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Il Napoli cala il tris, il fantasma del San Mames non s’intravede più

Un, due, tre: e in questi sette giorni che rimescolano la storia (contemporanea) del Napoli, si scorgono i segnali di una rinascita che richiederà ancora tempo per essere completata ma che restituisce al campionato, almeno nell’artimetica, una protagonista. Dal Sassuolo al Torino, passando per lo Slovan Bratislava, c’è tutto un mondo nuovo da scoprire e anche un clima che diviene alleggerito dai tre successi (il primo al san Paolo) e dalla reazione d’una squadra capace di rialzarsi proprio mentre sta scivolando (ancora) in un burrone aggrappandosi all’istinto d’un Insigne d’autore: rete e assist, dopo aver dilapidato e aver avvertito sulla propria pelle i graffi d’una malinconia insopportabile per palloni che una volta….

ELETTROCHOC. Ma pure stavolta c’è una nottata strampalata da fronteggiare e l’avvio l’annuncia immediatamente (10’) nello stacco di testa di Glik che gela il san Paolo fin quando non si capisce che la traiettoria è fuori d’un capello. Il Torino rappresenta il calcio di Ventura con leggerezza, palleggia e sta corto, allarga il campo e poi lo restringe e sa stare in nove dietro la linea del pallone però senza mai rinunciare, cercando le vie centrali per provarci: la palla scoperta che Maksimovic (14’) va a governare offre la possibilità di osare, andando a scovare Quagliarella nello spazio e alle spalle dei difensori, e la veronica dello scugnizzo è una rasoiata che annichilisce e che viene «festeggiata» senz’esultanza. E’ 1-0 ed è un elettrochoc, perché il Napoli rischia di sparire. L’assist per Insigne è essenziale e il destro del «monello» del gol prima va a stamparsi sul palo e poi innesca una baraonda in cui il cuore va in tilt. Ci riprova Higuain: lo mura Glick; la riprende el pipita, con porta occupata militarmente, e stavolta ci pensa Maksimovic.

REAZIONE. Il Toro è bello da vedere, il Napoli è compulsivo, però vivo, anche tremendamente monocorde: sente la tensione, la prende (per quel che può) a sportellate, fatica (è chiaro) ma ha il campo e una sequenza di occasioni che tirano in ballo gli dei del calcio. Quando Insigne (32’) arriva di nuovo davanti a Gillet, ci sono le condizioni per amministrare spazio e tempo, ma il belga è un diavolo e nega il pari con un prodigio; quando Inler (38’) carica il destro, la traiettoria pare indirizzata a un incrocio dei pali, ma Gillet ci arriva di nuovo; quando dall’angolo che ne segue (39’), Higuain non rimedia il tap in a tre metri (tre!) dall’1-1, allora i segnali sono confermati.

CHE BOTTA. Per uscire da quell’imbuto è indispensabile darsi innanzitutto ritmo e poi non portar palla e magari sperare anche che il Torino vada sgonfiandosi. Ma la sorte ha anche scelto di suo (8’) e la verticalizzazione sulla catena di destra Callejon-Maggio diviene cross per la capocciata di Michu: traversa, per arricchire la galleria di legni. La psicologia spicciola indurrebbe a credere che il Napoli si stia spezzando, invece quella è la scintilla che Zuniga lancia nel mucchio per accendere Insigne (10’) gigantesco – eh sì – nello stacco sul primo palo. C’è all’improvviso un nuovo Napoli, irrorato da Inler, sostenuto da Callejon, al quale la dea bendata sul «collo pieno» (14’) decide d’opporsi per questioni di centimetri. Ma è diventato monologo, con l’ampiezza che è tinteggiata d’azzurro e il Torino che non sa più uscire (dentro Gazzi e Molinaro, per aver gamba, Darmian che scivola a destra e l’Europa League che si sente), viene compresso da un Napoli che s’è preso il san Paolo con Insigne (21’) e lo domina leggendo le giocate: la parabola a cercare Callejon al di là di Molinaro è degna del talento sinora ingabbiato ed il bomber spagnolo, sporcando la battuta che picchia sull’erba, la capovolge. Ma per scappare via da quel tunnel, servono uomini temprati alla sofferenza: Rafael (90’) smanaccia il perfido destro di Gazzi, Zuniga – in un mischione – fa lo stesso con un pallone vagante: lunga è la via, ma un tragitto è andato e il fantasma del san Mamés non s’intravede più.
Fonte: Corriere dello Sport

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