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Dalla gioia alla rabbia: «La partita? Un agguato»

La sfida seguita in lidi e locali, poi lo sfogo sui social network

Quando il fischio finale ha sancito la mazzoliata pechinese degli azzurri, ha sentito che il suo nome napoletanizzato in Gioià non corrispondeva alla delusione stordente che aveva dentro. Yo Ha, studentessa dell’Orientale arrivata della Cina meridionale e tifosissima di Cavani & Co., al primo gol del suo idolo ha esultato con un’allegria degna più del Pendino che di Pechino. Dietro le lenti gli occhi a mandorla somigliavano alle due dita inneggianti alla vittoria. E con lei s’è scatenato tutto il gruppo multietnico seduto davanti agli schermi di piazza Miraglia, offerti dalla Caffetteria e dal Bar di Rudy («Come Krol» chiosa il titolare), e bersagliato dalle digitaline dei turisti ai quali non pareva vero di portare a casa una fetta così folcloristica della città. Una trentina i tifosi: magliette del Matador (due amici cingalesi), sciarpe e cappelli, panini da addentare, birre da scolare, caffè per tirarsi su. La pioggia battente dell’Estremo Oriente non raffreddava gli animi e sembrava uno sberleffo nella canicola spietata di via Tribunali.
La città era vuota, come da copione per il weekend di Ferragosto. Chi ha potuto è andato al mare o è rimasto a casa incollato davanti al televisore, magari con l’aria condizionata o il ventilatore a palla. Così quest’angolo dei Decumani era uno dei pochi punti azzurri della Napoli pallonara. Per strada i rari passanti inseguivano le strisce ombra alle radici dei palazzi e con un orecchio provavano a captare che cosa stesse accadendo in Cina. Piazza Capuana ci ha accolto con il secondo gol di Pandev, l’esplosione di un fumogeno spaccatimpani e il fracasso dei clienti della pizzeria all’angolo. Sarà l’ultimo fragore prima del diluvio. Una Napoli irreale e scontraffatta, dopo.
Gli ultrà del «No Pechino, No Tv», NoTav senza vocale (senza ideologie raffrontabili, comunque), si sono radunati, come annunciato da tempo, fuori al San Paolo, davanti alla Curva B. Saranno stati un centinaio: bandiere, t-shirt nere, tatuaggi e atteggiamento ostentatamente aggressivo. Un amplificatore collegato alla radiocronaca. Tv no, radio sì. Come ai tempi di «Tutto il calcio minuto per minuto». La protesta contro la scelta di portare lontano migliaia di chilometri la sfida più sfida del tifo partenopeo non è andata giù da subito alle frange estreme e violente. Hanno tappezzato la città con scritte di boicottaggio. E ieri non volevano spettatori. Fotografi e giornalisti alla larga, mentre tiravano fuori dalle bagnarole con le stecche di ghiaccio birre a raffica. Un rito propiziatorio che purtroppo non ha funzionato, visto l’esito della trasferta più lunga e sofferta della storia azzurra.
La radio è venuta utilissima a chi per rinfrescarsi aveva scelto Mappatella Beach, oppure uno dei lidi di Posillipo. Ma ormai spuntano sempre più numerosi iPhone e tablet. Il Lungomare, poi, era davvero liberato. Alle tre del pomeriggio pizzeria, bar e ristoranti erano semivuoti o chiusi. E se dentro avevano un televisore sintonizzato sulla Cina erano in pochi a lanciare uno sguardo, ormai. Per come stava andando, meglio non fasi andare il boccone di traverso. Qua e là, per strade roventi, nel deserto d’asfalto, si incocciavano le solite bancarelle di bandiere, sciarpe e cappellini. Niente di nuovo, comunque. Nessun capo camp prodotto apposta per la Supercoppa. Avevano ritirato le magliette di Lavezzi e riciclavano le solite sciarpe che sbeffeggiano la Juve, con spreco di ingiurie. Evidentemente era un presagio.
Città vuota, ma spiagge piene. E così tra penisola sorrentina, Ischia e Capri il rifugio calcistico era nel fresco dei bar, per esultare e poi dannarsi. Al Lido Fusaro della Spiaggia Roma di Bacoli, si sono stretti nel sala semicircolare dello stabilimento per non perdersi un minuto della sfida. Il mare poteva attendere. E, dopo, per come è andata, un tuffo e si raffredda la rabbia. Ché quella si sfoga in Rete, ormai, nei social network, le nuove agorà della tribuna sportiva, dove amicizie collaudate possono incrinarsi pericolosamente. L’arbitraggio è stato il fulcro di tutte le polemiche. Per i tifosi napoletani è andata in scena l’ennesima vittoria pezzotta. A Mazzoleni le orecchie fischiaranno almeno fino all’inizio del campionato. «Non è stata una partita, ma un agguato», hanno imprecato. «Diciassette contro nove, è facile» (sommando gli arbitri alla Juve e sottraendo gli espulsi al Napoli), «Azzurri, cornuti e Mazzoleni». La festa annozza, si blocca in gola, come rancore preso a morsi.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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