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Il Napoli corre, suda…scherza. E il preparatore sentenzia: “Meglio dell’estate scorsa”

Acqua, acqua: dar da bere agli assetati, stesi stecchiti nei pressi del torrente Meledrio (un miraggio), e però distanti dalle borracce e dalla rinascita, con la polvere dei sentieri verso Corciano che fa bruciare gli occhi e la fatica per un tour de force che fa vacillare i muscoli e qualsiasi altra certezza. Benvenuti a Dimaro, che alle cinque de la tarde equivale praticamente all’inferno, una corrida (per fortuna) senza toro che sgretola e inaridisce; pardon, disidrata, spingendo all’invocazione di massa quando ormai s’è consumato quel tormento tra i tornanti. «Acqua, acqua» e quel sorso dalla prima bottiglietta che capita a tiro è l’ancora di salvezza in cui lasciare affogare i cattivi pensieri di un istante prima, quando la conta dei chilometri percorsi ad andatura sostenuta nella “tripla” da dieci, dodici e quattordici minuti si smarrisce tra i sentieri montuosi del bosco che trascina il Napoli verso Corciano, stavolta indiscutibilmente sinonimo di disperazione.

SORRIDETE C’E’ TOTO’– Il bello dovrà pure arrivare ma il tempo delle partitelle è limitatissimo e ora che il ritiro sta entrando nel vivo, serve ossigeno da consegnare ai polmoni che andrà raccattato in quel sentiero che sottolinea le capacità atletiche d’un Dossena evidentemente rodato dalle perfomance da provetto ciclista regalatesi in mattinata, alle otto e quarantacinque, quando c’è l’adunata e il fluidificante decide di presentarsi in mountain bike, tanto per non negarsi nulla. «Correre, correre, correre sempre»: Giuseppe Pondrelli non fa sconti, come sua “ottima” abitudine, ed il cronometro impugnato in una mano ha l’aspetto d’una frusta, schivata con ironia da Totò Aronica, capofila (momentaneo) che la butta sempre sulla battuta: «Ahò, sto davanti perché siamo in discesa». Ma la strada è lunga e siamo appena all’inizio delle “torture” del prof che ha le ripetute nel sangue e in quel ruolo da “ufficiale e gentiluomo” riesce persino più umano del sergente Foley, perché si limita semplicemente a sbirciare e ad annotare, a registrare e poi a commentare laconicamente: «Ho trovato i ragazzi in ottime condizioni, devo dire che stanno addirittura meglio dell’estate scorsa».
LA BEFFA– L’”eccezionalità” è un desiderio pio che si spegne quando è chiaro che stavolta gli esperti della Valle del Sole non ci hanno preso e che la pioggerellina – o anche la pioggerellona – annunciata per il tardo pomeriggio, proprio nel momento in cui sarebbe stata utile per rigenerarsi, resta una “terribile” illusione colta dagli sguardi – distanti – di chi è lì per osservare con curiosità e sintetizzare con divertente perfidia ch’è un momentaccio, mentre l’acido lattico travolge il plotone sfilacciato come nelle maratone autentiche. «Arò fa caldo». E sì che fa caldo, ventinove gradi all’ombra di se stessi, con il cervello che resiste e le gambe che s’irrigidiscono: ma chi l’ha mai detto che il football sarebbe bellissimo, se non ci fossero le partite?
MA E’ GOL– Il calcio, di questi tempi, è un derivato, un distillato o come diavolo piace a voi; però riesce a rappresentare un’emozione, a leggere tra le pieghe comunque didattiche d’un match in famiglia, “arancio contro blu”, scenari chissà quanto probabili per l’anno che verrà. Mazzarri fa lo psicologo e prima di costringere la ciurma a quegli straordinari su e giù per le impervie stradine elette e percorso devastante, concede lo zuccherino d’una ventina di minuti a campo ridotto: gol di Dezi ed è uno a zero, prima che si scatenino Insigne ed Hamsik, l’accoppiata vincente della rimonta e di un 4-1 che un diversivo. Perché il triplice fischio stavolta è semplicemente l’inizio della fine: «Diiiii….cooorsaaaa». E meno male che ci sono gli abeti, gli unici ad aver “compassione”. Ma quando viene Natale?
Fonte: Corriere dello Sport
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