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Inter, Godin attacca: “Ci hanno esposto fino a quando la situazione non è diventata insostenibile, ora è dura”

Duro attacco del difensore

Ai microfoni di Espn ha parlato cosi il difensore dell’Inter Diego Godin:

“Siamo rimasti esposti fino all’ultimo momento: hanno continuato a tirare la corda per vedere se potessimo continuare a giocare, fino a quando la situazione non è diventata insostenibile. E oggi stiamo vivendo un momento difficile. Il sistema sanitario è crollato, non ci sono letti di terapia intensiva per occuparsi di così tante persone gravemente malate e di altre che potrebbero avere un’altra malattia che non riescono a curare. Non ci sono così tanti dottori professionisti, è una situazione molto difficile” ha spiegato il centrale uruguaiano, che ha poi spostato l’attenzione sul mondo del calcio: “La squadra ha continuato ad allenarsi normalmente, anche giocando a porte chiuse. Proprio l’8 marzo, l’Inter ha giocato la sua ultima partita contro la Juventus, una squadra che entro cinque giorni avrebbe confermato il primo positivo per il Coronavirus, Daniele Rugani. A quel punto noi e i giocatori della Juventus siamo stati messi in quarantena. Lì il campionato si è fermato, ma prima si è continuato a giocare a porte chiuse. Sicuramente in quella partita c’erano altri giocatori potenzialmente infettati, quindi hanno messo direttamente in quarantena tutti noi”.

“Sono stati e sono giorni difficili. Il mister e il suo staff ti chiamano e ti danno il lavoro da fare, ma è difficile per chi vive in appartamento. Si fa quel che si può con voglia, ma è complicato stare tutti i giorni a casa e ripetere gli stessi esercizi in poco spazio. E poi c’è l’aspetto del cibo, devi mantenere una linea”.

Sulla possibile ripresa del campionato, Godin non si scompone: “Non sappiamo se e quando si tornerà a giocare: torneremo ad allenarci, ma è difficile prevedere quando gli stadi potranno contenere ancora 50/60/70mila persone. È veramente complicato. È come se fosse una mini-stagione, ormai siamo a casa da un mese senza toccare il pallone. È come se fosse una vacanza, come succede a giugno-luglio. Se dovessimo tornare a giocare, dovremo farlo intensamente e ogni due-tre giorni. Ma non so cosa potrà succedere”.

 

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