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Mamma e ct: la rivincita di SuperMario

La famiglia adottiva gli ha regalato l’affetto Prandelli lo ha aspettato

Balotelli è quello dei pettorali in faccia ai tedeschi. Quello del bacio a mamma Silvia in tribuna. Quello che zittisce De Rossi. Quello che aspetta papà Franco, a Kiev, per «segnare 4 gol in finale». È SuperMario e basta. «È italiano e basta» come ha detto anche ieri Prandelli. L’Italia di oggi, più che coccolarselo, se lo tiene stretto anche con il suo modo di essere. Non sono i gol a dare un senso al suo Europeo, anche se può far meglio di Gomez, Ronaldo e Dzagoev già a casa. È il suo comportamento in campo che sta facendo la differenza. Perché è stato lui ad andare incontro alla squadra; da sopportato a trascinatore. L’immagine è doppia, come in passato il suo atteggiamento, secondo anche il suo compagno nel City, Milner, prima del match con gli inglesi: «C’è il grande calciatore che può decidere la partita e quello che in allenamento sembra con la testa da un’altra parte».
E giovedì dopo il primo gol Balotelli va incontro a Cassano per ringraziarlo. Dopo il secondo è Marchisio che corre a stringerlo, con De Rossi che quasi si inginocchia. Tre azzurri che, in tempi diversi, lo hanno messo in riga. Cassano è il tutor che 8 anni fa ha vissuto la stessa cosa all’Europeo portoghese dove a proteggerlo pensò Totti. È stato Totò a portarlo da De Rossi, per accelerare il chiarimento dopo le accuse in campo a Kiev. Eppure Cassano avrebbe giocato più volentieri con Di Natale per questione tecnica: è facile capire quando vuole la palla. Con SuperMario non c’è certezza. E Prandelli gli ha fatto capire, escludendolo contro l’Irlanda, di cosa aveva bisogno l’Italia: profondità, scivolamento sull’esterno per allargare la difesa avversaria e di non perdere il pallone quando va incontro ai compagni.
«Ormai è un ometto. Da un pezzo che lo stiamo aspettando». De Rossi è stato il più severo. Balotelli gli rispose prima della sfida con gli inglesi: «Io sono uomo più che Peter Pan». «Mario deve capire che le occasioni stanno per finire» l’avviso di Marchisio. Cassano, invece: «Se viene al Milan come giochiamo? Con il 5-5-5 di Oronzo Canà?» e ha rivelato di non averlo voluto come compagno di stanza. E Motta: «Non è cambiato, mi fa arrabbiare». Invece ora SuperMario si comporta da calciatore. Ha capito quanto gli ha detto Buffon: «Dipende solo da lui. Deve essere libero di sbagliare, a patto che ogni errore diventi esperienza». La carezza del capitano e qualche parola all’orecchio, dopo le due reti.
Già, deve crescere. E la sua crescita è anche in quell’abbraccio alla madre adottiva in prima fila della tribuna. «Per lei ho fatto due gol». Per la donna che ha regalato al campione quell’affetto perduto da bambino. Silvia e papà Franco lo hanno avuto in affido (e adottato al compimento dei 18 anni, perchè è sempre mancato prima il consenso della famiglia originaria) dalla tenerà età dopo che Mario era stato abbandonato dai genitori naturali, i ghanesi Thomas e Rose Barwuah, immigrati a Palermo dove Mario è nato il 12 agosto 1990. Poi il trasferimento a Bagnolo Mella, provincia di Brescia. Un abbandono dovuto a una malformazione dell’intestino del piccolo che richiedeva particolari cure. I Barwuah hanno poi avuto altri due figli, tra cui Enoch, molto legato al fratello e con lui in questi Europei.
Mario così a 2 anni va a vivere a Concesio, Brescia, con i fratelli adottivi Cristina, Corrado e Giovanni. È la sua vera famiglia. Mamma Silvia lo vorrebbe giocatore di basket, ma lui ama il calcio. Primi calci all’oratorio e il girovagare fra Lombardia e Veneto. Viaggia anche con mamma Silvia che nei trasferimenti lo fa studiare. Con il Lumezzane debutta in C1 a quasi 16 anni; quindi l’Inter, l’Inghilterra. Appena può ama tornare nella villetta di Concesio. A 18 anni finalmente la cittadinanza italiana: una liberazione.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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