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Napoli più che perfetto in ogni parte del campo. Roma travolta, ma avrebbe perso chiunque

Finale di Coppa Italia meritatissima per Benitez e i suoi, dopo una gara di ritorno esemplare

Il giorno dopo, non ci possono essere che elogi: la sensazione è che un Napoli così avrebbe battuto qualsiasi squadra italiana, e forse anche europea. Eguagliate e superate le prestazioni delle vittorie prestigiose in Champions, mentre la Roma è andata vicina a subire il quarto gol e l’umiliazione. 

GARCIA, SCELTE SUICIDE – Il Napoli di Benitez ha stravinto il ritorno della semifinale di coppa nazionale. Eppure, di fronte c’era una formazione che in Serie A ha perso solo allo Juventus Stadium, una squadra con il secondo centrocampo più forte d’Italia, con una difesa rocciosa e un attacco prolifico. Con un allenatore francese che fin qui ha ricevuto solo elogi. Ieri sera, però, Garcia qualche dubbio di troppo lo ha lasciato, e non certo per aver mandato in campo Bastos, una scelta obbligata dalle condizioni fisiche di Maicon, e una conferma che Sabatini non ha “rubato” un asso a Bigon, dato che l’ex-Lione ha dimostrato di non essere adatto a giocare esterno di difesa. Le perplessità su Garcia derivano piuttosto dalla scelta di lasciare Totti in panchina, puntando tutto sulle ripartenze del duo Ljajić-Gervinho (spesso invertiti di lato) e sulla profondità garantita da Destro, rinunciando così alla gestione della palla. Ma soprattutto, e forse non è che una conseguenza, derivano da una squadra disposta quasi esclusivamente dietro la linea del pallone ad attendere il Napoli, anche quando era evidente che fosse come attendere all’aperto un uragano, limitandosi a proteggersi il viso con le braccia.

PER LA ROMA UN’ALTRA STORIA – A dire il vero, Destro un paio di occasioni le ha avute subito, con assist rasoterra giunti dai lati, ma si è scontrato con il muro-Reina; e sullo 0-3, complice l’unico rilassamento psicologico del Napoli lungo dieci minuti, dal 55′ al 65′, la punta giallorossa ha sfiorato due volte il gol di testa (uno è entrato, ma in fuorigioco). Per il resto, c’è stata poca Roma. Gervinho, dopo l’estasi dell’andata, come fosse posseduto dallo Spirito del Piede Fino, è tornato il giocatore a cui siamo abituati, veloce e imprendibile ma con piedi non eccelsi. Strootman, invece che bucare la rete con un bolide da lontano, ha bucato la pazienza di Rocchi con un applauso nemmeno troppo vistoso ma frutto di un nervosismo diffuso, e se n’è andato anzitempo negli spogliatoi. Pjanic ha brillato a sprazzi e Benatia ha picchiato Mertens e Higuain, due furie incontenibili. Torosidis sembrava imbarazzato quando si trovava di fronte il folletto olandese, mentre De Sanctis ha perso all’improvviso la tranquillità da vacanze tropicali di cui gode in campionato.

LUCE AZZURRA – Qui finiscono, in ogni caso, le ombre della Roma, confinate in un piccolo angolino del San Paolo. Il resto è solo una luce abbagliante, quella dei riflettori di uno stadio straripante, illuminato dal gioco di un Napoli pirotecnico e incendiato da un tifo che non ha eguali. Dopo le due palle-gol iniziali capitate a Destro, per 23′ i padroni di casa hanno assediato e dominato in lungo e in largo una Roma rintanata: Inler, giocatore ritrovato da quando c’è Jorginho, non falliva un passaggio, e impostava sempre rasoterra e in verticale; Fernandez, in difesa, non sbagliava il tempo di un solo intervento; lo stesso Jorginho dimostrava di essere una cura miracolosa per il malanno che il Napoli aveva sul centro-sinistra difensivo; Ghoulam si rivelava giocatore disciplinato e attento, bravo a difendere e ripartire; Mertens e Higuaìn abbozzavano i colpi di classe pura e le giocate a tutto campo che avrebbero poi sfornato per tutta la gara. Callejòn, invece, giocava più arretrato e più centrale del solito: mossa splendida di Benitez, che così recuperava superiorità a centrocampo, nel possesso come in pressing; peccato soltanto che non sfruttasse la debolezza di Bastos sul lato sinistro romanista.

GRAN GIOCO E TRE RETI – Ma è bastato un giocatore meno devastante di Callejòn, ovvero Christian Maggio, a punire l’anello debole della Roma. Da quel lato, l’unico italiano in campo per il Napoli ha fatto partire un cross liftato che proprio lo spagnolo, libero d’inserirsi centralmente, ha dovuto solo appoggiare in rete. E il capolavoro tattico era fatto. Sull’1-0 la Roma, che poco prima dello svantaggio aveva pur avuto una doppia occasione da rete, è finita del tutto in balia di un Napoli egregio nella circolazione di palla, perfetto per schemi, tecnica e velocità. Ma il risultato all’intervallo non è cambiato, e ci si aspettava infatti una ripresa con la Roma pronta a riacciuffare il pari. Al rientro, invece, gli ospiti ancora attendisti, anzi ancora schiacciati dalla marea giallo-azzurra delle terze maglie del Napoli, sono stati travolti e seppelliti in cinque minuti: prima una combinazione raffinata Callejòn-Higuaìn ha mandato al tiro il primo, con parata di De Sanctis; ma poco dopo, Higuaìn con una testata in torsione e poi Jorginho con uno scavino su assist geniale di Mertens hanno messo alle corde gli undici uomini di Garcia.

PERFEZIONE TATTICA E TECNICA – Sul 3-0 il Napoli ha avuto dieci minuti (fisiologici) di calo, rischiando un pochino. Garcia ha provato la mossa-Totti, passando al 4-2-3-1 da tutto per tutto. Ma dal 70′ Benitez ha avuto la scaltrezza tattica di chiedere un abbassamento di ritmi, per contenere le sfuriate più nervose che altro della Roma. E chiedendo, con successo, ripartenze improvvise, che con le solite avanzate sopraffine hanno portato a sfiorare il 4-0. Al 75′ Benitez ha confermato la sua totale presenza mentale sulla gara, inserendo Behrami per Hamšík per infittire l’argine a centrocampo ma senza rinunciare alla profondità di Higuaìn, sostituito solo nel finale e in 11 contro 10, perché stremato.
Il Napoli ha vinto perché era messo in campo in modo magistrale: non solo compatto e corto, ma anche organizzato in modo che Mertens e Callejòn spaziassero molto senza dare punti di riferimento; che Higuaìn si spostasse dal centro-attacco a destra, partecipando sempre all’azione; che Jorginho facesse il lavoro oscuro della copertura sul centro-sinistra e quello luminoso dell’impostazione e persino del gol; che Fernandez, Inler e Maggio si ritrovassero, che Hamšík tornasse il fulcro dell’azione; ma soprattutto, che l’intera squadra giocasse un calcio velocissimo, verticale, di prima, tecnico e spettacolare, per vincere e divertire lo splendido pubblico accorso al San Paolo.

Lorenzo Licciardi

 

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