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ESCLUSIVA – Cavalli: ”Dirty Soccer e Sponsoropoli sono fenomeni legati. Sul calcioscommesse vi dico che…”

"Certi personaggi hanno tentato di radicarsi anche in Romania. Servono riforme drastiche, bisogna limitare le scommesse solo ai campionati importanti"

Dirty Soccer, calcioscommesse, la tematica è scottante e il dibattito, dopo le ultime indagini della magistratura, è tornato ad essere acceso. Abbiamo approfondito tale argomento intervistando in esclusiva Mauro Cavalli, avvocato e direttore sportivo del Braila Fc. Cavalli ha compiuto una panoramica sul fenomeno proponendo anche delle soluzioni, ecco l’intervista:

La cronaca calcistica in questi giorni è stata colpita dall’inchiesta “Dirty Soccer”. Cosa ne pensa di questa vicenda?

“Per quanto riguarda l’operazione “Dirty Soccer”, posso dire che si tratta, a mio parere, di un fenomeno che non finisce qui e che purtroppo credo coinvolga un aspetto del mondo calcistico molto più ampio e non solo italiano. Il fenomeno delle scommesse in un certo senso ha spinto alcuni operatori del calcio, mi riferisco agli allenatori, ai giocatori e a dirigenti, a illecite commissioni con personaggi della malavita per guadagnare soldi facili, quindi alterare i risultati delle partite, soprattutto dei campionati minori. Ho motivo di ritenere che questo non avvenga solo in Italia ma anche in altri Stati. Nei campionati non professionistici il costo dell’operazione è inferiore, quindi è possibile avere dei ricavi illeciti maggiori”.

Ci sono quindi, secondo lei, anche altri paesi coinvolti in questo scandalo?

Sicuramente ci sono paesi europei coinvolti e probabilmente anche non europei. Dico europei perchè è evidente che il meccanismo usato è il seguente: molte squadre sono in difficoltà economica e quindi hanno bisogno di soldi. Vi sono allenatori che si vanno ormai a proporre nelle società portando loro, e questo già è un fatto improprio, degli sponsor”.

Qual è quindi, secondo lei, il meccanismo utilizzato?

“Uno dei meccanismi utilizzati è il seguente: nelle categorie dilettantistiche spesso l’allenatore non viene scelto per meriti sportivi ma perchè porta degli sponsor, quindi dei personaggi che possono investire nella squadra. Può capitare che coloro che investono siano degli scommettitori, e le eventuali combine possono garantire ai calciatori un ritorno economico importante. E’ chiaro anche che per realizzare questo meccanismo servono più persone con ruoli definiti. Si parla di organizzazioni vere e proprie, delle associazioni a delinquere”.

Perchè, quindi, sono preferibili i campionati minori?

Sono preferibili perchè l’investimento è basso, ci sono meno controlli, ciò è dovuto al fatto che sia in Italia che all’estero molti campionati non hanno riprese televisive e in generale comunque hanno meno visibilità”.

Quindi lei intravede un legame forte tra Sponsoropoli e il calcioscommesse?

“Assolutamente sì, nell’ambiente è ormai conosciuto il fenomeno Sponsoropoli. Vi sono diversi modi di sponsorizzare una società, come la lecita valorizzazione del calciatore. La Fifa e la Uefa ultimamente hanno vietato formalmente i  TPO (third-party ownership) ma questo processo rientra in uno schema lecito. L’altro metodo è finanziare delle società con dei soldi che poi devono produrre profitti, e in questo contesto vi entrano personaggi ambigui, non del mondo del calcio, che possono essere degli scommettitori o dei loro referenti. Si innesta spesso poi un’altra situazione: le società non hanno soldi, i giocatori non sono pagati e ciò li porta più facilmente ad accettare delle combine, soprattutto quando c’è un gruppo di giocatori che  si conoscono da tempo. Così c’è il rischio che certe società deboli, gestite da dirigenti ambigui, possano essere indirizzate da un punto di vista sportivo da giocatori e allenatori che sono già predisposti a fare delle combine”.

Quali sono, secondo lei, delle possibili soluzioni per far fronte a questa situazione?

