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Cavani, ecco la differenza

Il "Matador" si dimostra una bestia nera per la Sampdoria

E al settimo impossibile riposare: anche se le streghe che s’accavallano intorno a quel dischetto succhiano l’anima e inducono all’inquietudine. Lassù qualcuno lo chiama: e in quegli undici metri che separano dalla Juventus e che avvicinano ulteriormente alla storia, c’è un uomo solo a governare le tensioni e le paure, a dominare i sogni e la tensione, a ripensare alla Lazio, al rigore sparacchiato tra le stelle, affogato nella abbondanza d’una tripletta. Il dischetto (bianco) volante che riconsegna la felicità immediata e sgombera «Marassi» da quella nuvoletta di stress è apparentemente un gesto d’una semplicità disarmante, ma mentre intorno s’odono i fischi della Gradinata, in quel matador ch’è in meditazione s’accavallano pensieri sparsi che introducono ad intravedere orizzonti da esplorare: «Io a Napoli sto bene e rimanere qua è stata la scelta migliore che potessi fare: sono rimasto per vincere e per lasciare il segno». Pum, piatto destro, nell’angolo lontano, in quel macrouniverso in cui ora le braccia spalancate di Edinson Cavani vanno a rifugiarsi, per raccogliere il vento e pure la gloria, per sentirsi con fierezza capolista e capocannoniere, per rimettere a posto i conti con se stesso e cancellare quella macchiolina d’un mercoledì straripante.

SETTANTATRE’ – Le statistiche da aggiornare sono già a portata di piede, un colpo e via per ritrovarsi a settantatré reti tra i bomber di tutti i tempi, ad appena quattro lunghezze da Savoldi, e per scoprire che Luis Vinicio è ora a meno quindici, nella classifica dei goleador in campionato: ma in quella giostra infernale che procede ad ritmo impressionante, sette reti in sette partite ufficiali quest’anno, l’«ombra» da inseguire resta quella di un totem, di Diego, e la strada da percorrere conduce dritto tra gli dei «perché un giorno io possa raccontare ai miei figli di cosa sono stato capace; e perché questa città, che non dimentica, merita queste soddisfazioni».
DA PECHINO – Il settimo Cavani è un «cannibale» con pochi eguali, un famelico centravanti che da Pechino a Genova non s’è negato nulla, men che meno una tripletta, la sintesi dell’attaccante moderno che si consuma per la squadra in fase di copertura, la rappresentazione perfetta del bomber del Terzo Millennio che sa quando rischiare come farlo. Sampdoria 0, Napoli 1, ma mica era facile in quell’istante in cui i fantasmi del precedente più recente cominciavano a presentarsi per annebbiare l’idea! E invece, il matador è andato dritto a prendersi il pallone, lo ha accarezzato come farebbe un bimbo con il pelouche, l’ha sistemato a terra e poi s’è isolato, affinché non ci fossero immagini da rimuovere, né urla da tacitare: rete, la sesta in questa sua terza serie da principe azzurro del gol, la settima complessiva, infilando nel mischione pure la cavalcata – ahilui inutile – nel «nido d’uccello».
A UDINE – Si scrive Cavani e si pensa a Di Natale, il «nemico» carissimo annunciato al San Paolo, il più autorevole interlocutore (ma anche il più pericoloso concorrente) per lo scettro di capocannoniere nella prima tornata post-Ibrahimovic, quello «scugnizzo» che una ne fa e cento ne inventa: è una sfida all’ultima invenzione, un match tra «fenomeni» così poco normali, indiscutibilmente eccezionali, che già gonfiano di pathos quel Napoli-Udinese da vivere (inevitabilmente) con il cuore in gol.
Fonte: Corriere dello Sport
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