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Fisco beffato e contratti in nero: 41 club indagati nell’inchiesta “calcio malato”

Capita allo stesso giocatore di cambiare casacca cinque volte in quattro anni, neanche il tempo di ambientarsi con campo e spogliatoio che si fanno di nuovo valigie e presentazioni. Poi capita che accanto al campione, si chiude anche un accordo per uno che a stento giocherà qualche minuto, uno che non entrerà nella storia ma che sembra avere un ruolo su tutti: spostare carte, muovere fatture. Piccoli o grandi retroscena di un’inchiesta che fa rumore, una sorta di calciopoli contabile, che sta scavando sui conti dei principali club societari della serie A, a partire da una domanda: come funzionano le cose, quando viene acquistato un giocatore, specie nei rapporto estero su estero? Come vengono fatti girare i soldi? Chi ci guadagna e chi paga le tasse quando si va all’estero a fare scouting o si organizzano eventi? Associazione per delinquere finalizzata alla evasione fiscale, il blitz ha un carattere nazionale. Oltre cento finanzieri in campo, che bussano alle porte di ben quarantuno società italiane (tutte le squadre di serie A, escluse Cagliari e Bologna), siamo al secondo atto di una vicenda investigativa già nota: quella che vede sotto i riflettori gli agenti dei calciatori, i procuratori sportivi, quelli – per essere chiari – che chiudono il passaggio di un giocatore da una squadra a un’altra. Sono tre al momento gli indagati, si tratta dei procuratori sportivi argentini Ives Alejandro Mazzoni, Adrian Leonardo Rodriguez, ma anche il 41enne Alessandro Moggi. Sotto attenzione, però, ci sono altri procuratori, vale a dire Hidalgo, Battistini, Guastadisegno, Rodella, Gallo, Calleri, Vilarino, Calaiò e Leonardi, che non risultano iscritti nel registro degli indagati, ma che sono comunque al centro degli accertamenti del nucleo di polizia tributaria del colonnello Nicola Altiero. Agli atti la storia di una triangolazione. Quarantuno società, attenzione su oltre cinquanta calciatori, una dozzina di procuratori sportivi (di cui tre formalmente indagati), che storia è questa? Rispetto allo scorso ottobre – quando venne realizzato il primo blitz nelle sedi del calcio Napoli, a proposito dei rapporti di Lavezzi e Mazzoni -, l’inchiesta ha assunto spessore. In sintesi, ecco lo scenario su cui lavorano gli inquirenti: il costo dell’agente, invece di ricadere sul giocatore, diventa un onere del club che assume l’atleta; in un secondo momento, poi, il club riesce a sgravarsi dei costi nei confronti del fisco, con espedienti oggi ritenuti quanto meno sospetti. Al lavoro il pool reati da stadio guidato dal procuratore aggiunto Gianni Melillo, con i pm Antonello Ardituro, Stefano Capuano, Danilo De Simone, Vincenzo Ranieri, ipotesi ad effetto, almeno a leggere le scarne motivazioni della richiesta di acquisizione degli atti. Si indaga per «aggiramento delle regole di tassazione dei contratti, prescelti per sottrarre al fisco ingenti quantità di denaro in relazione a ciascuna operazione di trasferimento di tesserati». Accertamenti dunque sui compensi qualificati come «fringe benefit», anche in relazione ai profili di fiscalità internazionale. Inchiesta di sistema che procede in modo chirurgico, al di là del «così fan tutti» che viene in mente visto il numero dei soggetti coinvolti. Si parte da Mazzoni e Moggi jr e Rodriguez, per pretendere una «completa ricostruzione dei rapporti professionali fra società di calcio e i calciatori cui, direttamente o indirettamente, si riferiscono le attività dei singoli procuratori sportivi»; o meglio la «sottostante attività di intermediazione» condotta prima durante e dopo la permanenza di un calciatore in una determinata società. Ore convulse, quelle di ieri mattina, che si susseguono tra chiarimenti, attestati di fiducia nella magistratura, ma anche di nomi che spuntano dalle richieste di acquisizione atti. Sono per lo più i volti dei clienti dei procuratori sportivi finiti sotto inchiesta, che oggi emergono alla luce delle richieste mirate avanzate dalla Procura. Facile a questo punto fare un focus sulle richieste avanzate dai pm, che riguardano calciatori del calibro Lavezzi, ma anche di Cristian Gabriel Chavez (trasferito dal Napoli al San Lorenzo), Salvatore Aronica (dalla Reggina al Napoli, poi al Palermo), Emanuele Calaiò (rapporti col Siena Calcio), Nicolas Andres Amodio (trasferimento al Portogruaro Summaga), Ignacio David Fideleff (rapporti con il Newell’s Ob, Parma, Makkabi Tel Aviv); Federico Fernandez (Estudiantes e Getafe), Jesus Alberto Datolo (Boca Juniors e Olimpiakos), Gustavo German Denis e Matteo Contini (Atalanta). Ma non è tutto. Seguendo le tracce degli agenti sportivi, la Procura di Napoli chiede di accertare anche la modalità del contratto del calciatore del Milan Antonio Nocerino, quello di Ciro Immobile e Giuseppe Sculli, in uno scenario investigativo destinato ad ampliarsi, che ha riguardato richieste di chiarimenti anche a carico di Mutu, Pellicori, Tacchinardi, Perea, Molinaro, Stellini, Franceschini, Curiale, Danti, Innocenti, Bogdani, Liverani, Sforzini, Cozza, De Rose, Tavano, Paletta, D’Agostino, Scarlato, Statella, Stendardo, Davì, Acosta, Paniagua, Cassetti, Jankulovski, Stankevicius, Oddo, Contini, Paro, Graffiedi, Dorlan, Arcari, Arce, Legrottaglie, Mora, Amodio, Fontanello, Foggia, Bryan, Battaglia, Botta, Guzman e Campagnaro. Giornata convulsa, dunque, a caccia di clausole contrattuali e scritture private, di fatture, bonifici ed estratti conto, anche se dalla richiesta inoltrata dalla Procura alle 41 società sembra evidente la volontà di condurre accertamenti «di sistema». E basta seguire il ragionamento degli inquirenti, al di là della prosa asettica di una richiesta di documenti. Sotto i riflettori finiscono così anche le attività di «scouting», l’organizzazione di eventi, la gestione dei diritti di immagine. La domanda, in questa nuova estate napoletana di inchieste sul mondo del pallone, è sempre la stessa: che fatture vengono staccate quando si va a fare «scouting» in America latina? E come vengono versate le tasse? E chi si arricchisce sui diritti di immagine o sulla pubblicità?

Fonte: Il Mattino

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