“I rimedi secondo me sono semplici: bisogna, innanzitutto sanzionare quei dirigenti e quei tesserati che hanno rapporti con persone che non sono tesserate. Non è possibile che giocatori, dirigenti e allenatori abbiano contatti con personaggi che sono legati al mondo delle scommesse. E’ noto che certe persone siano molto vicini alle società, ciò è una fonte di rischio soprattutto quando si è in difficoltà economica. Bisogna ridurre poi le scommesse solo alle partite dei campionati principali, quindi in Italia la Serie A e la Serie B dove c’è un maggior controllo, grazie alle televisioni e al gran numero di tifosi. Ciò consentirebbe di verificare ogni singola partita e valutare l’errore sportivo che ci può stare. E’ più facile quindi scommettere in campionati minori dove non c’è la prova televisiva, rispetto a quelli dove in cui singola partita viene analizzata e rivista. Nei campionati principali poi gli interessi economici sono spesso più importanti ed allettanti rispetto agli introiti provenienti da fenomeni di corruzione e non ci sono le difficoltà vissute da alcune società in Lega Pro e nei Dilettanti”.

Lei quindi pensa che la Serie A non sia coinvolta in quest’operazione?

“Non conosco l’indagine ma quello che posso dire è che in serie A è difficile riuscire a modificare dei risultati perchè gli interessi sono troppo alti. Per tale ragione è difficile organizzare una combine, i giocatori non hanno problemi economici. Non può essere esclusa, ma il rischio è fisiologico, mentre il fenomeno può diventare patologico per i campionati minori. Patologico perchè molte società sono in difficoltà, molti giocatori non hanno gli stipendi ed è quindi più facile avvicinare i calciatori. Bisogna trovare dei correttivi, proprio come quello che potrebbe proporre Tavecchio, ovvero quello di ridurre il numero di squadre della Lega Pro. E’ chiaro che riducendo il numero delle squadre, eliminando le scommesse per le serie inferiori, si riduce il rischio d’infiltrazioni. E’ ovvio che il campionato diventa più selettivo e diventa più difficile modificare i risultati. Per tale ragione il rischio è meno rilevante, soprattutto perchè è anche più difficile per qualche allenatore che vuole giocare sporco riuscire ad avere una squadra a disposizione per innescare un determinato meccanismo e “sistemare” le partite”.

Qual’è il meccanismo che possono innescare gli allenatori?

“Lo schema è questo: l’allenatore si muove con certi giocatori, si trovano società di categorie inferiori italiane o non italiane dove ci sono le scommesse e dove non c’è un grosso controllo perchè non vi sono riprese televisive e, poi si effettuano delle combine. I finanziatori investono e, se il risultato si rivela favorevole agli scommettitori, portano a casa un importante guadagno”.

Avverte il rischio per cui certi meccanismi possano essere applicati anche in Romania?

“Secondo me c’è stato il tentativo di radicarsi anche in Romania. Ho motivo di ritenere che alcuni dei personaggi coinvolti abbiano tentato di entrare in questo Paese ma che non ci siano riusciti”.

Che immagine viene fuori del calcio italiano in questo momento?

“Il campionato italiano è considerato uno dei migliori vista anche la Nazionale, quindi la sua immagine è abbastanza forte. I tanti scandali che si sono susseguiti ne hanno sicuramente minato l’immagine e il verificarsi di tale problema con frequenza dimostra che parliamo di un fenomeno molto radicato”

Secondo lei anche la decisione di Blatter di abolire l’Associazione degli Agenti FIFA può peggiorare lo stato del calcio italiano?

“L’abolizione dell’albo degli agenti FIFA rappresenta un grandissimo errore perchè consente ogni tipo di infiltrazione. Può essere iscritto qualsiasi intermediario. Nel regolamento italiano non è neanche prevista l’età minima, lo può fare chiunque anche occasionalmente, chi non può operare può chiamare una persona qualsiasi, non è richiesto nessun titolo di studio e non sono necessarie competenze giuridiche contrattuali e manageriali. Chiunque può operare e questo è un gravissimo errore”.

Secondo lei il calcio italiano come potrà rialzarsi quindi e ripulire la sua immagine a livello internazionale?

“L’unica possibilità è quella di una riforma drastica. Bisogna ridurre il numero delle squadre per far sì che possano essere iscritte solo quelle società che hanno la forza economica per poter operare e quindi che riescano a portare sponsor leciti. Non bisogna ricadere nelle stesse problematiche”. 

A cura di Anna Biglietti

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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