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CdS – De Laurentiis: “Domani vedrò Hamsik per il contratto”

Il presidente azzurro: "Lo slovacco però si dia una regolata e giochi come sa"

Il bianco & il nero: e in quel film che sta per lasciar scivolare via i titoli di testa, in una sfida senza età, c’è il senso compiuto della bellezza, il pathos e l’adrenalina, le emozioni e le umanissime ansie. Napoli-Juventus è la Partita, la finestra spalancata sull’immaginario collettivo d’una sfida vissuta per un anno intero nell’attesa, il senso di rivincita sul carissimo nemico di sempre, un revival in cui s’intrecciano personaggi da leggenda e momenti epici, tra cor ‘ngrati e figliol prodighi, arsenico e vecchi scudetti. Ciak, si gioca: e in quell’ora e mezza che contiene persino brani di sociologia – la sistematica «risposta» del Sud al Nord – il calcio resiste con il magnetismo d’una pellicola d’altri tempi che Aurelio De Laurentiis va a godersi in prima fila, sommerso tra i sessantamila d’uno stadio festante, per una notte d’effetti speciali, tra principi azzurri e vecchie signore. E’ una favola a cielo aperto, osservando le stelle…

De Laurentiis, ecco la madre di tutte le partite.
«E sono convinto che sarà una sfida molto bella, anzi bellissima, come lo sono state quelle degli ultimi anni. Ci sono i presupposti affinché ciò accada, ma bisognerà scoprire di quanto vantaggio goda la Juventus per l’assenza di impegni infrasettimanali; e quanto invece abbia pesato la fatica di mercoledì sera nelle gambe del mio Napoli. Non penso siano dettagli. Ma le risposte può fornirle soltanto il tappeto erboso».

Napoli-Juventus è la risposta al predominio milanese delle ultime stagioni?
«Essere lassù è il premio a un lavoro svolto in profondità nel corso di questi sette anni. Ci sono due club che, ognuno per motivi diversi, sono stati chiamati a intervenire: noi, in realtà, siamo ripartiti dalla serie C, eravamo niente più che un pezzo di carta, come tutti quanti ricordano. I primi tempi sono stati duri: la gente, che ci è sempre stata vicina, si sentiva vittima d’un sopruso. Non è stato semplice, ma mi sembra che quest’atmosfera intorno al Napoli sia decisamente appagante».

L’effetto san Paolo ha un suo peso…
«Abbiamo tifosi straordinari, per i quali ci siamo impegnati. I nostri sacrifici sono indirizzati in un’unica direzione: ripagare la folla, dunque la città, degli sforzi sostenuti. La passione popolare non è mai venuta meno, pur nell’amarezza del dopo-Fallimento, che a caldo spinse le curve a esserci ma senza slanci: io ho sempre capito quel loro modo di essere e loro hanno sempre colto il senso dei nostri progetti. Si è creato un bel clima intorno alla squadra e questo movimento di massa ne è la riprova».

Cosa ha portato con sé dall’Allianz Arena?
«Ho parlato a lungo con Rummenigge e ho avuto modo di constatare le differenze ch’esistono tra i due Paesi. Il Bayern ha una storia imponente infarcita da successi impressionanti; e ha anche un bacino d’utenza formidabile: non a caso, dal 2005, quello stadio risulta sempre esaurito, qualsiasi partita si giochi. L’Allianz è un impianto meravigliosamente funzionale, costruito inizialmente in tandem con l’altra società di Monaco. Ed è la casa di un club che ha un fatturato di 380 milioni di euro. Direi che le premesse bastano per capire quanta distanza esista nella fattibilità di un’idea».

Restiamo in Italia, ch’è meglio…
«I problemi sono quelli di sempre e riguardano vari aspetti: non soltanto l’impiantistica, ma anche i diritti tv, che abbiamo già svenduto abbondantemente e per le prossime stagioni; e infine – ma solo in ordine temporale – la crisi che ci sta travolgendo, che mette a rischio le pensioni per gli anziani, i posti di lavoro per i giovani. Il calcio non può e non deve ignorare la realtà quotidiana. Forse abbiamo accelerato più di quanto si dovesse; o forse è semplicemente giusto fare il passo lungo quanto la propria gamba. Talvolta ascolto discorsi fuori da ogni logica. Indebitarsi è un attimo, basta sbagliare un paio di investimenti in due-tre stagioni consecutive e ti ritrovi con un buco da 3-400 milioni di euro. Io tutelo il Napoli. E penso che sia giusto permettersi ciò che il portafogli consente. Bisogna avere la vista lunga».

Il dibattito ricorrente riguarda l’obiettivo stagionale e questa presunta scelta di credere soprattutto alla Champions.
«Rimetto ordine nelle cose dette: a una battuta di Galliani, lascio lo scudetto volentieri per prendermi la Champions, io ho semplicemente sottolineato ch’era una giusta valutazione. La condividevo. Ma mai pensato di avere in testa una competizione nella quale cerchiamo innanzitutto di acquisire una mentalità che non abbiamo ancora. Mai pensato di voler vincere la Champions, insomma».

