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Lucarelli: «Icona Piermario, non siamo solo veline e scandali»

Lucarelli, punta del Napoli e livornese: un altro dramma per la mia città ferita

Livornese, bomber del Livorno portato in serie A otto anni fa con Mazzarri in panchina, Cristiano Lucarelli è tornato ieri sera allo stadio Armando Picchi. Per dedicare un pensiero a Morosini. «Non conoscevo direttamente Piermario, ne avevo sentito parlare benissimo come uomo e come calciatore. Ha meritato l’abbraccio di tutta Italia», ha spiegato l’attaccante del Napoli.

È stato uno choc per Livorno.
«Siamo sbigottiti, c’è un silenzio irreale, con una sola zona della città affollata: quella dello stadio, dove la gente si è riversata da sabato pomeriggio per deporre i primi fiori e issare i primi striscioni. È un dramma che si aggiunge a quelli che qui si vivono quotidianamente sotto l’aspetto economico. Livorno è come Napoli, ha una passione profonda per il calcio e gli umori della gente dipendono anche dai risultati della squadra. C’è un’assoluta compartecipazione».

 Morosini è diventato un simbolo della città.
«Ho parlato con i tifosi, chiedono che la salma passi per Livorno prima di raggiungere Bergamo, dove si svolgeranno i funerali: vogliono dedicare un omaggio a questo ragazzo. Da livornese, vorrei ringraziare Piermario, morto con la maglia della squadra che io amo dopo aver disperatamente lottato contro la morte. Ha cercato di rialzarsi una, due, tre volte quando lo ha colpito il malore. È stato un combattente e il suo gesto rafforza un atto di fede da parte dei tifosi».

Un bravo ragazzo con una storia drammatica: i genitori morti, il fratello suicida, la sorella disabile.
«Un uomo buono, Piermario. Mi raccontano quelli del Livorno che in questi mesi si era fatto apprezzare per il comportamento in campo e per la bontà, per le parole di conforto che aveva per i compagni. Era arrivato in un periodo difficile per la squadra, ma di questo è inutile parlare».

 Perché?
«Perché davanti a queste tragedie non trovi le parole giuste e tutto ti sembra superfluo. Poi rifletti e speri che la morte di un ragazzo di 25 anni possa spingere la gente del nostro mondo ad abbassare i toni, ad interpretare sconfitte e vittorie per quello che sono, come ad esempio avviene in Inghilterra. Noi viviamo il calcio con estrema serietà, ma non va drammatizzato. Lo abbiamo detto in altri momenti, dopo altri drammi, poi però tutto è stato come prima».

Pensi: stasera in Lega le società potrebbero litigare per la data del recupero delle partite rinviate per la tragedia di Pescara.
«Il carrozzone riparte, spero che riprenda il suo viaggio più forte e più compatto di prima. Proviamo a vivere il calcio in un altro modo, senza polemiche e contestazioni. Penso che a Piermario avrebbe fatto piacere».

 Morosini, una faccia pulita in un calcio che spesso mostra i suoi lati peggiori.
«Uno come lui, con una sorella sulla sedia a rotelle dopo tanti lutti, aveva già pagato un pegno altissimo al destino. Ma tanti calciatori hanno una storia come quella, hanno vissuto drammi familiari e hanno conosciuto la miseria. Eppure, quando parlano di noi, fanno riferimento a veline, fuoriserie, scommesse».

Lei ha cominciato a giocare vent’anni fa nel Cuoiopelli in serie C2 e questa è la sua ultima stagione: pensa che il calcio sia uno sport sicuro dopo la morte in campo di sabato scorso?
«L’eco delle polemiche è stata ampia, dal discorso dell’ambulanza alla presenza dei defibrillatori a bordocampo. Credo che i rischi possano essere dovunque. Ho il massimo rispetto per il nostro mondo, però dico che il discorso riguarda tutti gli ambienti di lavoro, non soltanto gli stadi: la vita di un operaio non vale meno di quella di un calciatore. Servirebbe una generale sensibilizzazione e non soltanto dopo una tragedia: con tutte le tasse che paghiamo non dovrebbe mancare nulla nel nostro Paese, soprattutto sotto l’aspetto della sicurezza». 

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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