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Lanciare i giovani? Non è questione d’obiettivi, ma di linea societaria

Da Fernandez a Vargas, passando per la Primavera: ecco la verità

“Sono sicuro che Fernandez ha giocato molto più di quello che tutti si aspettassero. Voi al posto di chi l’avreste messo? Campagnaro e Cannavaro mi offrono maggiori garanzie. I giovani possono giocare. Io li farei giocare tutti, tuttavia dipende dagli obiettivi: se dobbiamo salvarci faccio giocare i giovani. Se mi si chiede la qualificazione in Europa, allora io faccio giocare chi è pronto. È assurdo perdere una partita e sentirsi criticare per aver fatto questa o l’altra scelta. Anche Hamsik è ancora giovane, Non si può dire che abbiamo perso perchè non lancio i giovani. Ricorderete cosa è successo dopo Chievo. Ci vuole una logica”. Ecco la risposta di Walter Mazzarri allo sfogo del patron dopo la sconfitta contro la Juventus: “Non posso più accettare che ci siano undici titolari ed undici riserve. La squadra è stanca, paga le fatiche della Champions League, abbiamo tanti giovani bravi, è il momento di farli giocare”, così si era espresso De Laurentiis. L’eterno dibattito tra i due radicalizza le posizioni, ma ancora una volta la verità è nel mezzo. E’ giusto sgombrare il campo da tesi che non corrispondono alla verità.
La questione dei giovani non è da attribuire agli obiettivi ma alle strategie societarie. Il calcio è cambiato, ciò che succede fuori dall’Italia ce lo insegna. Conta sempre di più l’aspetto atletico ed è necessario compiere il ricambio generazionale più velocemente del passato, basta vedere cosa succede all‘Inter“I giovani crescono bene quando l’obiettivo è la salvezza tranquilla”, un concetto che non coincide con quanto accade altrove. Il Milan lotta per lo scudetto con il contributo di El Shaarawy e Merkel, la Juventus chiama in causa anche Marrone, la Roma fa esordire Piscitella e Viviani, valorizza un talento come Borini e non ha paura a costruire un progetto sui giovani, dribblando le critiche e totalizzando 47 punti, uno solo in meno del Napoli. Senza la Champions, è vero, ma non lotta per la salvezza.
Il problema è la linea societaria ed il rapporto tra le mosse del presidente e le idee del tecnico. Vargas era un acquisto da compiere teoricamente per Giugno, ma la necessità di anticipare la concorrenza ha portato il Napoli ad anticiparlo per Gennaio. De Laurentiis, non soddisfatto del mercato estivo dei vari Donadel, Santana, Dzemaili, compiuto dall’asse Mazzarri-Bigon, ha aperto i suoi orizzonti in Sudamerica e tramite l’agente del Pocho Mazzoni ed il responsabile del reparto scouting Maurizio Micheli ha piazzato il colpo Vargas, riempiendo, con un investimento di 11 milioni di euro, nel mercato di riparazione un reparto dove il Napoli poteva vantare già grandissima qualità.

Un colpo in prospettiva, è vero, ma la crescita di un giocatore la si può verificare e potenziare se esso viene schierato, non se guarda gli altri dalla panchina.
C’è un problema di unità d’intenti, come dimostrano le parole di Mazzarri, che ammise di non conoscere Vargas. Non era a conoscenza nemmeno delle qualità di Fernandez, Fideleff e Ruiz, come è giusto che sia. La conoscenza sul mercato spetta ai dirigenti, non ai tecnici, però, poi è normale che Mazzarri dia fiducia innanzitutto al gruppo di giocatori costruito secondo le sue idee.

Su Fernandez c’è poi un’altra considerazione importante; l’argentino fu acquistato, convinti di arrivare in Europa League. La Champions è stato un traguardo imprevisto ed imprevedibile”, definizione di Mazzarri nel post-partita allo Juventus Stadium, e probabilmente il tecnico non l’ha ritenuto all’altezza della crescita compiuta. Si sono messi poi gli errori nella sfida contro la Juventus al San Paolo, i dubbi riguardo alla velocità per l’impiego sul centro-destra e l’importanza di Cannavaro al centro del reparto difensivo.
Oltre a ciò che non ha funzionato riguardo all’unità d’intenti nella società, c’è anche un discorso legato alle idee dell’allenatore, che anche ai tempi della Sampdoria soffriva nel conciliare la “coperta corta” ai tanti impegni. Al Napoli è cresciuto insieme alla squadra ed al club, ma mostra ancora segnali di sofferenza nell’affrontare il discorso del turn-over e della gestione delle energie.

Oltre ai giovani acquistati altrove c’è poi l’argomento della crescita dei ragazzi della “scugnizzeria”. Ieri a Frattamaggiore, a seguire Napoli-Bari del Campionato Primavera, c’era in gran segreto Claudio Nitti, lo 007 di Mazzarri, colui che va a studiare le squadre avversarie. L’emergenza in casa Napoli, con le assenze certe di Gargano e Zuniga, le probabili di Maggio e Dossena e Campagnaro in dubbio, ha spinto il tecnico di San Vincenzo a verificare se ci sono elementi che vale la pena aggregare in vista della trasferta di Roma. Saranno sicuramente convocati Ammendola, inserito in lista di Champions ma vicino alla cessione in prestito già a Gennaio (doveva andare al Montichiari, saltò nelle ultime ore del mercato), e Dezi, l'”enfant prodige” lanciato a Dimaro che meriterebbe l’opportunità dell’esordio in Serie A come Lorenzo Insigne e Maiello nelle scorse stagioni. Considerando le caratteristiche del sistema di gioco “mazzarriano” il principale indiziato ad aggregarsi alla trasferta nella Capitale potrebbe essere Palma, centrocampista classe ’94 bravo sia in fase di copertura che d’impostazione ed in continua crescita con il gruppo di Sormani rilanciatosi in zona play-off. Le sue qualità non sono passate inosservate, il suo agente Paolo Palermo ha già ricevuto la chiamata del Fulham. Il calcio cambia, il Napoli si adatti, altrimenti altro che modelli Barcellona o Arsenal,

A cura di Ciro Troise

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