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Hamsik, effetto Olimpico

Contro la squadra di Petkovic lo slovacco vuole confermare il suo momento di forma

Strike: perché il calcio, in versione goleador, di Marek Hamsik va dall’Atalanta all’Udinese, senza esclusione di colpi, segnando a raffica e mettendoci il piedino o la cresta e comunque la materia grigia. Bingo: perché in cinque anni e qualche spicciolo, in quella sontuosa cavalcata che l’ha trascinato tra le star, dall’Atalanta all’Udinese c’è la serie A tutta compresa, una mattanza avviata silenziosamente e poi esplosa fragorosamente e infine completata con il Catania, l’ultima «vittima» per completare l’appello. Si scrive Hamsik e poi si rilegge tutto d’un fiato quel capolavoro che nasce nel settembre del 2007 a Marassi, ma che all’Olimpico produce una serie di capitoli da applausi, l’essenza pura del fuoriclasse che «sente» uno stadio e se ne impossessa dall’alto d’una genialità indiscutibile, peraltro sottolineata da quel palcoscenico mozzafiato, stupito con traccianti sensazionali, con veroniche e incursioni che sanno di blitz, con soluzioni balistiche da lasciar senza parole.

«CASA» SUA – Un gol alla Roma e poi un altro ancora ai giallorossi, uno alla Lazio e poi uno alla Juventus nella finale di coppa Italia: in cinque stagioni, quattro volte Hamsik, per sottolineare che l’Olimpico è fonte d’ispirazione con l’erba ch’è sempre più verde, che esistono luoghi incantati, fatati, in cui l’energia sgorga gioiosa. Hamsik è il calcio in versi declamato in ogni zona del campo ed a qualsiasi latitudine: ma Roma ha la magìa incontrollabile ed ingovernabile che ne sublima il talento ed un fluido che ne esalta l’intuito da bomber.
CHE GOL – Si gioca e i replay riproducono l’Hamsik della Capitale in versione sensazionale, un mezzo cucchiaio che nel 2010, su assist di Quagliarella, strega chiunque, lo slovacco compreso, sorpreso nell’esultanza ad agitare la manina per caratterizzare quel gesto sublime: «Mamma mia, che gol». E’ sempre l’ora e mezza di Marekiaro, al Foro Italico e dintorni: lo è per alzare al cielo la coppa Italia che lo manda in estasi o per regalarsi qualche gemma utile per completare l’opera di approdare alla Champions; lo è per calarsi in un’atmosfera regale o per concedersi un destraccio in un 4-4 a dir poco rocambolesco nella sua prima annata partenopea.
«SONO FELICE» – E poi esiste l’opinione (sua personale) separata dai fatti, la scelta di vita di resistere ad oltranza alle lusinghe del mercato, la firma su un contratto che zittisce qualsiasi illazione («io qua sono felice e lo è anche la mia famiglia») e che spinge persino Mino Raiola ad intravedere orizzonti sempre azzurri per quell’Hamsik così fuori dai tempi: «Io credo che lui non lascerà mai Napoli: conosco molto bene Marek, lui è diverso da tantissimi calciatori. Si è affezionato alla città, alla società, ed è legatissimo al presidente De Laurentiis. Penso che da qui non si muoverà». 
DA RECORD – E poi Hamsik è tant’altro ancora: è un rendimento costante che l’ha spinto sempre in doppia cifra; è la continua ricerca della perfezione e del miglioramento; è un affamato che insegue sogni; è un goleador sopraffino tra i centrocampisti, il più prolifico, che nella sua prima annata è arrivato a quota dieci, nella seconda, nella terza e nella quinta è atterrata a dodici, nella quarta «addirittura» a tredici: e ora che sta a quota otto – però con la partecipazione attiva all’autorete di Borja Valero – le intenzioni lo conducono ovviamente al di là di quella «barriera» ch’è già stata sormontata sistematicamente e che stavolta vorrebbe superare di slancio, battendo se stesso.
Fonte: Corriere dello Sport
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