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L’amarcord di Marino: “Così ho ricostruito il Napoli. Hamsik è da Pallone d’Oro”

Le luci soffuse d’un albergo, il vuoto pneumatico dell’incertezza, la malinconia d’una precarietà racchiusa dinnanzi allo spartiacque dell’esistenza: di là gli scudetti e Maradona e la belle epoque d’un settennato unico e chissà quanto riproducibile, ma di qua il nulla del fallimento, la tabula rasa ritrovata tra le mani mai incerte che afferrano il Napoli e lo rimettono in vita. Nove anni eppure sembra ieri, mentre tra i resti della storia (calcistica) Dalla C all’Europa nessuno mi imiterà: questo club non avrà più giorni cupi che sa di macerie a Paestum sta per rinascere una stella: e ciò che resta di quei tramonti, è il romanzone che Pierpaolo Marino rilegge in quella palla di cuoio che danza con la memoria prima di Napoli-Atalanta. Molto più d’una partita, un amarcord.
E venne il giorno, Marino…
«Che per me equivale a una festa, perché torno tra amici, in uno stadio in cui ho raccolto soddisfazioni indimenticabili. Sarà un’emozione, non un tormento: rivedo gente con la quale ho condiviso momenti straordinari che niente cancellerà».
Ritrova il passato.
«Sensazioni che restano. Sono volate via le stagioni, ma rivivo quegli istanti, li risento. E’ stata un’avventura meravigliosa, la mia scelta di vita: tornare nel club grazie al quale, a trentatré anni, avevo vinto lo scudetto. Poterlo modellare liberamente, seguendo un percorso personale ed al fianco d’un proprietario che in quel momento non aveva conoscenze calcistiche ed al quale sono grato per l’opportunità che mi concesse. Porto con me un primato inavvicinabile: essere riuscito ad affermarmi dalla serie C alla serie A in ogni campionato. Nessun altro potrà riuscirci, perché questa società non conoscerà più giorni cupi».
Il Napoli è cresciuto….
«Ebbi la percezione che sarebbero state bruciate le tappe a Lisbona quando andammo a giocarci la qualificazione in Europa League con una formazione giovanissima, con i Lavezzi, i Gargano, Nel 2004 eravamo senza campo. Oggi il Napoli è la vera rivale della Juve con gli Hamsik e i Vitale, con un’età media superiore solo a quella dell’Udinese. Avevamo visto giusto e il campo sottolineava la bontà di certe decisioni».
Lei ha un debole e lo confessa.
«Sotto il profilo umano, Hamsik è speciale: e non mi sorprende il suo comportamento con il Napoli nelle vicende dei rinnovi. E’ un ragazzo perbene educato a modo da una famiglia straordinaria. Sono cittadini del mondo, li riconosci ovunque per il loro stile. Calcisticamente, invece, sono sei anni che ripeto la stessa frase: Marek vincerà il Pallone d’Oro».
Troppo facile chiederle chi toglierebbe sabato sera, avendone la possibilità, al Napoli…
«In questo caso, proverei a sottrarre tre-quattro calciatori. Ma Hamsik fa tutto, dunque se proprio devo limitarmi….».
Ad agosto 2004….
«Eravamo un club su un pezzo di carta: le altre scendevano in campo, cominciavano la prima di campionato, e noi non avevamo nulla, ci stavamo organizzando, cercavamo rinforzi, un campo. E’ stato un procedimento insolito ma rievocarlo per compiacersi non mi va. Certo è stata una sfida singolare, unica nel suo genere. Che abbiamo vinto. Tutti».
Oggi cos’è il Napoli?
«La vera antagonista per lo scudetto della Juventus. Nella mia griglia sono in prima fila, le altre dietro con il ruolo di outsider. Sarà un duello appassionante, tra due formazioni di spessore».
Cos’è cambiato rispetto ad un anno fa?
«Ora il Napoli, mi complimento con società e Bigon per la gestione del dopo-Cavani, non ha più solo 12-13 titolarissimi. L’organico è equilibrato, se in panchina ci finiscono calciatori del livello di Cannavaro e Pandev vuol dire che si è elevato il livello tecnico complessivo».
Mercato ridondante, in ogni senso.
«Tanto nelle entrate, quanto nelle uscite. Complimenti al presidente, a Bigon: non era facile gestire l’emergenza creata dall’addio di Cavani e la contromossa è stata acquistare Higuain, rivolgersi al Real Madrid ed al Liverpool per rinforzarsi con altri elementi di spessore internazionale. Queste operazioni non sono solo dispendiose ma sono pure complicate».
La dimensione attuale qual è?
«A me sembra una squadra senza limiti: competitiva per qualsiasi appuntamento, sia esso campionato, Champions o Coppa Italia. E, badate, in casi del genere non si sceglie: si va in campo e si gioca, si tenta. Il Napoli può provarci con chiunque».
Quanto c’è di Benitez in questa evoluzione globale?
«Il suo know how è significativo, dà consistenza al progetto. La personalità è evidente e d’altro canto non si conquistano Champions ed Europa League casualmente. Sono curioso di vedere come affronterà gli immancabili momenti difficili che in una città come Napoli vengono vissuti con pressione».
Ne avrà viste di cotte e di crude, Benitez….
«Infatti. E, da spettatore distante, a me il Benitez attuale sembra persino diverso da quello che arrivò all’Inter. Vanno riconosciuti i meriti di Mazzarri di Reja e di chi ha creduto nel progetto Non so se l’ambiente spagnolo abbia contribuito a renderlo più padrone della situazione, ma certo ora è un altro. Mi sembra più sereno».
2004-2009: il grafico ha vari picchi.
«Vanno riconosciuti i meriti di Reja, quelli di Mazzarri, di chi in questo decennio circa ha avuto la capacità di credere ed insistere sul famoso progetto. Fondamentalmente c’è la continuità che rappresenta la forza: ricordo l’anno in cui andai via, nel 2009, sette punti nelle prime sette giornate. Però pure quel Napoli aveva dei valori, tant’è vero che se non avesse perso in casa con il Parma, molto probabilmente sarebbe arrivato in Champions».
Limitarsi ad un duello tra Juventus e Napoli è limitativo, forse…
«Hanno una marcia in più, ma sono incuriosito anche dalla Fiorentina e dalla Roma, le due schegge impazzite dalle quali converrà guardarsi. Hanno i numeri per dar fastidio, hanno idee e identità. Anche se resto convinto che il tandem delle favorite parta in chiaro vantaggio».
L’ultima domanda è da cento milioni di euro: se avesse un ruolo nel Napoli e le dicessero di puntare su un obiettivo?
«In pratica è impossibile: perché significherebbe comunque rinunciare a qualcosa. Ma visto ch’è un gioco, mi sbilancio: nella bacheca del Napoli manca la Champions….».

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

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