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Antonio Juliano carica: «Coraggio e grinta, terzo posto vicino»

Il simbolo azzurro di qualche anno fa:

«Di diciasette gare al Comunale di Torino, dal 1962 al 1978, senza mai vincere neppure una volta, la sconfitta del ’75 fu assolutamente la peggiore. E da napoletano per me fu una sofferenza tremenda: perché mai come quella volta sfiorammo per davvero il trionfo in campionato». E si può dire che a rendere ancora più doloroso quel 2-1 c’era il fatto che in campo con la Juve c’erano due vecchi amici, Zoff e Altafini. A quasi 37 anni di distanza «Totonno» Juliano, il capitano, il più grande leader del calcio del Sud, non l’ha ancora mandata giù. E soprattutto, come dice lui, non ha mai mandato giù il fatto di non aver portato a Napoli il primo scudetto della storia azzurra.
Juliano, ma Zoff come fece a deviare quel tiro?
«Quella gara la dominammo, giocavamo davvero un bel calcio in quel periodo, con Clerici, La Palma e Massa. Tirai fortissimo, e lui che era il più bravo di tutti la prese. Zoff è sempre stato un amico: militare insieme, stessa camera quando andavamo in Nazionale, in vacanza con le famiglie… Io dopo non gli dissi nulla: aveva fatto il suo dovere. E io il mio».
Il giorno dopo i giornali titolarono: solo la sfortuna più grande di Juliano 2-1?
«Sentivo l’impresa a portata di mano, lo scudetto era a un passo. Erano in trentamila i tifosi azzurri quel giorno di primavera: fantastici. Prima di partire dissi: ”Lasciamo a casa Pulcinella”, per dire che era una partita di calcio vera, che non dovevamo dare uno spettacolo di folclore ma di concretezza. Tutti si complimentarono con noi per quella prestazione: era un Napoli che aveva inventato il fuorigioco, il gioco a zona. E Vinicio era il nostro profeta: dopo lo imitarono tutti, anche Radice e Trapattoni».
Il suo rimpianto più grande?
«Mai avuto rimpianti. Certo, quel Napoli aveva venduto due campioni fortissimi, Zoff e Altafini, proprio alla Juventus. E noi arrivammo secondi, proprio dietro ai bianconeri e proprio per colpa di Zoff e Altafini».
Le sfide con la Juventus sono le più sentite?
«Per i tifosi certamente sì. Forse centravano gli anni di emigrazione, la voglia di riscatto sociale, una questione d’orgoglio. Per me le gare che avevano un valore speciale erano i derby con Roma e Lazio».
Però una volta, in un Napoli-Juve Sivori prese undici giornate di squalifica e Salvadore e Panzanato nove?
«Anche quello era un bel Napoli, Omar visse quella sfida come una rivalsa personale. Ma per noi invece in palio solo due punti».
Tanta rivalità ma all’ultima giornata del 1972/73, il Napoli fece un bel regalo ai bianconeri.
«Noi abbiamo sempre fatto i professionisti. Battemmo la Lazio al San Paolo, peraltro con un mio gol, e la Juve vincendo all’Olimpico la scavalcò in classifica. Questo è il calcio: peraltro con la Lazio giocavano due persone cresciute a Napoli, Pino Wilson e Chinaglia».
Veniamo a stasera: chi vince?
«La Juve è imbattuta e i primati sono fatti per essere infranti. Per il Napoli questa è una buona occasione per avvinarsi al terzo posto… tornare in Coppa dei Campioni è bello e importante. La gara però è aperta a ogni pronostico».
Con chi avrebbe voluto giocare, Cavani, Lavezzi o Hamsik?
«Il mio magari non era un Napoli che vinceva, ma io in davanti ho avuto il piacere di servire assist per i più grandi bomber dell’epoca. Oggi mi definirebbero un playmaker: tutti i compagni mi davano la palla e tutti sapevano che avrebbero ricevuto qualcosa di ”buono” in cambio».
Le piace Mazzarri?
«Voglio fargli un complimento: il suo Napoli mi ricorda, e non poco, quello di Luis Vinicio. I due si somigliano per le capacità che hanno di motivare la squadra, per la grinta in campo e anche per la bravura nel preparare atleticamente i giocatori. Questo Napoli corre davvero tanto e bene».
Sarà felice il tecnico del Napoli.
«Beh, penso di sì. E poi aggiungo: questa squadra non si dà mai per vinta. Come quelle di Vinicio».
E come quella di Vinicio fa fatica a portare giocatori in Nazionale.
«Paolo Cannavaro meriterebbe un posto, sicuro».
Sembra essere un po’ il suo destino.
«Io ho preso parte a tre spedizioni mondiali, ma ai miei tempi io una maglia da titolare me la contendevo con Capello, De Sisti, Ferrini, Rivera, Mazzola. In Inghilterra feci la riserva a Bulgarelli, ci poteva stare…Anche se io non ero certo contento».
Cannavaro, invece?
«E un’ingiustizia per Paolo. Io faccio fatica a ricordarmi i nomi dei difensori dell’Italia in questo momento. E allora, mi chiedo, perché non chiamare un napoletano bravo come lui?».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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