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Napoli-Gargano, c’eravamo tanto amati. Il Mota vola a Parma: cronaca di un trasferimento annunciato

NAPOLI – C’eravamo tanto amati: ma nulla è per sempre e l’estasi è divenuto tormento insopportabile, frattura irreparabile. Bye bye Gargano: però stavolta stanno scivolando i titoli di coda ed è un’era che comincia a sfilar via (quasi) completamente, portata con sé dall’ennesimo ragazzo del 2007 che se ne va. Arrivederci e forse addio: perché in quel linguaggio tecnico è un prestito con diritto di riscatto, ma tra le pieghe d’un patto d’onore c’è quasi l’obbligo, nel giugno prossimo, a lasciare che il futuro del mota sia a Parma, la destinazione annunciata ormai e sempre congelata, aspettando di capire.

FATTORE – Ambientale: si dice così. E si cita mai a sproposito, perché le percezioni in tal caso sono nitide: Gargano capisce che non c’è verso di convertire le curve – e il san Paolo in generale – alla sfilata con il Galatasary, quando lo stadio lo sommerge di fischi, lasciandolo sprofondare nel tritatutto del mercato. La vicenda è contorta, squisitamente campanilistica e si fonda su una serie di versioni: tutto nasce(rebbe) da una lettera, comparsa sul sito del Napoli, della quale poi successivamente el mota ne avrebbe messo in discussione la paternità; ma le parole che si trasformano in pietre – nell’Italia del pallone – diventano eco offensivo per chi al san Paolo è di casa e si ritiene offeso dalla manifestazione di fede nerazzurra che il mediano fa di sé alla presentazione con l’Inter: «Ho sempre fatto il tifo per questa maglia e pure quando giocavo alla play-station sceglievo l’Inter». Bye bye Gargano.

FATTORE – Tecnico: si giustifica pure così la scelta di rinunciare ad un ozioso (odioso) braccio di ferro con la città, per tentare di farle digerire Gargano e magari provare a trasformare il dissenso in comprensione. La tentazione prende forma nel ritiro, valutate le idee e le soluzioni scelte altrove: ci sono Callejon e Mertens, Albiol e Reina, poi i quaranta milioni di Higuain e Rafael, perché mai andare a spendere per un mediano, avendone tre da considerare titolari in pectore a rotazione e un quarto che corre per due? I monitor di Benitez restano accesi, poi la linea tattica viene modificata e il percorso ritoccato: volendo, c’è Radosevic e l’uruguayano può anche partire.

HELLO, BABY – Gargano è uno degli architrave della rinascita, riavviata nell’estate del 2007 con la promozione in serie A, terza fase d’un progetto avviato nel 2004 e poi via via aggiornato: per concedersi quel tuttofare del Danubio bastano 3 milioni e duecentomila euro, quando si dice un affare, e il primo contratto è quasi irreale, perché a el mota vanno centosettantamila euro, più o meno (meno, meno) di quanto guadagni un normalissimo calciatore di B, più o meno (meno, meno) di quanto riconosciuto a qualche star in C. In sintesi: cinque anni, che fanno 165 partite in campionato e un percorso nel quale ci sono le soddisfazioni di quel lustro, culminato con il trionfo all’Olimpico di Roma.

FRIZIONI – L’indemoniato del centrocampo è Gargano, che marca, pressa, raddoppia, recupera palloni in quantità industriali e perde quelli che bastano per spazientire il pubblico: ma la rivincita gliela concede il destino e, nell’amarezza dell’infortunio che per due e mesi lo tiene fuori, c’è la soddisfazione per la presa di coscienza del san Paolo che rinunciare alla generosità d’un interditore del genere è faticoso. La frizione con Mazzarri diviene il pretesto per articolare i primi, strani pensieri, per decidere che forse è arrivato il momento di cambiare: una stagione all’Inter è l’anticamera della separazione. Quelli del 2007 sono ormai Cannavaro e suo cognato Hamsik.
Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione
L.D.M.

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