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Gianfranco Zola: “Guardiola è il mio modello e Scala è un maestro”

Per l'ex attaccante sardo allenare a Londra è un grande vantaggio

La prima regola del calcio di Zola è semplice: osare. «Non bisogna avere paura di cambiare, di provare cose nuove, anche a costo di perdere» , spiega il tecnico del Watford. Che ieri si è confessato ai giornalisti di mezza Europa aprendo il suo spogliatoio, luogo sacro per eccellenza nel mondo della pedata. L’occasione era l’evento di presentazione di “Football Manager 2013”, videogioco che è main sponsor della società acquistata in estate dalla famiglia Pozzo.

CUORE E CORAGGIO – Un incontro insolito, tra due mondi che «a volte collidono perché ci sono opinioni da esprimere che spesso non coincidono, ma questo è umano», spiega. Una volta Alex Ferguson disse di lui: «Del calcio di Zola mi piace il suo sorriso». Vero, al centro di tutto l’ex fantasista azzurro mette cuore e coraggio, ma soprattutto le persone. «Come allenatore, la mia filosofia è questa: cosa posso fare per far rendere al meglio i miei calciatori? Glielo chiedo e attendo sempre risposte da parte loro. Il calciatore è un essere umano, quando questi ragazzi vanno sul campo mica sono tutti come Messi, vivono di insicurezze. Credo che con la fiducia possano dare di più e anche imparare di più. Credo anche che non sia opportuno dare tante informazioni insieme, devono crescere facendo un passo alla volta. Soprattutto, devi insegnare loro il tuo modo di vedere il calcio». La sua idea di calcio è nata sul campo, a Napoli, alla corte di Diego. Ma prima ancora a Parma, «dove c’era Scala che mi ha insegnato a giocare un 4-4-2 che era molto bello da vedere. E poi, certo, tra gli allenatori che mi piacciono c’è Guardiola, ma credo che in tanti siano ispirati da lui per le cose che ha fatto vedere a Barcellona». 
PROGETTO – A Watford vuole portare la sua idea di calcio, nonostante le difficoltà di una cessione societaria maturata in estate e di un progetto tecnico partito di conseguenza in ritardo. «Sono arrivato da poco, ho chiesto di cambiare mentalità, non bisogna tornare sulle vecchie soluzioni al primo ostacolo. Il calcio inglese non credo sia povero tecnicamente, il problema è che i calciatori inglesi sono abituati a giocare in un solo modo e non vogliono cambiare. Eppure, ci sono tanti modi diversi per poter impostare e vincere una partita… In ogni caso il campionato inglese diventa sempre più ricco: ci sono sia giocatori che manager stranieri, si iniziano a vedere molte più opzioni». 
Fonte: Corriere dello Sport
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