Parole chiave di un uomo chiave: umiltà, fame, esperienza, gruppo. Quattro capitoli. E le mani di De Sanctis, sulla testa del Napoli. Per fortuna azzurra.
L’UMILTA’ – E allora, sotto a chi tocca. Al signor Morgan, certo, che si mette seduto (virtualmente) sul divano dell’etere radiofonico e comincia così: «Sia chiaro: non voglio che ci si monti la testa» , l’annuncio dai microfoni di Radio Marte Stereo. «Considerando che in campionato siamo reduci dalla sconfitta con il Parma, e dunque abbiamo necessità di tornare a fare punti, è il caso di smorzare l’entusiasmo nato dopo la partita con il Bayern». Beh, ma lei ha parato un rigore valso 2 gol: «Avevo studiato Gomez insieme con Rosati, Colombo e il preparatore dei portieri, Papale, e avevo notato che a volte calcia a incrociare e altre più debolmente. È andata bene, e questo punticino potrebbe rivelarsi fondamentale: l’obiettivo è superare il turno. Ringrazio tutti dei complimenti, dal presidente agli altri big del calcio, ma ora torno a lavorare tranquillo con i miei compagni. Tra l’altro, sono molto scaramantico».
LA FAME – Testa e fari già puntati sul Cagliari, allora: «Serve la mentalità giusta, per questa trasferta, ma noi viviamo sull’adrenalina. Giocheremo con la solita carica, senza risparmiarci mai». Occhi di tigre modello Rocky Balboa. E continuità: «Con il Bayern, una squadra fortissima, candidata a conquistare la Champions, abbiamo tenuto bene: lo schiaffone iniziale avrebbe potuto mandarci al tappeto, ma abbiamo reagito alla grande».
L’ESPERIENZA – Reazione ed azione: «È stata una partita tiratissima, e anche per questo dopo il rigore ho preferito protestare piuttosto che esultare: c’erano ancora 40 minuti da giocare e in area può accadere di tutto. Ecco perché dico che bisogna subito tuffarsi nel campionato: il pareggio con il Bayern è stato importante, speriamo fondamentale per la qualificazione agli ottavi, ma ora bisogna insistere. In campionato e in Europa. E poi in Coppa Italia: dobbiamo consolidarci nelle Coppe e attestarci stabilmente tra le prime 5 in serie A». Imparando a dosarsi tra club e Nazionali: «Giocare in Nazionale è un lusso, e lo dico io che, a 34 anni, quasi non ci speravo. Avere 10 uomini in Nazionale è un motivo d’orgoglio, e sarò ancora più contento quando diventeranno 15: sono difficoltà prestigiose, che fanno parte del gioco. I pezzi pregiati, come Cavani e Hamsik, hanno la fiducia del gruppo».
IL GRUPPO – Eccola, l’ultima chiave: «Io quarto tenore? Macché, il quarto è tutta la squadra. Compresi l’allenatore e lo staff medico. I tenori sono tre ed è giusto così: loro sono chiamati a darci quel qualcosa in più, certo, ma dietro c’è un gruppo che lavora forte. Che fa di tutto e li sostiene con umiltà. Che li appoggerà sempre». Finale con speranza: «Sarei onorato di chiudere la carriera a Napoli, ma non dipende soltanto da me».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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