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La lezione bianconera e le parole di Conte tra arroganza e verità

Benitez lo nega ma ci sono dei punti in comune tra le sconfitte di Londra, Roma e Torino

Le lezioni servono, aiutano a crescere, a capire cosa non va, a stare in equilibrio tra la realtà, i sogni, l’entusiasmo e il facile scoramento dopo le sconfitte. Allo Juventus Stadium è arrivato il solito schiaffo, quello che riporta il Napoli sulla terra, che ristabilisce le gerarchie del campionato, in virtù del netto divario tra i due organici. Da quando a Torino è stato costruito un nuovo stadio, il Napoli ha sempre perso, non riuscendo mai a segnare: gli azzurri sono caduti due volte per 3-0 e in un’occasione per 2-0. L’unico gol azzurro nel covo bianconero è stato siglato da Gennaro Tutino nella finale d’andata della Coppa Italia Primavera. Il Napoli deve ancora crescere, riproponendo l’abusato verbo dell’era Mazzarri; la lezione bianconera insegna proprio ciò. Il salto di qualità è ancora lontano e non basta scegliere un allenatore dal profilo internazionale, abituato a migliorare il profilo dei club in cui lavora piuttosto che semplicemente concentrarsi sui risultati immediati delle squadre. In campo ci vanno i giocatori e l’organico del Napoli (lo sosteniamo dall’estate, ndr) è incompleto e non ha lo spessore del curriculum di Benitez. “Per vincere servono i campioni e l’organizzazione: non puoi vincere solo con l’uno o con l’altro”, ha dichiarato Conte in conferenza stampa. La Juventus ha messo in campo entrambe le risorse ed è riuscita a portare a casa la vittoria. Tutto vero, il Napoli ha pagato il solito approccio timoroso nelle grandi sfide, visto anche a Roma e Londra. La paura degli azzurri è diventata letale perché dopo la parata di Reina su Pogba è giunta la rete di Llorente in netto fuorigioco. Si tratta del terzo evidente errore arbitrale in dodici giornate che favorisce i bianconeri, dopo la rete annullata a Paloschi e il gol in fuorigioco di Pogba nel derby di Torino. Il calcio italiano ripete il ritornello per cui gli errori arbitrali a fine stagione s’equivalgono, ma tutti sanno che non è così. Il rigore netto non assegnato per fallo su Cuadrado a Firenze contro il Napoli ha prodotto la rabbia di Della Valle e ha occupato completamente il dibattito mediatico sulla partita. In maniera completamente diversa è stata trattata ieri la rete di Llorente, tanti addetti ai lavori hanno anche accettato la motivazione di Conte: “Impossibile da vedere, non l’ho visto neanche io, cercherò di propormi come “lines-man” (il suo modo maccheronico di definire il guardalinee, Conte vuole imparare l’inglese per essere pronto alla corsa alla panchina di Arsenal o Manchester United ma dimostra di essere ancora in ritardo nell’apprendimento della lingua). Resta poi incomprensibile come possa essere impossibile sia per l’assistente che per l’arbitro di porta non vedere un fuorigioco che in tanti hanno notato anche dalla tribuna.

L’onestà intellettuale ci impone, però, di affermare che l’errore arbitrale ha aiutato la Juventus rivelatasi nettamente superiore al Napoli. I bianconeri hanno aspettato il Napoli nella propria metà campo concedendo pochi spazi agli azzurri che solo nella prima parte della ripresa hanno velocizzato il gioco riuscendo ad essere meno prevedibili e più pericolosi. Il tiro di Higuain, le giocate di Insigne e l’occasione di Hamsik potevano cambiare le sorti della partita ma la lezione bianconera servirà solo se si studieranno i limiti emersi nella sfida di Torino. C’è una premessa da fare: tra i due organici c’è una differenza più ampia dei tre punti di vantaggio della Juventus. Basta confrontare la varietà di soluzioni che ha a disposizione Conte riguardo a centrocampo e attacco con quelle di Benitez. Piuttosto che sul fatturato, la differenza è nella capacità dei dirigenti sul mercato: i tre gol ieri sono stati segnati da giocatori approdati a Torino a parametro zero ma Conte nelle sue conferenza stampa non lo dice mai, segue lo stile comunicativo degli allenatori italiani più bravi: valorizzare i meriti propri e della squadra come se fossero un corpo diverso dalla società. Una prassi arrogante e provinciale, molto diversa dallo stile di Benitez, Ferguson, Wenger, degli “allenatori-manager” cresciuti in Premier League, oggi il campionato più bello, interessante e competitivo d’Europa. C’è chi è ingabbiato negli schemi italiani e chi, invece, ha una visione più ampia: basta vedere la differenza in termini di stile tra allenatori come Mazzarri e Conte e Carlo Ancelotti.

Benitez in conferenza stampa l’ha negato, ma ci sono dei punti in comune tra le sconfitte di Londra, Roma e Torino. In tutte e tre le gare, l’approccio non è stato cattivo e concentrato al punto giusto, a Londra e Torino poi la sconfitta è stata consumata a centrocampo. La mediana azzurra è finita in balia della superiorità numerica degli avversari, mostrandosi sbandata nella fase d’interdizione e macchinosa in quella d’impostazione; Hamsik, che s’eclissa nei grandi palcoscenici, non è riuscito mai a dare una svolta nel ruolo di raccordo in queste sfide. Inoltre a Torino ha giocato anche Behrami in difficoltà fisica per il fastidio al ginocchio che gli ha fatto saltare la gara con l’Olympique Marsiglia; in campo si è notato che non era brillante. Nelle tre sconfitte stagionali maturate finora il Napoli ha mostrato degli sprazzi di grande qualità nel palleggio ma anche le difficoltà nel crearsi gli spazi necessari per far male agli avversari che si chiudono in maniera ordinata. La chiave è nell’imprevedibilità della manovra che ha bisogno di maggior movimento senza palla e nel cinismo degli attaccanti. Nonostante il netto divario in campo, se la gara parte sull’1-0 per un gol in fuorigioco e Higuain e Hamsik sprecano la palla del pareggio, è difficile per tutti uscire indenni dallo Juventus Stadium. Bisogna stringere i denti fino a Gennaio, dove servono quattro pedine di livello: un altro esterno, un centrocampista, un attaccante e un difensore centrale se parte Cannavaro. Il Napoli ha preso Reveillere, un elemento d’esperienza che può dare un grande contributo alla formazione di Benitez una volta raggiunta una buona condizione atletica. Un affare low cost, arriva da svincolato e ha firmato un contratto annuale alla cifra di 350 mila euro più bonus per presenze ed obiettivi.

Ciro Troise

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