Dov’eravamo rimasti, Pocho? La luce in fondo al tunnel è un colpo di genio che illumina la notte e in quel guizzo da fenomeno c’è la sintesi d’un uomo senza limiti, un talento sconfinato capace di raschiare il fondo d’una lampada d’Aladino e d’inventarsi uno show: Napoli- Milan, 25 ottobre del 2010, il San Paolo è un teatro dell’immenso in cui Ezequiel Lavezzi estrapola dal cilindro il meglio del repertorio, incurante d’aver di fronte Alessandro Nesta, un dio calcistico, e dà fuori da « loco » . Pallonetto inutile, e vabbè, però da mandare a memoria, per scoprire l’effetto che fa quel numero da circo, con Lavezzi seduto letteralmente – in terra e i nemici intorno che si stropicciano gli occhi. L’ultima rete in campionato è una fotografia perennemente nitida, un flash che s’impossessa dell’immaginario collettivo e produce fans a catena ma 355 giorni dopo, la Napoli che si coccola quello scugnizzo un po’ goliardico è una citta in fermento nell’attesa del replay. Un anno, una storia ( comunque) dolcissima, vissuta al netto dello stress da prestazione da un altruista che ha ben chiaro cosa chiedere alla vita: « Per me un assist vale quanto un gol e restar senza segnare non mi crea problemi».
PERO’ IN TRASFERTA – Ma il Lavezzi che non t’aspetti, mai, ha in realtà una doppia vita e la sua astinenza al San Paolo è felicemente occulata dalla prolificità esterna, da un istinto da killer cvhe riemerge – prepotente – altrove a Brescia (tap in nel fango), ad Anfield (scatto secco, poi rasoiata, facendo male al Liverpool) come a Cagliari (settanta metri a velocità folle, prima di travolgere Agazzi con una conclusione fulminante), a Bari, come a Parma (ma guarda un po’, l’avversario di dopodomani) come a Cesena: il pocho ha un’anima errante e questo silenzio prolungato in quello stadio ch’è un po’ il suo santuario, lascia il tempo che trova per una città aggrappata alle veroniche, ai dribbling e alla contraddizioni d’un idolo a cui Mazzarri ha suggerito la soluzione giusta: «E’ un attaccante straordinario che ha ancora ampi margini di milgioramento enormi, soprattutto sotto porta: ha una facilità di calcio con il sinistro come con il destro che a volte lo tradisce, perché gli fa persino dimenticare che lui può permettersi qualsiasi cosa con entrambi i piedi».
SCOCCA L’ORA E MEZZA – Diciassette partite (ma di campionato) rimanendo a bocca asciutta, sfiorando il gol, maledicendo qualche difensore avversario, sbagliando d’un niente o mettendosi al servizio di chiunque altro e, comunque, aspettando l’ora e mezza giusta per sbloccarsi, per rilanciare – a modo suo – una cartolina al campionato, per dimostrare una volta di più che l’uomo c’è anche se non sempre si vede sotto porta, per rilanciare la sua candidatura alla Nazionale e riallacciare rapporti confidenziali con l’euforia. Napoli- Milan rimane distante assai, quasi un’eternità, ma la via Emilia – e sarà un caso – gli ha spesso detto bene, perché l’ultima rete segnata risale alla prima sfida ufficiale della stagione in corso (a Cesena), perché l’ultima esultanza casalinga (in assoluto) è datata 18 gennaio 2011, avversario il Bologna, perché l’anno scorso fu il «Tardini » – e quindi il Parma – a farlo svegliare da un letargo pronunciato. Perché Lavezzi conosce i tempi di recitazione, da consumato attore: è arrivato il momento e quello è il suo palcoscenico.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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