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Da Livorno a Torino: Un problema di rispetto delle regole

Dal Tgr Piemonte a Tosel, da Livorno a Torino, da Mandorlini allo Juventus Stadium: dove sono le regole?

Le regole esistono e vanno rispettate. Il principio vigente in ogni società precostituita; naturale e civile.

Eppure… eppure sembra che tale principio, cozzi con l’ipocrisia che  veste l’Italia. Il luogo comune impera ovunque, si nasconde in ogni anfratto e pare sia lì pronto a venir fuori appena se ne presenti l’occasione. Lo si è visto a Torino, lo si è ascoltato a Torino. Tralasciando la rivalità calcistica tra le compagini, fa male e sottolineo, fa male, che un collega si permetta di offendere e deridere l’intero popolo avversario. Troppo spesso si dimentica che il calcio in Italia abbia un impatto mediatico spaventoso; opinabile o meno, è la realtà. Fa ancor più male se poi questo collega faccia parte dell’organo di diffusione per eccellenza, mamma RAI, che ogni anno chiama a raccolta i milioni di italiani a versare un contributo annuale, le stesse persone offese dal collega piemontese. Tuttavia è la regola e va rispettata. Come ci si possa rovinare con le proprie mani è un’altra domanda da postare all’allenatore Mandorlini. Già deferito per comportamento improponibile in quel di Salerno, alla vigilia di Livorno – Hellas Verona, ha la brillante idea di defiinirsi pubblicamente onorato di essere un nemico giurato di Livorno”. Un atteggiamento provocatorio che un professionista dovrebbe risparmiare. I vergognosi cori che hanno infangato vomitevolmente la memoria di Piermario Morosini l’hanno dimostrato. Secondo deferimento piovuto addosso a Mandorlini.

Da Livorno a Torino, purtroppo questo weekend non ha presentato storie nuove. Sono anni che ascoltiamo in molti stadi del nord Italia cori inneggiare il Vesuvio o la non appartenenza geografica all’Italia stessa dei napoletani. Razzismo e odio gratuito, spesso nascosto dal finto perbenismo tipicamente italiano, che deflagra in un boato assordante, incomprensibilmente rimasto inascoltato dal giudice Tosel. Possibile che sia il solo rimasto a considerare queste vomitevoli nenie, come “sfottò” da stadio? Dalle nostre parti nessuno si è sognato di ringraziare il Tanaro o il Po e mai ci sogneremmo di farlo. Eppure … eppure il rispetto delle regole non è una prassi consolidata, anzi sembra un miraggio. Si permette ad alcune società di poter scrivere 30 sul campo sulle proprie magliette, sui biglietti e sugli accrediti quando gli organi federali hanno sentenziato che siano 28. Si permette agli speaker di presentare i gagliardetti vinti, come si presenterebbe il superbowl: “10,20,30!”; nenia ripresa ossessivamente dai tanti presenti sugli spalti. A rigor di logica chiunque potrebbe pensare di aver vinto tanto: il Milan scrive 25, l’Inter 37 e il Napoli 3 …

La sensazione vissuta allo Juventus Stadium è di un mondo dove è permesso tutto, uno stadio trasformato in arena dove neanche in tribuna stampa cambia la musica. A fine primo tempo insulti e bottigliette provenivano dalla tribuna adiacente, un’indecenza interrotta solo dal tardivo intervento degli steward. Dopo i gol della Juventus colleghi in tribuna stampa saltavano sui tavoli e gridavano “A Torino non si passa” con un atteggiamento aggressivo. Oltre l’odio tra le tifoserie già deplorevole, a Torino ho visto uno strisciante fastidio per le regole. Le sentenze sul calcioscommesse (a prescindere dal merito) sono degli attacchi alla Juventus, quelle sugli scudetti sono delegittimate in tutto l’operato di comunicazione del club bianconero.

Troppo facile prendersela con il solo Amandola, troppo facile giocare allo scaricabarile ed addossare le colpe al solo cronista, sospeso a tempo indeterminato; il direttore regionale dov’era? Chi doveva prendersi la responsabilità dell’articolo dov’era? Dove sono quelli che dovrebbero far rispettare le leggi?

Dal Tgr Piemonte a Tosel. Come si fa a sanzionare con 17.000 euro una società e con 7.000 un’altra che inneggia una catastrofe naturale? Basterebbe poco, veramente poco. Basterebbe che il caso divenuto nazionale proprio grazie allo sventurato Amandola, venisse sponsorizzato in tutte le sedi possibili affinchè le stridenti melodie domenicali, smettano d’echeggiare: un nuovo razzismo, peggiore degli anni ’70 in cui si vietavano affitti ai meridionali emigrati al nord. Torino e Livorno loro malgrado, sono diventate emittenti e trasmittenti nazionali di quello che settimanalmente veniva riportato dai soli portali locali: bene che siano venuti fuori personaggi come Amandola e Mandorlini a dimostrare quanto sia fragile l’equilibrio su cui si basa il calcio moderno. C’è voluta tutta l’ignoranza e la stupidità del momento per evidenziare un problema latente e pronto ad esplodere da un momento all’altro.

Nessuno vuole interrompere l’unico business in Italia che ancora viaggia con le proprie gambe equivalrebbe a suicidarsi. Si è dimostrato come non sia più possibile esercitare due pesi e due misure, e come sia oltremodo sconveniente pensare di passare impuniti. Le regole e l’osservanza delle stesse va tutelata, altrimenti non stupitevi di veder stravolti gli almanacchi sportivi!

A cura di Ciro Troise e Francesco Gambardella

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