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Lavezzi, l’assente: «A Napoli barricato in casa»

Il Pocho: «Quando gioco faccio felice la gente apprezzo l’affetto della città»

Vacanze finite per il Pocho Lavezzi. Dai ventisei gradi di Buenos Aires ai due previsti per domani a Castelvolturno. L’aereo che lo condurrà in Italia attraverserà continenti e stagioni mentre il Napoli per la ventinovesima volta, in cinque stagioni, giocherà senza di lui una partita di campionato. In diciassette occasioni l’argentino ha saltato una gara in trasferta con quattro vittorie azzurre, cinque pareggi e otto sconfitte (dieci vinte, nove pareggiate e nove perse il conteggio totale). In questa annata la terza defezione dopo la sconfitta subita a Verona con il Chievo e i fuochi d’artificio che hanno chiuso il 2011: 6-1 al Genoa e il Pocho in tribuna. Mancò anche lo scorso anno al Barbera. Era il 23 aprile e il Napoli fu sconfitto 2-1. Numeri, statistiche che poco hanno a che vedere con la partita di stasera il cui esito Lavezzi conoscerà appena metterà piede in Italia.
Dalle spiagge di Punta del Este, in Uruguay, in cui ha potuto godere di una certa tranquillità assieme a Yanina e al figlioletto Thomas, all’affetto talvolta eccessivo dei tifosi napoletani. «Una volta – si è confessato al giornale argentino Olé prima di lasciare l’Argentina – andai in centro per comprare capi di abbigliamento. Per lasciare il negozio ci sono volute tre ore e l’intervento della Polizia con il traffico bloccato. Ne volete altre? Dopo un gol al Milan un ragazzo voleva regalarmi un cavallo da corsa e mi è anche capitato di dover abbandonare il centro di allenamento nel bagagliaio dell’auto. Praticamente vivo chiuso in casa, ma sono certo che in nessun altro posto del mondo esiste un amore del genere».
Un’intervista nella quale Lavezzi ripercorre tutta la sua vita, dall’ infanzia, figlio di genitori separati con problemi finanziari, «Mia mamma ha fatto tanti sforzi per non far mancare nulla a me e ai miei fratelli», al primo stipendio nell’Estudiantes di Buenos Aires, in serie B. Cento pesos anche se «i primi soldi veri li ho guadagnati al Genoa e mia mamma in quel momento non ha avuto più bisogno di lavorare». Vacanze argentine finite, tutto è stato organizzato in funzione del piccol Thomas, il mare, il calcio ma «non voglio che mi imiti, deve trovare le cose che gli piacciono. A questa età è importante divertirsi e fare amicizia con gli altri bambini». Lui lo sa e cerca di regalare ai bimbi della sua fondazione, l’Ansur, «Una scelta. Oggi la realtà della strada è più dura, ma tutti devono sapere che ci sono possibilità differenti». Si torna a Napoli per curare l’elongazione del retto femorale della coscia destra. Infortunio patito nella partita contro la Roma del dicembre scorso. Quattro-cinque settimane di stop. In Argentina si è tenuto in costante contatto con lo staff medico del Napoli e con il dottore De Nicola. Appena a Castelvolturno il primo saluto a Edu Vargas, colui che è considerato un po’ il suo erede.
In una classifica dell’affetto il cileno ha avuto un piccolo assaggio di quello che Napoli riserva ai suoi eroi, ma il primo di questi, Diego Armando Maradona, non si batte. Al quotidiano che gli chiede se Napoli sia la città di Maradona o del Pocho, Lavezzi risponde: «Napoli sarà sempre di Diego, io sono semplicemente un calciatore. Quando gioco faccio felice la gente e apprezzo l’affetto che mi circonda». L’ultimo pensiero è sul Chelsea: «Partita storica. Loro sono forti, ma se siamo in forma, nessuno ci batte».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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