Come se la passa un presidente dopo due sconfitte?
«Ma io dimentico tutto e anche in fretta. So bene che abbiamo avuto degli incidenti pregiudizievoli: che ci siamo rinforzati con Britos, ma non l’abbiamo mai visto; che ci siamo rinforzati con Donadel e chi l’ha visto? Che abbiamo acquistato Pandev e, poverino, non è riuscito ancora a farsi notare. Che abbiamo tenuto Gargano e ora è fermo. Che Fideleff è stato costretto a giocare ben prima di avere la possibilità di integrarsi in un calcio per lui nuovo».

E la coperta è addirittura diventata corta…
«Ma ci è andato tutto storto. Ci fosse stato solo l’impegno del campionato, avremmo tenuto 18 uomini, così come più volte ribadito da Mazzarri. Ci siamo invece organizzati ma è andata così…».

E’ in linea con le sue previsioni, a questo punto: in corsa per la Champions, lievemente staccati in campionato dalla vetta?
«Sostanzialmente m’aspettavo questa situazione. E’ una stagione appena all’inizio, siamo reduci da una sconfitta onorevolissima in casa di uno dei club più vincenti del calcio; affronteremo la capolista del campionato avendo la possibilità di ricaricarci e di dar vita a un’altra sfida emozionante come quelle del passato. Certo, ci vuole la partita perfetta, ma a noi la Juventus ci ha sempre detto bene».

Scelga il suo uomo partita…
«Mah, potrebbe esser a esempio Hamsik: se si sveglia e dimostra il suo valore, rimasto un po’ sommerso in queste settimane, sarebbe veramente una splendida introduzione all’appuntamento che abbiamo per lunedì».

Siamo vicini al rinnovo, quindi?
«Ci incontriamo domani per parlarne. Lo aspetto reduce da una gran serata».

L’ultima volta fu tripletta di Cavani…
«Che a Monaco ha dovuto sacrificarsi per la squadra in un ruolo non suo. D’altro canto, se uno come lui sta lontano dalla porta, finisce inevitabilmente per avere meno opportunità. Speriamo che riacquisisca la sua normale posizione. Contro il Bayern, avesse seguito i miei suggerimenti, si sarebbe risparmiato anche un giallo: è inutile andare a parlare con l’arbitro, si corre solo il rischio di farsi ammonire, come poi è successo. E questo vale pure per Zuniga, che ha preso il rosso. Io mi permetto di ragionare con l’esperienza di chi ha qualche anno in più».

Sono errori di gioventù, forse.
«Si è grandi campioni anche dimostrando di avere nervi molto saldi. E quando si capirà che certi atteggiamenti finiscono per nuocere al lavoro di gruppo, allora vorrà dire che si avrà anche la forza per riuscire a superare turni definiti impossibili. C’è un vecchio proverbio che va tenuto a memoria: chi la dura la vince. I saggi non falliscono mai».

Con che spirito si avvicina al san Paolo?
«Con l’entusiasmo di chi sa di avere alle spalle una città che non molla mai. Napoli è una forza e io sono orgoglioso dei nostri tifosi. Hanno apprezzato il nostro lavoro, hanno riconosciuto la sincerità del progetto: non siamo arrivati tra le prime trenta società del mondo per caso, quando al primo anno di serie A eravamo – mi pare – intorno al 350° posto. Il loro amore ci gratifica. E noi speriamo di ricambiare in campo. Ma, a prescindere dal risultato, sentiamo di essere apprezzati, di veder gradita la nostra politica societaria».

E’ una gran bella sfida tra tecnici emergenti…
«E’ una partita tra due allenatori di assoluto valore. Lo sta dimostrando Conte, lo ha dimostrato Mazzarri. E’ un match che vale tanto».

Anche in chiave-scudetto?
«Intanto, non è la partita-scudetto: siamo ancora lontani dalla fine della stagione e i campionati si decidono a marzo, come dimostrato. Certo che consegna punti pesanti a chi vince, che incideranno soprattutto nell’immediato e forse sulle psicologie dei due gruppi. Io continuo a credere che ci sarà da divertirsi, che esistono le condizioni perché la gente esca soddisfatta dallo stadio, appagata da un elevato livello tecnico».

Il potere (calcistico) si sta spostando un po’ a Sud, ora.
«Ci siamo intrufolati con le milanesi, nella passata stagione; e adesso stiamo resistendo tra le grandi. E’ una annata particolare, perché costringe a fatiche dispendiose ogni tre-quattro giorni, ma abbiamo una rosa attrezzata che sta recuperando un po’ alla volta qualche acciaccato».

Al Festival del Cinema di Roma è stato il momento degli argentini.
«E lo so. E immagino anche quello che vorrebbe farmi dire. Ma io sono scaramantico…».

La Redazione

A.S.

Fonte: Corriere dello Sport

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