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“Prima non prenderle”, la versatilità di Ancelotti non mette in discussione la storia della serie A

Il Napoli ha la seconda difesa del campionato insieme all’Inter con 14 gol subiti ma è impressionante che dal passaggio al 4-4-2 sono solo otto le reti incassate

“Ha vinto i campionati chi ha giocato a uomo, chi ha fatto possesso palla, chi puntava sul contropiede, chi faceva il ritiro, chi non lo faceva”, Ancelotti è un maestro della versatilità, il punto di forza della sua carriera è la capacità di trovare soluzioni in virtù degli avversari, delle esigenze aziendali di far coesistere più giocatori. Dalle esigenze del Milan di Berlusconi ricco di talenti alla frase “la incartiamo” pronunciata anche con De Laurentiis al telefono prima di Napoli-Liverpool, la storia calcistica di Ancelotti è dentro queste caratteristiche e l’avventura al Napoli non sta smentendo la sua filosofia. “Voglio un Napoli che non abbia una sola identità ma che ne abbia diverse”, con questa dichiarazione a Belgrado Ancelotti tracciò il manifesto del suo pensiero. Il Napoli è dentro questa mentalità, gioca con la difesa alta ma sa difendere anche basso quando c’è la necessità, punta sulla velocità del palleggio ma sa cercare il dominio sulle corsie laterali, è una delle squadre che utilizza più passaggi per arrivare al gol ma ha nel suo dna la palla in verticale per far male agli avversari, come dimostra il gol di Fabian Ruiz contro l’Atalanta. C’è una regola storica del calcio italiano che non sfugge alla versatilità di Ancelotti: il “prima non prenderle” che ha contraddistinto la filosofia di tanti allenatori vincenti come per esempio Capello e Trapattoni. Il Napoli ha vissuto un’epoca dove la grande bellezza era introdurre l’equilibrio nella rivoluzione tecnica che aveva già compiuto Benitez. Il Napoli dei 91 punti (che tristezza le proiezioni, appartengono alla politica, non al calcio dove tutto cambia in un attimo), della qualificazione per tre anni consecutivi alla Champions League immaginava la “grande bellezza” non come il ritmo forsennato dell’attacco ma la ricerca dell’equilibrio. Sarri eredita il Napoli di Benitez, che aveva subito 54 gol, e lascia ad Ancelotti una creatura che nell’ultimo campionato, quello dello scudetto sfiorato, ha incassato soltanto 29 reti, quasi la metà. Sarri, però, si è fermato a Genova, dopo quella sconfitta Ancelotti ha avuto la possibilità d’intensificare il cambiamento perché era impossibile replicare quella filosofia con il “copia e incolla”, fare ciò in cui non si crede spegne la crescita. Bisognava voltar pagina e Ancelotti l’ha fatto proprio con la fase difensiva come riferimento, con il cambiamento tattico dal 4-3-3 al 4-4-2 e i numeri testimoniano l’importanza di questa trasformazione. Il Napoli ha la seconda miglior difesa del campionato insieme all’Inter, ha subito 14 reti di cui sei nelle prime tre giornate, nelle altre quattordici partite, con il passaggio al 4-4-2, ne ha incassati soltanto otto. In serie A solo la Juventus ha fatto meglio con cinque gol subiti dalla terza alla diciassettesima giornata. In 20 gare disputate, tra campionato e Champions League, il Napoli ha subito 13 reti con dieci clean-sheet, quindi con il 50% di partite con la porta inviolata affrontando anche squadre del calibro di Liverpool, Paris Saint Germain e Juventus. I recuperi di Meret e Ghoulam possono essere importanti, non è completamente un caso che il Napoli abbia chiuso le ultime tre gare di campionato senza subire gol e rischiare nulla dalla fascia di competenza dell’algerino. Meret non è una sorpresa, il suo talento è indiscutibile, per esprimersi al meglio ha solo bisogno di superare tutti i problemi fisici. Che tristezza, però, i paragoni con Reina, la memoria è risorsa essenziale. Andate a rivedere la parata contro la Roma che blinda l’1-2 all’Olimpico, io non l’ho mai dimenticata.

Ciro Troise

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