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Roma, il punto debole è il marketing: è troppa la distanza dai top team europei

E' troppo alto il divario su sponsorizzazioni e ricavi commerciali. Circa 400 milioni il gap con il Real Madrid

Condannati a vincere sul campo per recuperare quote di mercato nell’area dei ricavi commerciali. E’ il destino futuro della Roma americana di James Pallotta, costretta a rincorrere, non senza affanni, vere e proprie “corazzate” dello sport-business come Real Madrid, Barcellona e Bayern Monaco, solo per citare il podio ideale dell’indagine “Football Money League” 2014, realizzata annualmente dalla società di consulenza Deloitte. Le Merengues, nella stagione sportiva 2012-13, hanno superato il tetto dei 500 milioni di euro di fatturato (per la precisione 518,9), mentre il Barcellona con 482,6 milioni, ha provato, senza successo, a superare i rivali diretti. I bavaresi con 431,2 milioni sono stabilmente sul gradino più basso di questa classifica extra-calcistica e tra i top club con maggiore potenzialità di crescita (+62 milioni di euro in una sola stagione). L’As Roma è solo 19ª con 124,4 milioni di euro. Tra la prima del ranking Deloitte, e il club giallorosso ci sono quasi 400 milioni di euro di differenza. Un abisso, che diventa ancora più profondo se si analizza quella fetta di fatturato che risponde alla voce “ricavi da sponsor e attività commerciali”, non un caso considerato che questo settore è il più debole della Roma (nelle mani di Giorgio Brambilla, sfegatato tifoso di una squadra del Nord).

ELITE. Al primo posto c’è il Paris Saint-Germain, con 254,7 milioni di euro ed un peso del 63,9 per cento sul giro d’affari complessivo, frutto di una serie di operazioni intra-gruppo della proprietà qatariota del club (certamente non in linea con i dettami del fair play finanziario). Segue il Bayern con 237,1 milioni (55%) e il Real Madrid con 211,6 milioni (40,9%). Scende sotto i 200 milioni di euro (177,9 ed un peso del 42%) il Manchester United, primo club inglese della classifica Deloitte 2014. Il club capitolino è 20° con 38,3 milioni (30,9%), superato anche dall’Atletico Madrid, più debole sotto il profilo del giro d’affari (120 milioni e 20ª posizione), ma avanti rispetto ai giallorossi sul terreno commerciale (40 milioni di euro e 33,3% a livello di budget totale). Un’analisi più approfondita della ricerca Deloitte, che monitora i 30 club più ricchi al mondo, conferma questa fragilità anche oltre la 20ª posizione. E’ il caso del Valencia (Liga spagnola), 27° nel ranking finale con 107 milioni di euro, ma capace di superare la Roma con i 39,08 milioni legati alle attività commerciali.

Flop ricavi senza top player. I principali club europei si muovono seguendo da anni una strategia comune. Al centro c’è lo sviluppo e lo sfruttamento dei ricavi da stadio (quasi sempre di proprietà), puntando, nel contempo, ad acquisire i diritti sportivi e di immagine dei più popolari top player. Strategica è la partecipazione costante alla fase finale della Champions League, l’internazionalizzazione del marchio sportivo attraverso i social e accordi commerciali all’estero (con particolare attenzione al mercato asiatico). Il Real Madrid ha sotto contratto, già da alcune stagioni, Cristiano Ronaldo, l’icona metrosexual del football mondiale per eccellenza (96,9 milioni di like su Facebook contro i 72 milioni del club di appartenenza). Quest’anno ha strappato alla concorrenza James Rodriguez, centravanti colombiano, pagando 80 milioni di euro al Monaco (Ligue1 francese). Un’operazione ampiamente ripagata attraverso il merchandising ufficiale (41 milioni di euro di ricavi nella prima settimana di vendite). Questa politica sta facendo volare il giro d’affari del club iberico, che, nel 2006/7, fatturava poco più di 351 milioni di euro ed adesso punta decisamente a superare i 600 milioni di euro, nell’arco del prossimo triennio.
Senza top player (la Roma ne ha soltanto due, ma Francesco Totti e Daniele De Rossi sono ormai calciatori ultratrentenni) la leva del merchandising non può esplodere. E’ una equazione matematica. Giusto investire sui giovani o puntare su calciatori di medio-alto livello, ma per penetrare sui mercati internazionali servono calciatori conosciuti in tutto il mondo, non solo nel paese di origine. Tutti i più importanti club europei, inoltre, si affidano ad attività di co-marketing in ambito sponsorizzativo. E’ il caso del Manchester United legatosi, da quest’anno, al marchio Chevrolet per oltre 73 milioni di euro (precedentemente Aon pagava 23,4 milioni). Il Paris Saint Germain ha stretto rapporti con Fly Emirates (32 milioni), il Barcellona con Qatar Airways (30,5 milioni) e il Real Madrid, dopo l’esperienza Bwin, si è sposata commercialmente con Emirates (30 mln), mentre il Bayern Monaco è da anni firmato da Deutsche Telekom (27 milioni).

SPONSOR. I Red Devils sono attualmente il punto di riferimento di chi investe in sponsorizzazioni. Complessivamente tra commerciale e tecnico generano più di 173 milioni di euro (ben 94 milioni da Adidas, a partire dalla prossima stagione), e nell’ultimo anno, secondo quanto riportato da Repucom, hanno stretto accordi cosiddetti “regionali” (con singoli sponsor in specifici mercati geografici) per 32 milioni di euro per un totale di 38 contratti. Solo considerando i due contratti principali, il club inglese è nettamente superiore al fatturato annuale della Roma. Una distanza siderale che aumenta sommando i ricavi da stadio e i diritti audiovisivi, in crescita di anno in anno (ben 423,8 milioni nel 2013).

Fonte: Corriere dello Sport

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