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Fabio Pisacane e l’esordio in Serie A, le lacrime del terzino che ha superato una grave malattia

"Era una partita che sognavo da tempo, ho mangiato tanta polvere, ma ce l'ho fatta"

L’esordio in serie A, il sogno coltivato fin da bambino da Fabio Pisacane. Lui, “scugnizzo” dei Quartieri Spagnoli, ci era riuscito a farsi notare. Nel 2000 arrivò la grande chiamata, quella del Genoa e del vero scopritore di Fabio, Claudio Onofri. Un sogno che si avverava ad appena 14 anni e via con la fantasia. Serie A, Champions, Nazionale: a quell’età nessuno può porre un limite ai tuoi sogni. Tutto fino a quel maledetto giorno: “Una mattina mi svegliai paralizzato dalla testa ai piedi” – raccontò Pisacane ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Mi fu chiara la gravità della situazione solo quando mi ritrovai in un letto di ospedale. La diagnosi fu terribile: sindrome di Guillain-Barré. Dalla speranza di realizzare il sogno che avevo fin da bambino mi trovai ad affrontare la partita più difficile. In quel momento non pensavo al fatto che forse non avrei più giocato a calcio. Tutti i miei sforzi, le mie speranze erano indirizzate a combattere per un bene più prezioso, la vita”.

Abbiamo girato 5 o 6 specialisti, nessuno ci sapeva dire cosa aveva il bambino, perché a quell’età Fabio era ancora un bambino” – aggiunse il papà, Andrea Pisacane – “Poi arrivò la diagnosi, terribile: sindrome di Guillain-Barré. Il medico mi disse che forse Fabio non sarebbe più tornato a giocare, ma in quel momento era l’ultima cosa che ci interessava”. E invece Fabio ce l’ha fatta. Oggi è arrivato il grande giorno e l’emozione non l’ha tradito fino al post-gara, quando è crollato: “Sono quattro mesi che pensavo notte e giorno a questo momento e ai problemi che ho passato per arrivarci. Non ho mai mollato un secondo”. Poi Fabio si interrompe. Il pianto gli spezza la voce: “Scusate, non ce la faccio”.

Qualche minuto di pausa e poi “Faffolino” torna. “Nell’ultima settimana cercavo di non pensare, ma durante la notte la testa mi portava indietro nel tempo di 10-11 anni. Scene un po’ particolari. Un carico di emozioni che per fortuna sono riuscito a gestire. Era una partita che sognavo da tempo, ho mangiato tanta polvere, ma ce l’ho fatta. Adesso l’importante è mantenere i piedi per terra anche a trent’anni e continuare a lavorare come ho fatto fino ad oggi. Se poi aggiungiamo che abbiamo vinto, non potevo chiedere veramente di più. Ringrazio tutti, a partire dai miei genitori, fino a mia moglie che mi sopporta tutti i giorni e mio figlio che mi dà una grandissima forza. E non mi scordo di Massimo Rastelli, un grande uomo, uno di quelli che mantengono le promesse”.

I primi tre punti? La doppietta di Borriello? Il ritorno di Joao Pedro? No, la storia più bella di Cagliari-Atalanta è quella di Fabio Pisacane, il “fighter” dei rossoblù.

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