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Ferrara da mastino all’epoca Maradona ad allenatore vincente con l’Under 21

Aggiungi qualche tonalità all’azzurro, metti il rosso tra il bianco e il nero. E il gioco è presto fatto. Non ci è voluto poi tanto a rendere un po’ più familiare il blucerchiato a Ciro Ferrara e alla sua tricromatica carriera calcistica. Avversario tignoso ma leale per un ventennio intero, prima con la maglia del Napoli e poi con quella della Juventus, sarà lui a sedere sulla panchina della Sampdoria e a prenderne il comando tecnico con entusiastica responsabilità. Interrompendo dopo due anni il fruttuoso rapporto con l’Italia Under 21, il quarantacinquenne allenatore partenopeo chiude un ciclo avviatissimo per cominciarne un altro sulla buona strada. Un progetto, un piano di crescita affascinante e prestigioso, che la società di Corte Lambruschini ha deciso di affidare nelle sue mani e che il diretto interessato non si è lasciato scappare.
Mani giovani e volenterose, unite a una testa ricca di idee e riccioli castani, che pensava da mister già da quando anticipava il suo uomo con la maglia numero 2 dietro la schiena. Del Napoli di Diego Maradona, Careca e Alemão, della Juve di Marcello Lippi, Vialli e Zidane, Ciro Ferrara era uno dei leader, dei condottieri. Mastino determinato e indomito, difensore battagliero e spesso letale in fatto di sortite offensive. Un vincente, soprattutto, perché, in fondo, nel calcio conta quello.
 500 presenze tonde tonde in Serie A, sette campionati vinti (più uno revocato), una Champions League, un’altra decina di trofei vari e una lunga militanza in Nazionale. Il curriculum del Ferrara calciatore parla chiaro, quello da tecnico sembra ancora tutto da scrivere. Una volta appesi gli scarpini, il cammino era partito sotto la buona stella del maestro Lippi e della sua Italia Mondiale del 2006. Ciro, allora, vestiva i panni di collaboratore tecnico, trait d’union tra lo staff e molti dei suoi ex compagni salutati soltanto qualche mese prima.
  La voglia di camminare con le proprie gambe da Berlino lo riporta a Torino, dove, per tre stagioni, ricopre il ruolo di responsabile del settore giovanile bianconero. Nel frattempo, il richiamo azzurro non viene meno e il ritorno di Lippi sulla panchina della Nazionale gli consente di sdoppiarsi tra club e Federcalcio, almeno fino alla chiamata più sognata, quella della prima squadra. Il 18 maggio 2009, Ferrara subentra a Ranieri alla guida della Juventus, vince le ultime due di campionato, centra l’accoppiata secondo posto-Champions diretta e si guadagna la riconferma.
 La stagione successiva parte sotto i migliori auspici con quattro vittorie consecutive, un gioco sbarazzino e tutti i favori della critica. Ma il discontinuo gruppo juventino, spremuto dagli impegni, non riesce a mantenere né i ritmi né le promesse iniziali. E così le spese – come spesso accade – finisce per farle l’allenatore. Il 29 gennaio 2010, dopo un k.o. con l’Inter, Ferrara viene esonerato, con un bottino di 31 panchine ufficiali, 15 vittorie, 8 pareggi e 11 sconfitte tra campionato, Champions e Coppa Italia. Italia che resta nel suo destino.
 Il 22 ottobre 2010 viene infatti nominato commissario tecnico dell’Under 21, con la quale, in compagnia del suo vice Angelo Peruzzi, dà vita a un ciclo florido e produttivo. Per ridare linfa a una leva fuori dalle Olimpiadi e reputata in crisi da più parti, Ciro punta forte sull’orgoglio e sull’organizzazione, picchia sul desiderio di emergere di ragazzi di categorie inferiori. E ha ragione: sotto la sua ala gli azzurrini collezionano 12 successi, 6 segni “x” e una caduta soltanto, primeggiando nel Gruppo 7 (con vista su Euro 2013 in Israele). Un risultato di tutto rispetto che gli vale un rilancio altrettanto importante. Al Doria, di nuovo in Serie A, per aprire un nuovo corso.
 Fonte: legaseriea.it
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