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Ecco l’asso Vargas, che festa

Le prime dichiarazioni del cileno:

 «Ho imparato qualche parola di italiano, ma… ho paura di fare di confusione». Eduardo Vargas si scioglie e abbozza un sorriso. Dai tifosi azzurri, quasi un centinaio, uno scoppio di applausi e di gioia. Sono da poco passate le 19,40 quando lo vedono uscire dal gate arrivi internazionali dell’aeroporto di Roma. «Sono pieno di felicità, Napoli è già nel mio cuore» dice battendo la mano sul petto. Non riesce a parlare. Forse vorrebbe, ma la ressa è incredibile. Indossa un cappello nero. Come il giubbotto di pelle che porta sulla maglietta. La stessa con cui si è imbarcato quasi venti ore prima da Santiago sul volo dell’Iberia. I jeans strappati, con toppe azzurre all’altezza delle ginocchia, tradiscono la giovane età, come le cuffie per la musica. In fondo, il nuovo idolo di Napoli ha appena 22 anni. E si vede.
L’aeroporto di Fiumicino è assediato di telecamere provenienti da tutta Italia e da tifosi. Tanti, che spuntano d’improvviso alla vista del cileno che tanto somiglia a Marcelo Salas. «Non posso parlare» abbozza mentre viene scortato da tre finanzieri che lo hanno prelevato nella zona ritiro bagagli. Solo sul volo «Ib 3678» partito da Madrid ha deciso che avrebbe trovato il coraggio di dire le prime frasi. «Spero di fare bene, molto bene a Napoli». A fatica raggiunge poi le scale mobili che devono portarlo all’auto del club. Non ci sono salette apparecchiate per una conferenza stampa: la prima pausa dopo il lungo volo sarà in un autogrill dell’autostrada del Sole, poco dopo le 20, per il primo caffè italiano. Il procuratore Cristian Ogalde gli è accanto, con il fratello Camilo. Poi arriva anche un amico. Edu fa il segno delle mani giunte per ringraziare la folla di giornalisti e tifosi. Trattiene il respiro, quasi singhiozza per l’emozione. Monica Scozzafava, il capo dell’ufficio stampa azzurro, gli posa la mano sul braccio destro e lo sospinge verso l’uscita. Uno dei finanzieri, invece, sul braccio sinistro. È circondato: d’affetto napoletano, finalmente.
Dopo un viaggio iniziato alla mezzanotte di mercoledì dall’altra parte dell’emisfero e quattro ore di fuso orario è stanco, stanchissimo. Il primo incontro dura così pochissimi minuti. Se di incontro si può chiamare, meglio parlare di incrocio. Il procuratore parla della soddisfazione e del clamore e ricorda al telefono che il ragazzo nell’ultimo anno ha vinto tutto e che è forte, fortissimo. «Più di Neymar?» «Sei pronto a giocare?» gli urlano. «E con che numero?» Stavolta la joya si morde le labbra e chiude gli occhi. Annuisce soltanto mentre la folla spinge e qualcuno cade. L’addetto stampa lo accompagna con delicatezza, quasi proteggendolo dall’assalto dei tifosi. Domande? Certo. Tutti aspettano di sentire parlare solo lui. Ma Edu, con educazione, si sottrae, rinviando all’appuntamento ufficiale, quando al suo fianco ci sarà anche il patron De Laurentiis.
Il gruppetto raggiunge a fatica l’auto scura del club azzurro. E lui ripete in continuazione: «Grazie, grazie, grazie a tutti per l’affetto. Se me l’aspettavo? No». Tutti lo invocano mentre si accomoda nel suv: Dai Eduardo, dici qualcosa. Vargas sorride e, dopo aver dato un ultimo sorso a una bottiglietta d’acqua passata dal manager, abbassa il finestrino e si fa consegnare la maglia della sua nuova squadra, una «vecchia» in versione bianca. È di un gruppo di napoletani che da anni vive ad Aprilia e il primo autografo «italiano» di Turboman è per loro.
Adesso deve riposare. La cosa piu importante è recuperare in fretta. È stanco. «Ci vediamo domani» dice Ogalde, il manager tra sorrisi e smorfie. Per un po’ sembra il quadretto di un gruppo frastornato di amici, pare che non sappiano o che non capiscano. Camilo, il fratello 18enne, resta in disparte. Rimane composto, il viso sereno, il lungo cappotto. Il primo abbraccio di Napoli è arrivato per Vargas. Il destino di un ragazzo destinato già a diventare un icona. Fin dal primo giorno.

 

Fonte: Il Mattino

 

La Redazione

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