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Dries Mertens, l’uomo voluto da Bigon e Benitez. Il belga poteva essere l’erede di Lavezzi

NAPOLI – S’è preso la maglia, il campo e la scena. Uno, due, Dries Mertens. Tre minuti per accendersi, partire forte e metterla precisa sul piede di Pandev. Coast to coast. Col San Paolo che l’ha accompagnato con lo sguardo e il fiato sospeso. Imprendibile Mertens. Scatto, progressione e palla via coi tempi giusti. L’assist è da sempre la sua specialità. Trentatrè negli ultimi due anni al PSV, il primo vero da quand’è a Napoli. Mertens decisivo. Pure se ora aspetta il gol. Che pure in Olanda era per lui un’abitudine. C’ha provato il belga. L’ha piazzata a giro su punizione. Col destro. Tagliata, maligna, precisa. Bardi s’è allungato e ha fatto una paratona. Ci riproverà. Il piede è delicato, e in allenamento insiste fino a che non prende l’incrocio una dietro l’altra. Si mette lì e calcia: poveri portieri che fanno gli straordinari. Il miglior Dries Mertens fin qui visto. Il giocatore che più di tutti ha voluto Benitez. Il primo nome della sua lista, e su cui si sono però trovati subito tutti d’accordo: Rafa, Bigon e l’area scouting.

VOLUTO – Mertens era già un obiettivo del Napoli, da tempo. C’era Mazzarri allenatore. Sembrava poter essere lui l’erede di Ezequie Lavezzi, il jolly d’attacco da prendere, l’esterno col guizzo da trequartista, il senso del gol di una punta e il fiato del vecchio tornante. Qualità e quantità. E percentuali nella fase difensiva come pochi altri esterni: tutto ovviamente statistcamente certificato. Mertens un colpo da dieci milioni d’euro circa. Era un’idea, è diventato un obiettivo. Blitz di Bigon un lunedì mattina. Partenza da Roma, aeroporto Fiumicino. Due giorni a trattare tra Eindhoven e Bruxelles: qua la mano, qua la firma. Mertens il destro che preferisce star largo a sinistra. Là dove gioca in nazionale. E il ct si preoccupa quando non è titolare a Napoli. Là, a sinistra, dove c’è però Lorenzo Insigne, e il ballottaggio è continuo, destinato a rinnovarsi per tutta la stagione. Insigne è il titolare, almeno pare; Mertens l’alternativa che non è però un panchinaro. Ha talento, Dries. Ha gamba. Vede la porta e soprattutto scorge i compagni. Pandev era lì solo. Pronto. Da sparo. E allora cinquanta metri palla al piede senza mai perdere velocità e lucidità. Ha alzato la testa, l’ha innescato: uno a zero e vai. La partita e la prestazione si sono subito messe bene. Assist perfetto aspettando il gol. Mertens l’ha cercato, c’ha provato, s’è anche intestardito. La punizione era perfetta: Bardi pure. Armero è andato a consolarlo: una pacca sulla spalla, due paroline di incoraggiamento e testa di nuovo sotto. La felicità mette le ali, e Mertens la gioia di un gol azzurro non l’ha ancora conosciuta. C’è tempo. La fiducia cresce. In lui, in chi gli sta intorno. Nella gente. Uno, due, Dries Mertens. Se parte non lo prendi. Più gioca, più piace.
Fonte: Corriere dello Sport

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L.D.M.

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