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Dall’Austria, Inler: “Napoli vive per il calcio, qui mi trovo benissimo”

Il centrocampista azzurro Gökhan Inler ha rilasciato un’ intervista al portale austriaco Der Standard toccando molti aspetti della sua vita professionale e umana: il rapporto con la Città e i tifosi, i suoi gusti, la scelta per la nazionale elvetica. IamNaples.it la offre, nella sua versione integrale, ai suoi lettori:

Gökhan quando eri ancora all’Udinese segnasti un fantastico gol proprio contro il Napoli eppure non esultasti, perché?
Questo è un segreto che rimane mio. Lo dissi all’epoca e lo ribadisco ora.
Intanto i napoletani presero molto bene questo tuo comportamento
Sì, pensarono che il passaggio in azzurro fosse nell’aria. Intanto all’epoca nulla ancora era stato deciso.
Anche prima del trasferimento non hai mai nascosto le tue simpatie per Napoli. Da dove viene questo feeling con la Città?
Conosco molti napoletani e posso dire che sono un po‘ come i turchi. La gente qui fa di tutto per il calcio, la Città vive per la squadra, ecco perché mi sono subito trovato bene.
Qual’è stata la molla che ti ha fatto decidere in favore del trasferimento a Napoli?
Diciamo che è un po‘ come per una donna: se vuoi conquistarla devi lottare e la società si è molto adoperata per portarmi in azzurro. L’allenatore ed il presidente mi hanno voluto a tutti i costi, ecco il motivo per il quale ho scelto Napoli.
Sei conosciuto come persona molto tranquilla, eppure Napoli è tutt’altro che tranquilla. Come si conciliano le due cose?
Napoli è una Città fantasticamente viva e vivace. In confronto a Udine o alla Svizzera la differenza è enorme. Napoli vive con intensità e dinamismo ogni minuto, ma per me non ci sono problemi per questo, so benissimo come adattarmi.
E perché proprio l’Italia?
L’Italia ha sempre avuto il più bel campionato del mondo. In Svizzera ho vinto tre titoli e volevo fare un ulteriore passo in avanti. Allora ho  scelto l’Udinese, un club molto serio, che dà spazio ai giovani. A Udine ho vissuto un bel periodo ed ho imparato la mentalità italiana. Poi l’estate scorsa ho voluto osare un ulteriore passo in avanti nella mia carriera e, come ho già detto, i dirigenti del Napoli hanno fatto di tutto per portarmi in azzurro, in più la squadra si era qualificata per la fase a gironi della Champions League ed è stato sempre un mio sogno giocare in quella competizione.
La tua presentazione è stata eccezionale, con quella maschera di leone. Come è venuta questa idea?
È stata spontanea. Avevo appena finito di fare le visite mediche e nel frattempo il presidente stava pensando a come potermi presentare in modo originale. D’improvviso eccolo con quella maschera e mi ha detto: “Ecco, così”. Lo voleva assolutamente. Io non sono certo il tipo per questo genere di cose ma lui era così entusiasta dell’idea che non ho potuto rifiutare.
Il centro di Castelvolturno è molto fuori mano ma anche ben sorvegliato. Intanto proprio fuori ai cancelli della sede ci sono una ventina di tifosi e sulla strada anche di più. Riesci ad ottenere la tua tranquillità in tutto questo?
Vivo fuori Città, perché mi piace stare più appartato. Non appena noi calciatori usciamo veniamo subito accerchiati dai tifosi. I calciatori qui sono delle vere e proprie stelle, ma intanto mi trovo bene anche con queste aspettative molto alte. Se faccio bene il mio lavoro i tifosi sono contenti e ho un buon rapporto con loro anche fuori del terreno di gioco.
Alla fine degli allenamenti i calciatori vanno via e non si fermano con i tifosi. Perché questo? Altrimenti dovrebbero firmare autografi tutto il giorno?
Mi piacerebbe firmare autografi a tutti, ad uno ad uno, ma per via della folla che si crea non basterebbero due, che dico, tre ore! Con 10 o 20 tifosi si può fare ma con 100 o 200 non si può. Invece mi piace interagire coi tifosi grazie al mio sito internet o su Facebook, intanto pure lì non mi riesce di rispondere a tutti. Spero che i tifosi capiscano che è difficile accontentare tutti.
E ti servi di uno staff?
Sì ho il mio Management, la FPA Fairplay Agency, che si occupa davvero di tutto.
E riesci ad uscire per la Città, a mangiare liberamente con tutto questo calore dei tifosi?
È molto difficile quando i tifosi ti accerchiano. In più sono anche una persona riservata. Quando mi capita di uscire organizzo tutto, così non mi trovo in mezzo alla calca.
E anche nella vita privata ti devi “mascherare“?
(Ridendo) I tifosi mi riconoscerebbero comunque.
In Città quali sono i luoghi che ti piacciono di più?
Il Vesuvio. Lì tutta Napoli è ai miei piedi e la vista è fantastica con Pompei da un lato e la Città dall’altro. Poi anche la Reggia di Caserta mi piace tanto. A Napoli e dintorni trovi sempre qualcosa che ti stupisce.
Napoli non è solamente bella, ma anche difficile come Città – la situazione sociale, la criminalità organizzata. Come vivi questo?
Lo vivo poco, perché in fin dei conti siamo sempre concentrati sul calcio, intanto anche a noi tocca vivere coni vantaggi e gli svantaggi della Città.
I media qui sono spesso a caccia dello scandalo. Avete delle indicazioni da parte dell’ufficio stampa, del tipo: “Non fatevi fotografare, perché la persona con la quale vi fate fotografare può appartenere alla Camorra?”
