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Peppe Bruscolotti: «Ecco il nuovo palo ’e fierro, si chiama Campagnaro»

L’ex capitano degli azzurri tra passato e presente trova il suo erede

Quarant’anni di Napoli, nel senso più pieno. Della squadra e della città, onorata da calciatore con prestazioni da difensore di ferro e da cittadino con comportamenti sempre ispirati da educazione e generosità. «Sassano è il luogo del cuore, Napoli una felice scelta di vita, anche dopo i tanti anni con la maglia azzurra che ancora mi sento sulla pelle e sarà così finche Dio mi vorrà in vita», racconta Beppe Bruscolotti.

Testimone di primo piano di un calcio che è andato progressivamente cambiando, dal Napoli di Chiappella a quello di Mazzarri.

«Mi sembra che sia passato un secolo, anche se con Vinicio quel Napoli si segnalò come la squadra che dimostrò di saper praticare un calcio nuovo, nel quale anche un terzino puro come me qualche volta aveva licenza di attaccare».

Chiappella, Vinicio, Pesaola, Di Marzio, Marchesi, Giacomini, Santin, Bianchi: un campionario di allenatori in sedici anni di Napoli.

«Ho ricordi indelebili di tutti. Ho accennato a Vinicio ma non dimentico Chiappella, allenatore vecchia maniera: il libero, che era Zurlini, il mediano, il tornante, due punte e a me il compito di marcare stretto sempre le prime punte. Ricordo l’impatto con Riva, mamma mia che dinamite».

E Pesaola?

«Mi viene subito alla mente qualche episodio, come quello della stagione in cui la squadra andava parecchio male, per giunta mi aggredì l’epatite virale. Ero ancora convalescente, il giorno prima della partenza per Genova mi telefonò Pesaola. “Bruscolotti, sarei contento se lei si aggregasse alla squadra per aiutarla moralmente”. La domenica mattina mi disse che mi avrebbe messo in campo per 10 minuti. Una volta in campo, mi ci tenne per 80′. E come dimenticare come mi caricò prima della gara con l’Anderlecht? Ero al bar, alle spalle di Pesaola, e sentii che diceva a un dirigente: ho paura soprattutto di Rensenbrink perché ha promesso di farci almeno due gol. Alludeva a me che dovevo marcare l’attaccante, aveva finto di non vedermi. Figurarsi la gioia per il gol che riuscii a segnare».

Le difese di oggi?

«Più elastiche, più aperte, senza libero, il ruolo del difensore puro è stato snaturalizzato e la difesa, in genere, non è rappresentata soltanto da tre o da quattro uomini, gli esterni ritornano, anche Cavani dà una mano. Non c’è più il marcatore fisso sulla prima punta e questo spesso diventa un rischio».

C’è ancora una difesa che può ricordare in qualche modo quelle dei suoi tempi?

«Il Milan ha una difesa arcigna con giocatori tipo Nesta, Thiago Silva, lo stesso Mexes che ricordano i difensori di anni fa».

Chi si avvicina di più a Bruscolotti?

«Forse Chiellini, che però non disdegna anche proporsi».

E nel Napoli?

«Aronica, lo stesso Campagnaro. Sanno sdoppiarsi bene, sono fondamentali anche nello scambiare posizione con Cannavaro».

Dove può arrivare il Napoli?

«È un’ottima squadra, la Champions ha stravolto il suo cammino in campionato ma è in grado di recuperare terreno. Andrà avanti in Coppa e in campionato».

Ha vinto due Coppe Italia sulle tre del Napoli.

«Il Napoli deve puntare alla finale, per farlo è necessario che batta il Cesena. Una gara vera con un solo obiettivo, alè azzurri: puntando alla coppa Italia sarà possibile rimanere in Europa. Gli stimoli ci sono tutti, chi va in campo lo sa. In tutta Europa la coppa è un trofeo importante, vedi Spagna e Inghilterra. Anche da noi sta assumendo l’importanza che merita. Giocarla per vincerla è da grande squadra, come il mio Napoli».

 

Fonte: Il Mattino

 

La Redazione

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