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Corbo: “Il Napoli costretto a farsi giustizia da solo”

Così il giornalista

È cominciata la rincorsa di una squadra costretta a farsi giustizia due volte. Da sola. Entra in campo con un mortificante nono posto, affondata e derisa da un giudice teso in un’altra missione: dare una punizione esemplare a quella banda di furbetti del virus, in cerca di pretesti per non consegnarsi alla Juventus. Riequilibrato dal mercato con il mediano che gli mancava, Bakayoko, il Napoli aspettava invece la prima partita per scaricare tutta la sua ira. Gattuso ha l’onestà antica di chi sale dal più lontano sud a Milano senza nascondere mai accento, carattere, ansia di rivincita. Dopo quattro gol all’Atalanta può dire quello che non solo lui pensava: che il Napoli era ed è nelle condizioni migliori per battere una Juventus ancora irrisolta. È bastato aspettare poche ore per vederla e capire il club in corsa per il decimo scudetto consecutivo si misura a fatica anche con il Crotone. Regolati i conti con il suo orgoglio, il Napoli da ieri corre per annullare il ritardo di una pena opaca. Non si illude di sistemarla in appello, almeno in sede di giustizia federale, perché deve volare controvento. C’è una atmosfera di diffusa ostilità: hanno tutti interesse a proteggere lo sfilacciato protocollo della Lega pur di giocare ed evitare il tracollo finanziario; poi a nessuno torna comodo che riprenda quota il Napoli, questo Napoli che sul campo ha vinto tutt’e tre le gare giocate, segnando 12 gol e subendone appena uno. Tutto il cumulo di contrattempi, sventura e disappunto può tradursi in una opportunità per il Napoli: raccoglie la squadra intorno al suo allenatore per respingere i divertiti sospetti di un calcio piccolo piccolo. Il Napoli voleva giocare a Torino, urla Gattuso dopo la vittoria che lo rende credibile, e si capisce quanto abbia sofferto nel tacere finora. Magari davanti ai giudici di appello potesse presentarsi lui, con la sua sanguigna, spontanea, convincente ricostruzione del primo week-end di ottobre, piuttosto che un avvocato di fiducia del presidente. Nella voce di Gattuso c’è la profonda amarezza di chi non ha potuto decidere nulla, ma solo tacere.
Per sua fortuna è stato invece ascoltato sul mercato. Il barbuto franco-ivoriano Bakayoko è la diga che mancava. Lode a Giuntoli che ne ha sostenuto la richiesta. Un’operazione che farà riflettere: non si possono comprare giocatori solo per investire decine di milioni e sperare di ricavarne il quadruplo al primo giro di giostra. La tecnica ha il suo ruolo. E nel calcio non bisogna mai avere fretta: guardate il Lozano di oggi, è un giocatore trasformato. Chissà come spiegheranno nel Napoli la sua metamorfosi. Non era neanche salito a bordo dell’aereo per Liverpool, quando si scaricava la croce sulla sua schiena: Ancelotti, signori, l’ha voluto Ancelotti… La chiave tattica è semplice. Gasperini paga stavolta la difesa a tre, non sostenuta ieri dai mediani esterni De Paoli e Gosens, di solito rampe di lancio per l’attacco. Si sono piegati, subendo la velocità di Lozano a sinistra e la forza di Politano a destra. Autorevoli nella diversità i mediani interni: solido Bakayoko, ordinato e dinamico Fabiàn Ruiz. Una squadra profondamente cambiata. Retorica come un politico che parla all’infinito senza dire nulla, sa essere sintetica e incisiva come uno spot pubblicitario. Perché raggiunge subito il gioco l’area di rigore. Il gioco procede dritto in avanti con Osimhen che essenziale viaggia come un Tir dal centro all’area di rigore, guadagna profondità, purtroppo senza brillare nelle conclusioni, lacuna da colmare. Troppi tiri lenti e imprecisi. Trova un astuto partner in Mertens che l’Atalanta ignora tra le linee. Quando nella ripresa Gasperini porta la difesa a 4, ha preso già altrettanti gol e si è fatto sera.

Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica

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