è un lungometraggio che parte da Doha, atterra al san Paolo, però dopo aver attraversato l’universo-calcio in ogni suo angolo, pure il più invisibile, ed il calcio di questo Terzo Millennio, che danza (quasi) tra le dune e prova a colmare quel deserto che avverte in sé, ha trame che Aurelio De Laurentiis scrive (ovviamente) di pugno proprio. Il «Natale stupefacente» è nelle rivelazioni, nelle affermazioni, nelle confessioni, anche in una telefonata ricevuta da Roberto Benigni che lo sorprende mentre parla con i giornalisti, in quel macrouniverso che contiene aspetti centrali per lo sviluppo economico e strutturale e squarcia orizzonti nei quali avventurarsi leggendo la scenografia di quel ch’è stato e di quello che può essere. «Perché il mondo va di fretta e noi non possiamo restare fermi. Dobbiamo riappropriarci del calcio, dei nostri campionati, delle regole».

IO E LA CHAMPIONS. Primo, secondo e… la Champions è su quel podio (o nella conquista dell’Europa League), in una stagione ch’è viva, autenticamente vibrante. «Mi arrabbio quando mi dicono che il nostro campionato è già finito. Il terzo posto è un obiettivo importante e le partite e i risultati di ieri confermano che non bisogna mai rassegnarsi ma tenere alta la guardia. E poi noi siamo il Napoli, rappresentiamo una città che soffre, come del resto l’Italia intera, ma che merita di vedere onorare quella maglia».

IO E IL MODULO. Il calcio, please, osservato tatticamente, lucidamente, razionalmente. «Le nostre difficoltà attuali sono legate al modulo: per quattro anni ne abbiamo applicato uno diverso, ora è chiaro che serve sempre un po’ di tempo per perfezionarlo. Ma abbiamo un grande allenatore come Benitez, una garanzia. Il budget del Napoli non consente calciatori che guadagnano otto-dieci milioni a stagione. Bisogna essere realisti e io non posso mandare in tilt l’equilibrio economico della società».

IO E LA SQUADRA. Buon Natale, sussurrato a modo suo, nel corso d’una cena in cui è bastato guardarsi negli occhi. «Ho avuto modo di parlare con i ragazzi. Il Napoli, per fortuna, non ha un presidente che le manda a dire e con la squadra mi sono fatto sentire».

IO E LO STADIO. Benvenuti al san Paolo, si fa per dire: perché il tempo guarirà pure le ferite, non le crepe. «Quello del futuro dovrà essere più piccolo, non so se quindicimila o ventimila posti o poco di più. So però che deve essere confortevole, deve essere accogliente come lo è un teatro e chi ci va deve sentirsi un privilegiato, come un socio di un club esclusivo. Ma devo sganciarmi dal Comune e senza far polemiche, tanto è inutile. Poi eventualmente un giorno parleranno i nostri avvocati, se dovesse essercene la necessità».

IO E I TIFOSI. Qua la mano, a quei sei milioni di fans immersi in un cielo azzurro che più azzurro non si può. «Voglio coinvolgerli, voglio che si sentano sempre più partecipi del destino del Napoli, che lo sostengano in maniera concreta. Sto studiando soluzioni innovative, che rendano centrale il ruolo dei fans: penso adesso al nostro bilancio, che è intorno ai 120 milioni di euro, e credo che per poter essere sempre più competitivi ed a qualsiasi livello sia necessario arrivare intorno ai trecento milioni. Con l’intervento attivo di centocinquantamila sostenitori, ai quali garantire delle priorità, dei vantaggi, saremmo capaci di far incrementare la disponibilità economica. Ma il Napoli resterà una private company, non parlate di azionariato».

IO E GLI SCEICCHI . Ci sono storie che non finiscono mai e poi mai. «Il club lo venderanno i miei figli, quando io sarò morto, se non saranno capaci di gestirlo o se lo riterranno opportuno».
IO E GABBIADINI. E ci sono affari che si possono ufficializzare, senza scendere nel dettaglio. «Ha segnato ancora e al ritorno in campionato dopo la sosta sarà squalificato. Ed allora vuol dire che ce lo ritroveremo bello allenato, perché sarà costretto a saltare la prima. Io comunque sono tranquillo e penso che il Napoli sia già forte ma abbia bisogno che intorno a sé ci sia pazienza: solo che in genere in pochi ce l’hanno».

IO E LA JUVENTUS. Bianco & nero, come un trailer che crea un’emozione e non tramonta mai. «Juventus-Napoli ormai è un appuntamento istituzionale. L’abbiamo battuta sin dal trofeo Moretti, poi siamo saliti insieme dalla serie B; abbiamo percorso un bel tragitto assieme e queste partite sono diventate un classico dei tempi moderni. Mi sembra che sia una sfida molto sentita, giustamente, e ritrovarsi a Doha, in questa finale pare quasi un segno del destino. E non finisce qui…».

IO E LA SUPERCOPPA. Cin cin, perché è il momento delle feste. «Me la gioco e non penso siano i più forti, perché non guardo al passato, né al campionato. Abbiamo qualità anche noi, calciatori in grado di indirizzare una sfida».

IO, IL CALCIO E LA POLITICA . Uffa, che noia: dalla Melandri ai giorni nostri, altro che Bel Paese. «Macché, questo è il Paese dei brogli, senza futuro, neanche per noi. Tutti gli ultimi Governi hanno avuto paura di metterci le mani ed allora dobbiamo provvedere da soli, renderci autonomi. Siamo stati penalizzati e nessuno fa nulla per tirare questo nostro mondo dal fango: dovremmo citare lo Stato per danni, ma come si fa se sono in dissesto? Dieci anni fa, mi davano del visionario, poi si sono ricreduti. Il Ministro che è intervenuto con una legge ancora in vigore, non capiva nulla di calcio».

IO E BENITEZ. El señor sì che ne capisce, ma deve capire….«Se Benitez crederà nel nostro progetto, potremmo essere soltanto onorati, ed io su tutti lo sarei. A me l’uomo e l’allenatore piacciono, ha cultura del lavoro, una esperienza notevole. E dunque proverei felicità se decidesse di continuare. Ma è anche chiaro che, dovesse, per ragioni varie, pensarla diversamente, allora ce ne faremmo una ragione. Il Chelsea ha continuato anche dopo il suo addio ed il Napoli conta più di tutti».

IO E CONTE. Viva l’Italia, direbbe De Gregori o anche De Laurentiis. «Mi piace, è uno che ha carattere, tutti lo mettono sul banco degli accusati ed io no. Certo, sarebbe bella una Nazionale con ragazzi di 21 anni, capaci di essere titolari come ha dimostrato Pogba».
Fonte: Corriere dello Sport

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