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De Sanctis e Handanovic – Una sfida nella sfida

La sfida «impassibile» è in quelle mani da giganti buoni, in quei capolavori confezionati in serie, in quella sfida a distanza che parte da una porta ed arriva sino all’altra e fa di Napoli-Udinese un match con i guantoni. L’epicentro d’una notte assai speciale è in quegli undici metri tra le stelle d’un san Paolo a festa, la capolista che arriva sullo slancio della sua effervescenza e Mazzarri che mostra i muscoli per uscire dal cunicolo delle sue ultime due giornate normalissime. Si gioca: ed allora qua le mani e pure le braccia di quei due antirigoristi per eccellenza cresciuti l’uno a fianco all’altro, gli amici contro d’una gara di ciapanò condotta con maestria, un duello tra artificieri sopravvissuti a bomber d’ogni genere e specie.

IL TESTIMONE – Il passato che ritorna è in quella data simbolica che annuncia il passaggio del testimone, in un’eredità consegnata dal destino con largo anticipo il 15 maggio del 2005, quando De Sanctis viene costretto ad arrendersi da un infortunio e concede la sua porta al diciannovenne Samir Handanovic, già un predestinato, la sua ombra, il suo alter ego. L’avvicendamento è scandita dalla clessidra, perché due anni dopo, siamo nel 2007 e De Sanctis è un trentenne che ha annusato l’aria e decide di emigrare in Spagna, forzatamente: Handanovic è già in pista, pronto al decollo.

NUMBER ONE – I luoghi comuni si sprecano ovunque, campi di calcio, e si fa presto a dire che un rigore parato è un rigore sbagliato. Samir Handanovic, dalla stagione scorso, è – in materia – il principe dei portieri, il numer one per antonomasia nello stregare i rigoristi, un mago o un esorcista, fate come vi pare, quasi un alieno, capace di stordire o di ipnotizzare Eto’o o Barreto, Di Michele e niente di meno che Hamsik e Cavani, il disperato controtentativo di disorientare lo sloveno messo in atto dal Napoli da un girone all’altro e però sfumato. Handanovic è un diavoletto che a due giornate dalla fine, mentre il cronometro sta per dichiarare finita Udinese-Lazio, resta in piedi e tramortisce Zarate, domandolo con perfidia e strappandogli dal dischetto la qualificazione in Champions.

NUMBER TWO – La risposta partenopea a quello stregone della porta a fianco si chiama Morgan De Sanctis, un ragazzino di trentaquattro anni ringiovanito nella Napoli inseguita da fanciullo e condotta per mano – of course – nella sua escalation verso l’Europa pure cancellando rigoristi di fama come Miccoli e Lucarelli o come Totò Di Natale che al «Friuli» trovò però la freddezza per ribadire in porta la respinta dell’estremo difensore.

BOTTA E RISPOSTA – Ma le prodezze non hanno confine e questo campionato ancora esente da prodigi ha appendici all’estero, alla Champions o alle qualificazioni europee, che consentono a De Sanctis e ad Handanovic di tenersi allenati, di mostrare la loro completezza e la loro esperienza internazionale. Il primo fotogramma è in Slovenia-Serbia: sul dischetto, Krasic ha il pallone che può condurre la sua nazionale in Polonia ed Ucraina, ma di fronte c’è una sbarra umana che vieta il passaggio. Di nuovo Handanovic, a modo suo. Stadio san Paolo, Napoli-Bayern è un pezzettino della storia calcistica partenopea che Morgan De Sanctis va a tutelare da un’ingiustizia strapazzando Gomez. In quegli undici metri sotto al cielo, si gioca una partita a quattro mani.  

La Redazione  

A.S.  

Fonte: Corriere dello Sport

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