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I Porzio, la lezione di sport che viene da Secondigliano

30 luglio 1998, Zagrabia. Uscendo dalla piscina olimpionica Franco e Pino Porzio si guardarono fisso per un attimo, sufficiente a Franco, più grande di Pino di quattordici mesi, per fissare il fratello e fargli un cenno con la testa. Pino rispose con identico cenno.
I «gemelli terribili» della pallanuoto, napoletani nati a Secondigliano, lontano dal mare, periferia già assai popolosa e popolare, avevano appena vinto per la seconda volta la Coppa dei campioni con la calottina del loro circolo, il Posillipo del presidente Cerciello e dell’infaticabile Carlo Postiglione. Un ennesimo trofeo per la sontuosa sala delle coppe del club affacciato sul mare di Mergellina, appena all’inizio delle lunga strada che, ondeggiando,si arrampica dolcemente verso il Capo. Quel cenno d’intesa significava che Franco, classe 1966 e Pino, classe 1967, erano appena usciti per l’ultima volta da una piscina, una decisione legata alla loro scommessa: vinciamo e poi basta, insisteremo su altre strade, diverse ma che avevano tracciato parlando e riparlando di progetti per il loro futuro, diversi ma sempre legati al mondo dell’acqua. Franco aveva già cominciato, ottenendo la gestione di quella che diventerà la piscina dell’Acquachiara.
Avevano le stanze piene di medaglie, da quelle di vermeille delle prime vittorie, ancora ragazzini, a quelle d’oro vero. Avevano, insomma, già vinto tutto quello che c’era da vincere, con il Posillipo e con la Nazionale, compreso il magico oro olimpico di Spagna. E avevano il contratto per altri due anni…
Scudetti, Coppa Italia, Coppe dei Campioni, Olimpiadi, Coppa del mondo, Europei. E che altro, ancora? Ci si perde nel ricostruire il Palmares dei «gemelli», come amava chiamarli il mitico Cerciello e anche Mino Cacace, che li aveva amorevolmente presi in consegna quando erano ancora alle medie di Secondigliano, quasi strappandoli alle cure di papà Pasquale e di mamma Giuseppina, a loro volta in combutta.
Papà, gestore con i fratelli della piscina della Mostra d’Oltremare, che li aveva portati bambini a vedere l’acqua per la prima volta e gli strizzava gli occhi per spronarli a buttarsi con la ciambella; mammà che li voleva soltanto coccolare, aspettando Enza, la sorellina adorata. Ma Franco e Pino, cresciuti praticamente in piscina, prima alla Mostra e poi allo Sporting di San Giorgio a Cremano, quando approdarono al Posillipo, dove arriverà anche Cacace, avevano già il temperamento che li ha portati al successo e al Posillipo si mangiavano con gli occhi i campioni e ne rubavano i segreti, Franco quelli degli attaccanti, Pino quelli dei difensori e sempre l’eterno Cacace a fargli da tutore amorevolissimo.
Tredici anni dopo quel cenno d’intesa eccoci con Franco, il mancino tremendo, il sinistro di Dio che allungava il braccio sempre per far centro e non c’era verso di bloccarlo. Con Franco che decise di mollare dopo Zagabria per affermarsi anche come manager, il patron dell’Acquachiara, la squadra arrivata nella massima serie passo dopo passo ed è lì che devono ancora batterla, una squadra costruita per rappresentare a livello agonistico, nella vetrina della pallanuoto nazionale, la società nata nell’impianto di via Marco Rocco di Torrepadula, zona San Rocco-Frullone, area nord, periferia dell’impero, lontano dal mare.
Udite udite, un’eccellenza quell’impianto comunale nel quale il sinistro di Dio, come Pino cavaliere della Repubblica con nomina firmata da Azeglio Ciampi, mise piede nel 1997 e non si scoraggiò al cospetto di tante macerie, monumento di una devastazione lunga tredici anni, quanti ne erano trascorsi dall’anno della sua costruzione, 1984, comune a quella che aveva parimenti aggredito gli altri quattordici impianti costruiti con la 219, la legge post-terremoto.
22 settembre 1997, ecco la data da inserire nel libro delle cose belle di Napoli, è il giorno dell’inaugurazione. lo stesso giorno della nascita di Chiara, la prima figlia di Franco, nata tre anni prima.
Dalle 8,30 alle 22,30 la piscina di Franco è popolata da più di duemila utenti, di età compresa dai tre mesi ai 90 anni. Vengono da tutti i grossi centri dell’area nord e anche dal Vomero e dal centro di Napoli – la metropolitana arriva fino a cento metri dall’impianto-; porte aperte ai disabili, c’è sempre posto per i ragazzi che vogliono allontanarsi dalla strada, attrezzature e tecnici di prim’ordine nei quattro piani della piscina che, con il passare del tempo, è diventato il luogo dell’aggregazione per eccellenza e dove lo spirito di appartenenza, che si avverte soprattutto quando l’Acquachiara dei miracoli è in acqua, si avverte forte.
E Pino? Parlano la stessa lingua, come quando erano bambini a Secondigliano e si intendevano a meraviglia, mai una lite. E filano esemplarmente d’amore e d’accordo anche nei cosiddetti affari. Il feeling Napoli-Recco è proprio inossidabile, che fa se quest’anno le loro squadre sono nello stesso campionato, la partita è un’altra cosa ma dura poco, restano gli sfottò, quelli ci sono sempre stati e non mancheranno mai.
Forse un giorno i «gemelli» potranno ritrovarsi nella loro città. Pino è il plenipotenziario del padrone del Pro Recco, un armatore che può spendere anche più di tre milioni di euro ogni anno per la squadra che ama, vuole essere ricordato dai concittadini per la sua opera di mecenate. Franco è sempre quello delle scommesse difficili che gli piace vincere alla grande, come quando andava in acqua, sempre per vincere, che a vent’anni parlava da dirigente, da allenatore, gestiva una squadra ricca di campioni smaliziati godendo la massima fiducia di Cerciello. Con l’Acquachiara, la struttura prima ancora della squadra, ha già vinto ma tiene in caldo un sogno e, a malincuore, lo rivela: «Un giorno verrà che Pino tornerà a Napoli per allenare l’Acquachiara. Ma, l’impresa della squadra, se ci sarà, non dovrà mai intaccare il lavoro della piscina, non tradirò mai i valori che in piscina, lontano dal mare, sono stati costruiti, primo fra tutti quello dell’aggregazione, del sociale praticato e non soltanto propagandato, radicato sul territorio e vanto del territorio».

 

Fonte: Il Mattino

 

La Redazione

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