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L’Italia scopre lo splendido Maracanà, nonostante sia ancora in ristrutturazione

Non c’è niente di meno vuoto di uno stadio vuoto. Qui lo sanno bene, in nessun posto come questo, lo sanno bene. E il silenzio dei 200mila che esplose al Maracanà, al gol di Ghiggia, quel 16 luglio 1950, giorno di tragedia nazionale, resta il più straordinario silenzio della storia del calcio che fa ancora rumore più di mezzo secolo dopo. Ma in questo momento lo stadio degli stadi non rimbomba della sua gloria ma del cantiere aperto che lo percorre in tutti i suoi livelli, a poche ore dal via della Confederations Cup. Forse ci vorrebbe un Ottorino Barassi della situazione. All’allora presidente della Federcalcio. Abbiamo visitato l’impianto: è in costruzionei brasiliani debbono molto, non solo per aver salvato la
coppa Rimet dai nazisti, coppa che avrebbero vinto contro l’Italia in Messico ’70, ma perché seguì da delegato Fifa la costruzione dell’impianto. Anche tra il 1948 e il 1950, anno del mondiale brasiliano, i lavori non furono ultimati, ma Italia-Messico domenica si svolgerà tra cavi, escavatori, teloni. Insomma uno scenario precario. Blatter ieri ha provato a scherzare: «Si sta lavorando per giocare domenica….» . Lo spettacolo però è atteso, visto che il 76.804 posti, tutti a sedere, attualmente disponibili saranno tutti occupati.
Certo la magia del Maracanà resta nella sua storia incredibile, dal primo gol di Didì al millesimo di Pelè, ai derby Flu-Fla. La prova generale è stata effettuata, non senza polemiche, il 2 giugno scorso, per Brasile-Inghilterra 2-2. Se l’opera di ristrutturazione architettonica è stata completata all’interno dello stadio, la zona circostante è ancora da risistemare. Costo dell’intervento, che ha abbattuto l’anello inferiore, ha ridotto di quasi un terzo la capienza e costruito una nuova copertura di teflon: ufficialmente 808,4 milioni di reais (pari a 284 milioni di euro), 1.120 miliardi di reais secondo la stampa brasiliana (€ 403.000.000). La favela di Mangueira è ancora lì, sulla collina che guarda lo stadio, con la sua voglia di samba. Il Maracanazinho, il palazzetto coperto che sorge accanto al Maracanà è ancora rimasto fedele a se stesso, con quelle linee architettoniche di metà ‘900, e certi motivi a fiore gigante di cemento. L’ingresso monumentale anche è rimasto intatto, protetto dalle belle arti locali, ma è attualmente coperto da alcuni stand dell’organizzazione. Davanti alla statua dei campioni del mondo si esibisce un anziano palleggiatore. Dentro, sull’area di rigore di sinistra ieri mattina era sistemata una impalcatura con dei fari accesi per far crescere l’erba; per i labirinti interni si respira l’odore della vernice fresca. Il verde del terreno di gioco, i seggiolini gialli, blu e bianchi rimandano ai colori del Brasile ma anche a una modernità un po’ di plastica. Il Museo del calcio, intitolato a Garrincha è chiuso, riaprirà dopo la Confederations. Chissà cosa avrebbe scritto Mario Filho, il Brera brasiliano, a cui, nel 1966 fu intitolato lo stadio. Pensate, il più importante stadio del Brasile dedicato a un giornalista. Maracanà, oltre a essere il fiume, inquinatissimo, che attraversa questa parte di Rio, è parola indigena tupi-guarani con cui si indica una specie di pappagallino. Che deve avere gli stessi colori del calcio di qui.

Fonte: Corrieredellosport.

La Redazione.

D.G.

 

 

 

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