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Cavani, illusione e resa

Il Napoli cerca il gol su azione che non avviene dalla gara d'esordio di Palermo

I muscoli son fili elettrici: e quella scarica improvvisa, un pizzicotto lieve e però preoccupante, ha acceso la spia. « Dottore, un dolorino ». Mica siete su scherzi a parte: perché il Cavani che corre, che calcia, che sorride, ad un certo punto s’inquieta e avverte il buio dentro, una tremarella che l’induce a riflettere, ad alzare la mano e poi ad arrendersi. Fuori i secondi, ma fuori pure il matador, che dopo il Chievo salta pure l’Atalanta e spera di potersi preparare per il Torino, ore quindici, clima più mite e qualche altro giorno a disposizione per lasciarsi alle spalle qualsiasi inibizione.

DA SI’ A NO – La vigilia più breve è un coro unanime, una voce che induce all’ottimismo, un’espressione fiera e una voglia disperata di calcio: Cavani sta bene – almeno così sembra – e quando si mette a mitragliare quei “poverini” dei portieri, sta ancora meglio. Però è un’illusione, perché il nemico, l’affaticamento muscolare, è nascosto tra i granelli di sabbia della clessidra che separa dall’Atalanta: niente da fare, un movimento naturale diviene un allarme o forse un pericolo troppo grosso da correre, stasera, nel freddo, con il rischio della pioggia e il terrore di andare incontro ad uno stop prolungato. E così il Cavani che si riprende il Napoli diviene il Cavani che riperde il Napoli e lo lascia a Pandev-Insigne-Hamsik, l’altra terna di tenori che con il Chievo ha provveduto a sistemare la pratica che ha consentito di starsene alle spalle di Madame.
NO TURN OVER – Il Napoli va ritoccato e senza Cavani l’attacco si forma da sé: lascia Pandev in versione matador, sistema Insigne, con una caviglia un po’ dolorante, al fianco di Hamsik, e praticamente prova a garantirsi coperture tra le linee e capacità di andare ad aggredire lo spazio con uomini capaci di accelerare e di inserirsi con i tempi giusti. Un cambio in attacco è dunque obbligato, imposto dal bollettino medico di giornata; e pure l’altro arriva dall’infermeria, dove rimane Camilo Zuniga, lasciando scoperta la corsia di sinistra, che torna ad essere l’habitat naturale di Andrea Dossena, rimosso dalla panchina e riconsegnato ai propri compiti. Altro non c’è: perché Mazzarri, nel suo silenzio meditativo d’un pre-partita consumato evitando la conferenza stampa e riflettendo sulle soluzioni tattiche più ammiccanti, preferisce lasciare inalterato il Napoli che ha battuto il Chievo e rivedendo persino qualche personalissima convinzione sull’esigenza di cambiare dopo tre-quattro gare: Gamberini, infatti, resta l riferimento difensivo del centro sinistra, nonostante i 350 minuti accumulati tra la Juventus, la Dnipro e la sfida di domenica sera.
TABU’ – Il gol su azione, in trasferta, è diventato all’improvviso uno sconosciuto persino per una squadra a trazione anteriore come il Napoli: l’ultima rete segnata senza il sostegno d’un calcio di rigore lontano dal san Paolo, infatti, è quello con il quale Edinson Cavani, a Palermo, alla prima giornata, nell’ormai lontano 26 agosto e dunque sessantasei giorni fa, timbrò il 3-0 azzurro. Poi, a secco a Catania, dal dischetto a Marassi sempre el matador, in bianco a Torino; ed, in Europa League, in due gare (contro il Psv e contro la Dnipro) una sola rete, in Ucrania, tanto per gradire dell’uruguayano e dagli undici metri. El matador è rimasto a casa: a Bergamo, Mazzarri cerca un bomber.
Fonte: Corriere dello Sport
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