Provi a resistere, a risparmiare la tenuta delle coronarie. Pensi, ho già dato, è il tempo dei giovani, della loro competenza agevolata dal sistema mediatico che via internet offre una cascata di notizie, dati, storie, spunti per arricchire il racconto. E’ basket moderno, innovativo e la memoria viaggia lontano, a ritroso, quando la pallacanestro di Napoli era un campo in terra battuta alle spalle dello stadio Collana. Linee di gioco in calce, tabelloni di legno sconnesso, cerchio più o meno rotondo del canestro in ferro, roso dalla ruggine. Lo schieramento scimmiottava le idee del calcio di allora. Due difensori, un centro, due ali. Il tiro in sospensione, la schiacciata? Gesti sconosciuti fino all’arrivo a Napoli dei militari americani, nel dopoguerra. Tre zii, tra loro fratelli, pionieri del gioco che per i dilettanti della domenica era praticabile solo nell’oratorio dei Salesiani. Zio Mario, tasso di classe più elevato fra i tre, vola in nazionale, nel team che inaugura la palestra del Coni ai Cavalli di Bronzo. Anni cinquanta, prima di Italia-Francia dieci nipoti dello zio campione si scontrano in un match di mini cestisti, età media 10 anni, i calzoncini confezionati da mia madre.
Visto? Già dato. E invece l’Oriens di Nicola Diasparro, i tornei studenteschi seguiti come l’a1 dei nostri giorni, la Partenope con Ennio Nociti conductor. Molto più tardi il racconto del nuovo basket, radio e televisione della Rai, le mille fibrillazioni per questo sport che se ti entra nel sangue come un virus, non ti lascia più. Ma pause di riflessione, in coincidenza con il default del Napoli basket fuori dal circuito virtuoso del grande giro. Pensi ho già dato e non è così, perché si riparte. Con umiltà per chi deve progettare un futuro difficile. Con l’energia che iper-produce per l’entusiasmo ritrovato, l’audio del tifo, l’odore del parquet e del sudore che lo bagna, la rabbia per l’errore dell’arbitro che compromette trentanove minuti e cinquanta secondi di una partita già vinta. E’ di nuovo basket, gusto intatto di sfidare le avversità, di sognare la finale scudetto Napoli-Milano, le stesse emozioni vissute raccontando la quinta di Caserta che per la prima e finora unica volta ha cucito il tricolore sulle maglie di un club del Sud. Hanno tentato prima di allora l’Associazione Pallacanestro Napoli nel 1931, la Società Sportiva Basket Napoli, era il 1946, la Partenope Napoli basket nel 1957 ed è una lunga storia che rinasce quest’anno per incamminarsi nell’arduo sentiero della Divisione Nazionale A. Domani, a proposito, Rizzitiello & C. provano a saltare indenni l’ostacolo Trieste.
Luciano Scateni per Goldwebtv.it
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