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Le nove domeniche di Sarri in testa: “Per dieci mesi ci riesce solo uno”

Dall’estate del 2015 ad oggi il Napoli per nove volte ha guardato tutti dall’alto, la sfida di questa stagione è riuscirci a Maggio

Il Napoli di De Laurentiis ha riportato i trofei in città, due Coppe Italia ed una Supercoppa rappresentano un bottino importante ai tempi dello strapotere della Juventus. Il trionfo più bello, quello che mette i brividi nel ricordo del periodo di Maradona, è lo scudetto, un sogno che è diventato credibile grazie al lavoro di Sarri. La Juventus ha un organico più ampio e competitivo ma le certezze acquisite dal Napoli grazie alla sua identità di gioco possono ribaltare il dominio bianconero. Il tricolore fu inseguito anche nell’ultimo anno di Mazzarri, nella stagione 2012-13 quando lo 0-0 contro la Sampdoria a metà febbraio colpì i sogni di gloria degli azzurri. Anche in quel caso era un’annata di fine ciclo con Mazzarri e Cavani già pronti a partire ma le basi stavolta sembrano molto più solide.

“Per un mese ci riescono tutti, per sei mesi in pochi, per dieci uno solo”, così Sarri ha parlato dopo la sfida contro il Cagliari del percorso che ha portato il Napoli in testa alla classifica. Un primato solitario grazie al pareggio dell’Atalanta in casa contro la Juventus, una piccola gioia che Sarri sulla panchina del Napoli ha vissuto già in altre otto occasioni. Nella stagione 2015-16 gli azzurri hanno guardato tutti dall’alto per sette partite. Il Napoli si laureò campione d’inverno, nel giorno del successo di Frosinone e della contemporanea sconfitta interna dell’Inter contro il Sassuolo. Gli azzurri trascinarono il primato solitario fino alla sconfitta contro la Juventus, quella del gol di Zaza, una mazzata sulle speranze di Higuain e compagni.

Non è finita qui, anche nello scorso campionato chiuso al terzo posto il Napoli per una domenica è stato in testa alla classifica. Era la quarta giornata, Milik con una doppietta piegava il Bologna mentre la Juventus veniva sconfitta sul campo dell’Inter e la Roma su quello della Fiorentina.

La Juventus mostra dei segnali di sofferenza, va in difficoltà contro le squadre che la aggrediscono con il pressing alto e l’intensità. I codici imparati a memoria nell’era post-Conte sono stati cancellati, la capacità di Bonucci di guidare l’uscita dalla propria area di rigore gestendo sia il corto che il lungo è un ricordo non ancora metabolizzato. La Juventus ha assunto una sfida di stampo europeo, diventare una squadra che punta sul palleggio, dalla mentalità propositiva per inseguire la Champions League spesso sfumata in finale. Questa trasformazione avrà bisogno di tempo e ha registrato degli errori di connessione, come la sconfitta contro la Lazio e il pareggio contro l’Atalanta. La furia juventina si è scatenata sul Var, la sudditanza psicologica negli anni del calcio ancorato al vecchio rifiuto della tecnologia ha consentito tanti privilegi alle big (soprattutto la Juventus) ed è difficile adeguarsi alla “democrazia della telecamera”, capace d’individuare anche il fallo di Lichtensteiner sul Papu Gomez prima del gol annullato a Mandzukic. Si tratta di una rivoluzione, il calcio è cambiato dopo aver resistito per anni a tutte le trasformazioni della società in altri settori a causa della tecnologia. Nel 1984 la rivoluzione del sorteggio integrale spinse il Verona verso lo scudetto, la Var, nonostante qualche errore, ha già ridimensionato la portata dei disastri arbitrali. Il Verona è una delle favole degli anni ’80 e ’90, quelle annullate dal dominio bianconero. “La Juventus è la squadra più forte della serie A negli ultimi sette anni”, ha dichiarato ieri Sarri, consapevole del gap con la rosa a disposizione di Allegri ma anche che stavolta si può credere nell’impresa.

Ciro Troise

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