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Barazzutti: «Che fascino questa Arena del mare, a Napoli regaleremo uno spettacolo»

Chi ha fatto la storia del tennis italiano:

«Questo lungomare è meraviglioso. Ero stato qui solo un mese e mezzo fa, lo conosco bene ma ogni volta sembra di scoprire qualcosa di diverso. Vederlo così, libero dalle auto, a completa disposizione dei napoletani e dei turisti, con lo spettacolo offerto dal Golfo, dà una sensazione unica di serenità. So che ci sono state e ci sono ancora polemiche legate alla viabilità, ma spero che Napoli lo lasci così com’è, perché ha una risorsa in più per incrementare il proprio turismo». Corrado Barazzutti, capitano non giocatore della nazionale italiana che da venerdì a domenica giocherà contro il Cile lo spareggio per la permanenza nella serie A del tennis mondiale, si trasforma in testimonial della città prima ancora di calarsi nelle sue vesti ufficiali di selezionatore azzurro.

Cosa la lega così profondamente a Napoli?
«Tanti bei ricordi, lontani nel tempo, fin da quando partecipavo ai tornei giovanili, sempre importanti, organizzati in questa città. E poi i campionati italiani, le vittorie. E i tanti amici napoletani conosciuti nel corso degli anni, come ad esempio Fabrizio Gasparini, mio compagno di doppio, o Argia Sbordone. Sono sempre venuto volentieri a Napoli, città bellissima che deve approfittare ancora di più di questa sua forza».

 E che ha creato sul lungomare un’apposita arena per ospitare Italia-Cile...
«Uno scenario unico e suggestivo, come ho avuto modo di commentare l’altro giorno con il mio collega cileno Belus Prajoux».

Ecco, ancora il Cile sulla strada dell’Italia in Coppa Davis. Il destino, o meglio il sorteggio, nel tennis non è imprevedibile.
«Certo suona strano ritrovare il Cile dopo solo un anno dallo spareggio vinto a Santiago per 4-1 che ci aveva consentito di tornare nel World Group, ma è capitato e dunque eccoci di nuovo contro. Noi conosciamo loro, loro conoscono noi».

 Anche se i numeri di questo Cile sembrano essere inferiori a quelli di un anno fa.
«Ma bisogna sempre avere il massimo rispetto per tutti gli avversari, questa è una lezione che non va mai dimenticata. Su tutti i campi».

E poi Italia-Cile non è una sfida come le altre in Coppa Davis. La vittoria azzurra nella finale del 1976 a Santiago è nella storia dello sport italiano.
«Scolpita nella memoria di tutti noi. Ma erano altri tempi, c’erano altre situazioni. E poi c’è una netta ed evidente differenza con allora».

 Cioè?
«Io giocavo, ero in campo».

E vinceva. A Santiago battè l’idolo di casa Fillol conquistando il primo punto dell’Italia.
«Già, ma erano altri tempi. Ora pensiamo alla sfida di questi giorni con il Cile».

 Che come uomo migliore schiera Paul Capdeville.
«Il più forte, sarà lui il nostro principale riferimento per l’esito della sfida».

Nella sua Italia ci sono Seppi, Fognini, Bracciali e Bolelli. Manca il campano Starace, reduce da un infortunio.
«Dispiace a tutti che Potito ancora una volta non possa giocare in Coppa Davis nella sua terra. Ma è qui con noi, si sta allenando di nuovo, tornerà presto ai vertici. Starace è stato una colonna portante della nazionale, un grande protagonista della scalata dalla serie C alla serie A della Davis. Una presenza costante e importante in azzurro».

L’imperativo d’obbligo è battere il Cile per rimanere nel World Group. Ma poi cosa potrà fare l’Italia nella Davis?
«Il nostro obiettivo è sempre quello di vincere, cercare di farcela per andare avanti. Ma poi decide il destino, il sorteggio. Se ti capita la Repubblica Ceca come lo scorso anno…».

Lei è anche il capitano non giocatore della nazionale femminile, con cui ha vinto tre volte la Federation Cup. Uomini e donne nel tennis italiano viaggiano a velocità diverse, come ha dimostrato ancora una volta la Errani a Flushing Meadows. Come mai?
«Rispondo semplicemente che basta guardare le classifiche individuali».

A proposito di Us Open, quante volte le capita di pensare alla semifinale del 1977 e a quel colpo di Connors, che il giudice di sedia diede per buono ma che era finito fuori? Avrebbe potuto cambiare la partita.
«Molte volte, anche perché negli Stati Uniti lo fanno vedere spesso».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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