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Walter Mazzarri: “Trecento gare in A e guido un bel Napoli”

Il tecnico azzurro: "Insigne sta maturando a vista d'occhio"

In video veritas, per attraversar se stesso, per rivedersi, ripensarsi, alla moviola, in quelle trecento partite in A da festeggiar domani: parla Mazzarri e ne «I signori del calcio» su Sky parla di Mazzarri ma anche di Allegri, Mourinho e Zeman (in ordine alfabetico), di De Laurentis, di Insigne, della sua Napoli e di una carriera nella quale c’è un piccolo tormento sinora taciuta: la Champions sfiorata nel maggio scorso. L’unica nota stonata, l’unica nota mancata…

INAFFONDABILE – Trecento panchine e tutte d’un fiato, senza macchia e senza paura, soprattutto senza l’esonero, un pericolo mai annusato: «Pure questo è un record, perché è come aver vinto qualcosa d’importante. In genere l’allenatore è sempre il primo a pagare e se non sei mai stato licenziato, vuol dire allora che sei riuscito a far contento tifosi e presidenti. E’ anche vero però che un traguardo del genere è possibile raggiungerlo soltanto se i calciatori ti seguono. Il segreto – se di segreto vogliamo parlare – è nell’allenare bene i propri calciatori; il resto poi viene da sé».

IL MISTER – Trecento panchine in A e però anche la «gavetta» all’ombra d’un maestro al quale dire grazie per ciò che ha trasmesso: «Ulivieri mi ha dato la possibilità di formarmi, innanzitutto lasciandomi fare l’osservatore e poi fungendo da suo secondo. La bicicletta l’ho avuta praticamente da lui, poi ci ho pensato io, com’era giusto che fossi, a procedere con le mie gambe».

NUMERO PERFETTO – Da Reggio Calabria a Napoli, si comincia sempre dalla difesa a tre, un modulo e forse anche un modello, il codice-Mazzarri che va tanto di moda: «Non posso nascondere di essere orgoglioso che accada questo, perché quando ho cominciato a fare l’allenatore ho puntato su un sistema e ci ho sempre creduto. Sono ormai dodici anni che vado avanti con questo atteggiamento tattico, nonostante qualcuno m’abbia anche detto d’essere quasi al cospetto di un limite, perché il calcio stava andando in tutt’altra direzione. Ho insistito, sono rimasto fermo sulle mie teorie e accorgersi che c’è conversione è per me motivo di soddisfazione».

THE CHAMPIONS – Gioie tante e però anche un rimpianto, un dolorino, una fitta passeggera che ogni tanto torna tra i pensieri d’un decennio e passa accomodato in panchina: «Mi è dispiaciuto non essere riuscito a cogliere la seconda qualificazione consecutiva in Champions con il Napoli. Ci siamo andati vicinissimi, l’abbiamo persa di fatto a Bologna ma anche per qualche punto lasciato in precedenza con leggerezza».

CONVERGENZA AURELIO – Tre anni e (ormai) quattro stagioni al Napoli, spalla a spalla con De Laurentiis, in un confronto tra uomini solidi: «Il mio rapporto con lui è bello, forte. Se dovessi sintetizzarlo, direi che somigliamo a due treni che corrono a velocità spedita su binari paralleli e non si incrociano mai. Ma convergono nella stessa direzione, soprattutto nelle vicende importanti».

UN POCHO LORENZO – C’era una volta Lavezzi e ora c’è un «magnifico» ventunenne al quale è concessa l’eredità pesante, consegnatagli da Mazzarri: «Io non so se Insigne riuscirà a diventar forte come il Pocho, se avrà il successo e il tempo che ha avuto qua Lavezzi, ma il ragazzo è già maturo per reggere certe pressioni. E poi sta accelerando in maniera clamorosa: è passato dalla B alla A, gioca nella sua città, ma reagisce bene. Va aiutato, per assorbire nel migliore dei modi lo stress e per poter realizzare una carriera luminosa: è generoso, altruista, pensa innanzitutto alla squadra, ha una tecnica sopraffina, corre tanto. E’ praticamente adatto a questo calcio».

BENTORNATO BOEMO – Lui da una parte e Zeman dall’altra: ma come finirebbe la sfida all’ultima sigaretta? Intanto, un saluto al boemo: «Non mi ha sorpreso il suo ritorno in A, non lo conosco direttamente ma ne ho sentito parlare tanto e bene. Ho studiato il suo modo di far calcio, a me piacciono i tecnici che dànno un’impronta e lui è uno di questi. E’ normale che alleni in A e soprattutto che sia in una grande piazza come Roma».

SPECIAL ONE – Ma quella era adrenalina allo stato puro: Napoli-Inter, ai tempi di Mourinho, scatenava botta e risposta avvelenate; e però adesso….«Ho sempre parlato bene di lui, gli ho riconosciuto i meriti e i successi. Poi ci fu un episodio, una divergenza di vedute, e venne fuori un battibecco a distanza. Che è chiuso. Mourinho ha sottolineato le nostre prestazioni in Champions; io so che con i calciatori entra in sintonia, so che aveva un ottimo rapporto con Pandev».

BENEDETTI TOSCANI – Panchine infuocate ce ne sono, ma Milan-Napoli è Allegri-Mazzarri, un match tra livornesi che non se le mandano a dire: «Ma il confronto è bello e poi è giusto che ogni allenatore faccia gli interessi della propria squadra. Ma io non nessun problema con Allegri, almeno a livello personale. Una volta chiariti, finisce lì».

AZZURRO TOTALE – Trecento panchine alle spalle, ma domani? Già: un ruolo alla Ferguson o una panchina di una Nazionale o altre trecento partite da vivere a tutto stress: «Io già tendo a fare il tecnico a trecentosessanta gradi, a curare ogni aspetto e dunque, avendo certi concetti radicati, potrei avere le caratteristiche giuste per ricoprire un ruolo del genere. Sulla Nazionale, non saprei: nella vita non si può mai dire mai, ma in questo momento mi sento un uomo da club. E per le prossime trecento sfide, beh: ora penso solo al Napoli e voglio che venga considerata una squadra d’élite. Daremo il massimo per arrivare il più in alto possibile».
Fonte: Corriere dello Sport
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