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La rivoluzione sia totale, De Laurentiis costruisca una struttura societaria, urgono umiltà e chiarezza

Troppo comodo il massacro a Benitez, bisogna muoversi all’insegna dell’umiltà: urgono chiarezza e coerenza

Napoli è una centrifuga, una città capace di divorare qualsiasi personaggio venga a fare calcio dalle parti del San Paolo. Il presidente De Laurentiis l’ha capito e furbescamente si muove sul populismo dilagante. Chiunque va via diventa un nemico anche prima che concretamente si diriga altrove: è avvenuto con Quagliarella, Cavani, Mazzarri, Marino, Lavezzi, anche se la sintonia tra il popolo azzurro e il Pocho è così forte che determinate critiche non sono riuscite ad attecchire come negli altri casi.

Su Benitez sta per verificarsi lo stesso processo, il nuovo colpevole di tutti i processi è stato già individuato. La memoria è corta: lo splendido primo anno con la Coppa Italia alzata al cielo, il bel gioco mostrato, la capacità di reggere finalmente più fronti senza soffrire, tutto ciò è stato già dimenticato. Benitez paga per tutti, forse qualche piccola colpa ricadrà anche su Bigon diretto a Verona e pronto a subire a distanza qualche orazione estiva del presidente De Laurentiis. Ancora una volta il patron riesce a sfuggire al fuoco delle critiche. Fare analisi è complicato, è più semplice attribuire tutte le responsabilità all’invasore spagnolo colpevole addirittura di aver preso in giro i napoletani. Il Napoli alla prima stagione con Benitez in panchina ha raggiunto il massimo, ha disputato quattro competizioni ben figurando in tutte riuscendo a stazionare alle spalle della Juventus e della Roma dei record. Nell’arco di un’estate, Rafa ha abbandonato tutte le sue qualità da allenatore? Evidentemente no, è successo qualcosa di più profondo. Benitez e i vari calciatori che si sono fidati di lui nel dedicarsi alla causa napoletana si sono sentiti traditi dalle strategie estive del presidente De Laurentiis. La mancata conferma di Reina, i proclami di Dimaro e i tanti rifiuti ottenuti hanno prodotto una squadra nettamente indebolita sia in termini di qualità a difesa e a centrocampo che di esperienza e personalità. Anche Benitez ha le sue responsabilità, ha garantito su acquisti che si sono rivelati fallimentari, ha seguito le indicazioni dello scouting che nei vari anni di lavoro alla Ssc Napoli ha indovinato pochissime scommesse. Rafa ha compiuto una scelta professionale, ha mentito in conferenza stampa (del resto il calcio è bugia, l’ha detto spesso) sul valore dell’organico e ha colto la sfida di giocarsela, di provare a raccogliere il massimo nonostante a Bilbao avesse capito che la stagione fosse ricca d’insidie per un gruppo che s’aspettava rinforzi e che, invece, al calciomercato ha perso una delle sue guide: Pepe Reina. Cinque competizioni erano troppe per quest’organico limitato in più reparti e alla spiaggia il Napoli non ci è arrivato. Dal punto di vista tattico Rafa doveva osare di più, i disastri difensivi imponevano di provare a cambiare modulo, filosofia, a compiere anche delle rivoluzioni per non chiudere l’annata con sessantanove gol subiti (ben cinquanta in campionato) quando manca ancora una gara. Benitez ha inseguito delle precarie certezze, ha avuto paura di modificare certi equilibri; al netto dei dati sui gol subiti e dei tanti disastri evidenziati bisogna ammettere che tante cose non hanno funzionato e le critiche sono legittime. Il Napoli potrebbe ancora qualificarsi per la Champions League, il suo destino è nelle mani della Roma e della sua volontà di blindare il secondo posto ma comunque vada quest’annata deve rappresentare una lezione per tutti, in primis per il presidente De Laurentiis.

Nessuno mette in dubbio il valore del suo percorso dal 2004 ad oggi ma è il momento di scegliere cosa fare: l’Udinese dei ricchi o una realtà vincente. Basta essere chiari e coerenti, nessuno pretende di diventare il Real Madrid ma bisogna assumersi la responsabilità dei propri errori e agire di conseguenza. Se il Napoli non disputerà per la seconda volta la Champions League con il relativo danno economico, De Laurentiis non può scaricare tutte le responsabilità sugli altri ma deve ricordare quanto ha compiuto in estate, la differenza tra le aspettative che ha alimentato e la campagna acquisti mediocre che ha partorito. Sia che voglia fare l’Udinese dei ricchi, che punta a scoprire e a valorizzare i giovani in giro per il mondo, che voglia compiere il salto di qualità per costruire una società vincente, c’è bisogno di compiere una rivoluzione all’insegna dell’umiltà. Bisogna prendere coscienza della propria dimensione, evitare le mosse cervellotiche come il silenzio stampa per un mese e mezzo che ha tolto pressioni a Benitez e alla squadra e agire di conseguenza.

Fino a quando non si costruirà una struttura societaria con un direttore generale esperto, autonomo nei poteri e nell’iniziativa, con il compito di vigilare su tutto ciò che succede a Castelvolturno e non solo, il Napoli inciamperà spesso. Ricordo ancora quelle parole di Mazzarri in conferenza stampa mai chiarite: “Io sono solo”, più volte gli è stato chiesto di approfondire certe tematiche ma mai è stato fatto. Il vuoto dirigenziale è stato avvertito spesso: Chi doveva consigliare a Benitez di evitare la scommessa Michu? Chi avrebbe dovuto mediare nel conflitto Benitez-De Laurentiis esploso a Bilbao? Chi doveva vigilare sulle uscite notturne dei calciatori denunciate dallo stesso De Laurentiis nel “j’accuse” dell’8 Aprile scorso? Chi doveva seguire le vicissitudini del calendario e muoversi in anticipo per pretendere la contemporaneità alla penultima giornata? Chi dovrebbe capire le esigenze del settore giovanile azzurro e interrogarsi sull’incapacità della Primavera azzurra di non qualificarsi neanche per i play-off per la seconda volta consecutiva e di non riuscire mai in dieci anni ad andare alla final eight? Caro presidente, può mai credere che un direttore sportivo con pochi margini di operatività come Riccardo Bigon potesse riuscire ad occuparsi di tutto ciò senza registrare qualche umana falla?

Sono giorni caldi, De Laurentiis ora deve costruire la svolta societaria ma bisogna muoversi con umiltà. Il presidente faccia il presidente, non il direttore ad interim, la figura che ha acquisito dall’addio di Pierpaolo Marino. Bisogna fare un passo indietro, costruire con i professionisti scelti un rapporto all’insegna del dialogo, della condivisione delle idee, non “sul qui comando io”. Le trattative continuano, sono fitti i colloqui con Sean Sogliano ma si valuta anche la soluzione interna con la promozione di Maurizio Micheli da coordinatore del reparto scouting a direttore sportivo. Tutto è ancora in ballo, l’allenatore dovrebbe essere Sinisa Mihajlovic ma l’accordo non è stato ancora definito completamente, se dovesse saltare si virerà su uno tra Prandelli e Montella, la prima scelta del Milan se Galliani non riuscirà a realizzare il sogno Ancelotti.

Ciro Troise

 

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