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Cavani si racconta ad El Paìs: “Quando entro al San Paolo, sento Maradona che mi spinge”

Cavani è un personaggio di calibro europeo, oramai. Lo sanno anche i giornalisti di El Pais che, alla vigilia della sfida di Europa League tra Napoli e Villarreal, hanno raggiunto l’attaccante di Salto per un’intervista a 360° gradi:

Trovi il Mate a Napoli?

No, portiamo la miscela della tisana dall’Uruguay.

Com’è la tua città natale?

Salto è una cittadina di 80.000 abitanti, con tanto spazio e tanti animali.

Vai a pesca a Napoli?

Se volessi, potrei andare ma c’è bisogno di privacy e spazio.

Tuo nonno era italiano…

Si, i miei nonni erano di Maranello, provincia di Modena. Non li ho conosciuti perchè sono deceduti prima che nascessi ma un giorno vorrei andare in quelle zone per conoscere le mie origini.

Hai iniziato a giocare a calcio a quattro anni…

Si, anche mio padre è stato un calciatore nel Nacional ed io ho iniziato lì, tra i bambini della mia età.

Qual era il premio per le vittorie?

Al mio primo goal, venni premiato con un gelato. Il gelataio era vicino al campo, ricordo che scelsi latte e vaniglia come gusti.

Come è stata la tua infanzia?

Sono cresciuto in un ambiente di persone che amano il calcio. Non sono mai andato in vacanza fuori dal paese, giravamo l’Uruguay tra fiumi e campagne. Mio padre mi ha abituato così.

Il primo ricordo di tuo padre?

Su un campo di calcio, naturalmente. Ricordo lui che si allenava ed io che correvo dietro ad un pallone.

Tuo padre era soprannominato “El Gringo”

Si, era chiamato così in quanto figlio di italiani. In Uruguay c’è l’abitudine di soprannominare in questo modo coloro che vengono da fuori.

E tu come eri soprannominato?

Io ero “Peladito” perchè portavo i capelli corti.

Ma adesso li hai lunghi…

Si, adesso li ho sempre lunghi ma a 10 anni ho dovuto tagliarli di nuovo perchè sfortunatamente in piscina presi i pidocchi.

E quando sei diventato “El Matador”?

A Napoli mi hanno soprannominato così, per la mia voglia di vincere e per la mia chioma. Sarebbe bello se un giorno un napoletano potesse dire: “qui abbiamo avuto El Matador”.

Cosa ne pensa la città che la squadra è così in alto in classifica?

C’è grande entusiasmo e speranza, la gente sta sognando ad occhi aperti.

E per le strade di Napoli, cosa si dice?

Il napoletano è molto affezionato alla maglia azzurra. Incontro gente che per strada mi dice “ti amo” o “sei il nostro sogno”.

Maradona a Napoli è il mito, senti la sua pressione?

No, io voglio lasciare il segno qui ed essere ricordato come quello che non si è mai arreso.

Com’è il San Paolo?

E’ bellissimo! E’ uno stadio enorme, ogni volta ci sono 50.000 spettatori. E’ il tempo di Maradona ed ogni volta che ci metto piede, sento la spinta di Diego.

Ci sono foto di Maradona nello stadio o negli spogliatoi?

No, ci sono a Castevolturno. A me piace molto una foto di Careca e Maradona che festeggiano con una coppa.

Sei nato come attaccante?

Si, ce l’ho nel sangue, anche mio padre era un attaccante: uno di quelli che sono sempre in area ma che non hanno paura di sacrificarsi. L’ho sempre osservato, anche quando giocava più dietro. Da ragazzino giocavo a centrocampo ma a 15 anni, un allenatore mi mise in attacco. Ho capito che il mio posto era lì. Bisogna essere intelligenti per giocare in quel ruolo ed imparare le mosse più astute per superare i difensori.

Cose che si possono imparare?

Di solito sono un dono di natura ma non è mai tardi per imparare qualcosa. Fino a 12 anni non credevo di diventare un calciatore, giocavo con i miei amici per divertirmi. Ho studiato Van Nistelrooy, tranquillità e freddezza, e Batistuta, famoso per la potenza e la velocità.

Che tipo di “nove” sei?

Sono un attaccante che si sacrifica per la squadra, non mi pesa tornare in difesa.

Cosa che nel calcio è molto apprezzata…

Si, perché il calcio italiano è molto tattico, non è semplice giocare in Italia. Le difese, qui, sono molto organizzate.

Sei un “Atleta di Cristo”…

Si ma non sono un estremista, resto una persona normale. Credo in Dio, nella famiglia, nel matrimonio e baso la mia vita sui princìpi della Bibbia che mi hanno insegnato da bambino.

Vai in Chiesa?

A Napoli è difficile, però sono sempre in contatto con il parroco di Salto. Leggiamo sempre la bibbia insieme via Skype e parliamo delle problematiche che esistono nella vita.

Hai vissuto a Montevideo, è simile a Napoli?

I ritmi di vita sono diversi, a Napoli amo la semplicità della gente. Vivo ad Arco Felice, a 10 minuti dal centro e da casa mia si vede il mare.

Sei capocannoniere, secondo in classifica e stai per diventare padre…

Si, tra poco nascerà Battista, ci piacciono i nomi biblici. Lo abbiamo scelto per Giovanni Battista, che battezzò Gesù.

Hai sempre giocato con il numero 7, perchè?

E’ il numero perfetto nella Bibbia, il numero di Dio.

Indossi un apparecchio ortodontico…

Si, a 14 anni avvertivo un dolore alle gambe, avevo problemi negli allenamenti: difficoltà nella corsa e nel frenare. Mi dissero che erano problemi dell’accrescimento. In Italia ho scoperto che questi problemi posturali avevano a che fare con i denti. Con l’apparecchio mi sento più forte e sono migliorati anche i riflessi.

Il Villarreal lo conosci?

Si, amo studiare gli avversari. Giocano un calcio divino e schierano gente del calibro di Nilmar, Borja Valero e Rossi.

 

La Redazione

 

F.C.

 

Fonte: areanapoli

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