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CdS – Delio Rossi: “La Roma mi intriga, non faccio il gufo”

«Non sono un gufo » .

 Delio Rossi schiuma rabbia: si sente « tra­dito »: dai microfoni, dal fatto che al­le domande non si è mai sottratto, dalla sincerità. E, ovviamente, dal fatto che è senza panchina e che tut­ti sono pronti a scommettere su un suo immediato ritorno perché il cal­cio è così: si sceglie a giugno, si me­dita già a luglio e spesso si «caccia» a settembre. Scelte a volte accelera­te proprio dall’importanza del pro­fessionista a riposo forzato: fece epo­ca, molti anni fa, la corsa all’ingaggio di Ancelotti con il Milan che accele­rò il divorzio da Terim perché Car­letto era in procinto di sistemarsi sulla panchina del Parma. Ora c’è già quella del Palermo che traballa e sulla robustezza di quella che ospita i glutei asturiani di Luis Enrique molti preferiscono non scommettere. Basta poco, una parola e il « tam tam » si scatena. E la situazione di­venta complicata. Lo chiama Radio Kiss Kiss per una chiacchierata sul calcio:

 «Mi hanno chiesto di tutto, chi vince lo scudetto, le squadre più in­teressanti e io ho risposto».

Una ri­sposta diretta: « Ho detto: la squadra che mi intriga di più in questo mo­mento è la Roma perché ha cambia­to tutto ed è pronta a cominciare una nuova avventura» . Non è poco:

« Ma era un discorso generale, senza ma­lizia. Io non ho mai fatto il gufo, non è nelle mie corde, non è nel mio mo­do di pensare, ho rispetto per le per­sone » .

Ma in un ambiente che vive sempre sull’orlo di una crisi di nervi, quelle parole sono apparse come una candidatura:

« No, non mi sono can­didato a nulla. Ripeto, non sono un gufo, non è il mio modo di essere».

TOTTI –Il calcio è come un giallo di Agatha Christie solo che bastano due indizi per fare una prova perché a tre normalmente non si arriva. E il secondo indizio sono le parole spese da Delio Rossi a proposito del caso Totti, delle difficoltà che caratteriz­zano i rapporti tra il Capitano e il tec­nico spagnolo:«Secondo me, il caso non esiste, per il semplice fatto cheTotti è la Roma. Lui non può essere considerato un giocatore come tutti gli altri». Una maniera per raccoglie­re una certa benevolenza nello spo­gliatoio giallorosso in vista dell’ap­prodo a Trigoria? In realtà non è la prima volta che Delio Rossi spende parole di quel tipo sul capitano gial­lorosso. Certo, non sono mancati gli scontri come quando invitò Totti a prendere esempio da Maradona che in campo prendeva botte e non si la­mentava o come in quell’altro caso in cui manifestò il suo stupore per una sanzione a suo parere mite in­flitta al giallorosso. Ma dall’altra parte ci sono le di­chiarazioni del marzo di quattro an­ni fa, quando alla vigilia della sfida con il Manchester United disse:

«Se devo parlare da uomo di calcio e non da allenatore della Lazio, non ho problemi a sottolineare che Totti fin qui è il miglior giocatore del calcio italiano. Tutti parlano di Ibrahimo­vic ma è Totti che sa davvero fare la differenza in una squadra ».

E solo pochi mesi fa, alla viglia della sfida con la Roma ( guidava il Palermo), affermò:

« Totti è una icona del cal­cio, soprattutto romano » .Ma Rossi non la vede come Agatha Christie e dice:«E’ stata travisata la verità, è stato travisato il senso delle mie di­chiarazioni. Sono una persona cor­retta e rispettosa del lavoro degli al­tri ».

RIFIUTI –Una cosa è certa: le sue va­canze non sono finite e non finiranno a breve.

«Sono al mare, a Peschici. Sono tornato l’altro giorno da Lon­dra » .

Un altro indizio?« Bellissima città con un clima devastante». Una ipotesi di lavoro:

« Ho allenato in cit­tà decisamente più brutte». Ma non ha mai fatto parte di quel gruppo di allenatori che attende con impazien­za di fare un’esperienza all’estero. A Radio Kiss Kiss ammette:

« Sono in trattative con una squadra stranie­ra » .

Poi fa il vago:« Forse francese ma preferirei restare in Italia».

D’altro canto, il turn over sulle panchine italiane è piuttosto accele­rato. Si cambia e si ricambia alla ri­cerca di quella pietra filosofale che non sempre i presidenti riescono a trovare. E capita che i presidenti che ti hanno accusato delle peggiori ne­fandezze, riscoprano antiche passio­ni, antiche simpatie. E’ il caso di Zamparini che spesso torna sul luo­go del delitto: come con Guidolin, co­me con Colantuono. Come con lo stesso Delio Rossi licenziato perché non faceva la difesa a tre e richiama­to per salvare una stagione con la qualificazione in Europa League ( grazie alla finale di Coppa Italia e all’esodo biblico dei tifosi palermita­ni). Il presidente lo aveva accusato di aver remato contro, di aver provoca­to una frattura nei rapporti tra la so­cietà e la tifoseria. Eppure quando i venti tempestosi dell’insofferenza contro Pioli si sono levati, il «repro­bo romagnolo» è tornato d’attualità. Racconta Rossi:

«Mi ha telefonato un paio di giorni fa il presidente, il gior­no dopo il direttore sportivo, Soglia­no. Sinceramente queste telefonate non me le aspettavo. Al presidente ho chiesto di darmi ventiquattro ore per pensarci e ieri mattina ho comu­nicato che non me la sentivo di tor­nare a Palermo».

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