È difficile da controllare ma sono ben preparato a fare il mio lavoro e quanto all’Ufficio Stampa ci supporta molto affinchè siamo ben tutelati.
Forse questo è il prezzo da pagare quando si gioca nel Napoli, quello di non poter vivere Napoli come si vorrebbe?
La Città la si può vivere e godere, basta pianificare. E poi ci si abitua. Mi sono ambientato così bene ed inserito nei ritmi ed anche nelle pressioni della Città.
Un bilancio sportivo dello scorso anno?
Per me è stata una stagione molto intensa, ho disputato 56 o 57 partite, incluse quelle della Nazionale. In campionato non abbiamo centrato il piazzamento Champions per pochissimo, ma la vittoria della Coppa Italia ha degnamente concluso la stagione. Personalmente è stato un anno davvero positivo.
Con l‘ FC Zürich hai vinto il campionato svizzero due volte ed ora col Napoli la Coppa Italia. Qual è più importante e cosa è stato festeggiato di più?
Sono stato nella squadra dell‘FC Zürich  che ha vinto il campionato dopo 25 anni. E la stagione successiva siamo riusciti a difenderlo. Anche quello è stato un momento speciale. Ma la vittodia della Coppa Italia con il Napoli è stato qualcosa di davvero speciale! 22 anni dopo l’ Era Maradona di nuovo un trofeo in bacheca, una Coppa da portare in Città! i festeggiamenti sono stati sicuramente maggiori che a Zurigo, anche se non mi piace mettere a paragone i due successi. Quando vinci qualcosa ti rimane per sempre.
Gökhan Inler porta fortuna?
(Ridendo) Quando uno è corretto la fortuna viene automaticamente.
Lo Scudetto quest’anno è possibile?
Non voglio parlare ancora del titolo, dobbiamo soltanto conquistare il nostro Optimum partita dopo partita. Abbiamo una buona squadra, ben rodata e crediamo nelle nostre forze. I conti però si faranno solo alla fine della stagione.
Come si differenzia il gioco qui al fianco di elementi del calibro di Hamsik, Cavani rispetto alla Nazionale dove la grande star sei tu?
A Napoli abbiamo giocatori buoni e conosciuti, è vero. Ma questo non vuol dire che quelli che sono meno conosciuti siano meno importanti. La Nazionale è una squadra giovane, con poca esperienza, ma affamata di vittorie e successi. Con i Rossocrociati sono il capitano della “Nuova Generazione”, il che mi rende anche tanto orgoglioso. Aiuto i giovani ad integrarsi e a sentirsi a loro agio. Adesso iniziano le qualificazioni per Brasile 2014 ed anche noi abbiamo delle chance di qualificazione per la fase finale.
Insomma la Svizzera ce la farà per Brasile 2014?
Se non ce la facessimo sarebbe una grossa delusione.
Hai giocato per la prima volta in Nazionale nel 2006, riflettendo prima se giocare per la nazionale turca. Come mai la decisione a favore della Svizzera e perchè?
Ho giocato per la Turchia nell’Under21, poi non ho avuto più offerte. Poi ho sempre giocato per l’ FC Zürich e l’allora ct die Rossocrociati Jakob Kuhn mi contattò per convincermi a giocare per loro. L’allenatore e la Federazione fecero di tutto per convincermi, ecco perché ho deciso di giocare per la Svizzera.
Veniamo ai tuoi hobby, hai preso lezioni di boxe da Patrizio Oliva, l’Olimpionico. Ti alleni ancora?
Sì Oliva mi allena una volta a settimana, viene apposta per me. Facciamo allenamento tecnico, non fisico: forza, coordinazione e buoni riflessi mi servono sul campo. E poi la boxe non dev’essere una distrazione.
Hai detto che il tuo numero preferito è l‘8. Conosci la storia sul tuo numero di maglia attuale e hai mai pensato di cambiarlo?
Ma dici l‘ 88?
Sì, spesso è stato sottolineato che nel contesto nazista l’88 sia un “Heil Hitler“ in codice. Anche Buffon voleva giocare con l’88 nel 2000, poi a causa di questa querelle ha rinunciato…
Il numero 8 è il mio numero preferito, ma a Napoli, come a Udine, era già occupato. In Italia, inoltre, è permesso il doppio numero, ecco perché ho scelto l’88. Non so proprio perché la gente si fissi sul numero. In Asia l’88 porta fortuna e a Napoli è un formaggio, (il caciocavallo, ndt). Per me è semplicemente un numero come un altro.
Se dovessi essere squalificato, guarderesti la partita dalla tribuna? Anche con l‘FC Zürich eri un idolo della Curva. Qui sarebbe possibile? Oppure la questione non si pone proprio perché non sei squalificato?
(Ridendo) Proprio questo volevo dire: spero di giocare sempre. Se qualche volta dovessi mancare, ci penserò. A Udine l’ho fatto una volta. Qui non sono sicuro… (si volta verso Paolo Siravo dell’Ufficio Stampa) Avete visitato le Curve quando erano chiuse?
Paolo Siravo: sì.
Inler: Nella Curva, cioè tra i tifosi?
Siravo: Sì.
Inler: Giocatori del Napoli? E chi?
Siravo: Solo alcuni.
Inler: Maradona?
Siravo: No, Maradona non è mai andato in Curva. Ma ce ne sono stati altri, Grava ad esempio
Inler: Allora c‘è stata la solita ressa.
Siravo: No, i Capi della Curva hanno saputo far da schermo.
Inler:  Forse per te, ma sicuramente farebbero passare anche gli altri.

Fonte:  Der Standard.at

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La Redazione

Traduzione e adattamento a cura di Maria Villani

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