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Marek, due minuti di terrore: «Napoli però non è questa»

Rapinato. Fuori dallo stadio San Paolo. Pochi minuti dopo la fine dalla partita con la Sampdoria. L’uomo d’oro del Napoli, d’oro come il Rolex che gli hanno portato via minacciandolo con una pistola, è sotto choc. «Pensavo fossero dei tifosi che mi salutavano…». L’idolo della domenica, l’eroe con la cresta punk che fa sognare i tifosi, si è ritrovato in faccia un’arma da fuoco, neppure mezz’ora dopo aver finito di dribblare avversari. Un’altra volta, come era già successo cinque anni fa: «Ma ero convinto che mi avessero riconosciuto e mi stessero cercando di tirare su: era appena finita la partita… poi ho visto la pistola», dirà poi agli agenti. Marek Hamsik ha appena accostato il suo Bmw azzurro ai bordi della rampa della tangenziale di Fuorigrotta, direzione Capodichino. La gente che lentamente esce dallo stadio lo riconosce, si ferma, si avvicina. Nessuno capisce perché il 25enne centrocampista slovacco è lì, ai bordi della strada. Da solo. Fermo, col telefonino in mano. Prova ad allontanare i tifosi che si avvicinano a lui, che non sanno e non possono sapere quello che è appena successo qualche minuto prima, a via Cinthia. «Lasciatemi stare, per favore».
Hamsik ha il volto tirato, lo sguardo a pezzi. A pochi metri c’è il lampeggiante di un’auto della polizia stradale: gli agenti che si avvicinano quasi timidamente. A quel punto arriva sul posto, a bordo della sua moto Daniele Bellini, detto Decibel: è uno speaker radiofonico e la domenica è la voce dello stadio, l’uomo che legge le formazioni e gli annunci. «Conosco bene Marek, ho capito che c’era qualcosa che non andava».
Hamsik lo riconosce e gli racconta quello che è appena successo: Bellini è il primo volto amico che trova davanti a sé. Spiega lo speaker: «Era molto scosso, come chiunque di noi vittima di un episodio del genere. Ha detto che prima in due si sono accostati alla sua auto e lo hanno minacciato con una pistola: poi è spuntato anche una terza persona e gli hanno rubato l’orologio. E lui non ha reagito e lo ha consegnato. È durato tutto un paio di minuti». Col cellulare lo slovacco chiama alcuni amici slovacchi rimasti in tribuna. Nel frattempo un capannello di persone lo circonda, chiedendogli autografi e foto. «I tifosi non hanno capito quello che era successo. Lo hanno riempito d’affetto. A quel punto gli ho detto: Marek, questa è la vera Napoli… Lui mi ha guardato e mi ha risposto: lo so bene, sono cinque anni che sto qui».
I poliziotti raccolgono la prima testimonianza del calciatore e lo invitano ad andare in ospedale. Lui dice di no. Nel frattempo un’altra auto, con a bordo tre amici dello slovacco, lo raggiungono sulla rampa della tangenziale. Marek, visibilmente ancora sotto choc ma anche arrabbiato, balza a bordo dell’auto degli amici e si fa accompagnare a Capodichino. Non se la sente di guidare. Al volante del suo Bmw c’è uno dei suo compagni.
Miska, la sorella di Marek, nonché moglie dell’ex azzurro Gargano, chiosa irritata su Twitter: «È già la terza volta, che schifo». Già, terza rapina in cinque anni di Napoli. L’anno scorso toccò alla moglie, a cui rubarono l’auto. Nel dicembre del 2008 sempre a lui. Poche settimane dopo, il Rolex Daytona rispuntò. E lui, in vacanza in Slovacchia, pronunciò alcune parole che crearono notevoli imbarazzi. «Il mio orologio è stato ritrovato. I tifosi hanno saputo come fare. Noi giocatori siamo come divinità per loro. Mi aspetta alla stazione di polizia». Vago. La questura poi precisò il Rolex non era in loro possesso. E lui spiegò che i suoi interlocutori non avevano capito bene il suo pensiero.
Marek tace fino a tardi, poi affida al solito il suo pensiero al sito ufficiale. «Mi dispiace per quello che è successo, è la terza volta da quando sono nel Napoli – scrive in slovacco – Purtroppo ci sono anche questi inconvenienti a Napoli». Nei prossimi giorni non è escluso che possa essere Giovanni Melillo, il procuratore aggiunto che coordina le indagini sui reati sportivi, a voler seguire da vicino l’inchiesta sulla rapina allo slovacco.
Il club azzurro, da parte sua, s’affida al capo della comunicazione, Nicola Lombardo per spiegare che «siamo molto dispiaciuti per quello che è successo a Marek, ma le rapine sono un problema che riguarda tutte le città. Non solo Napoli». Qualche tempo fa, il presidente De Laurentiis commentò a suo modo: «Chi gira per Napoli col Rolex non è ancora abbastanza napoletano».
La criminalità, sotto questo aspetto, è molto democratica: non ha rispetto per nessuno. Neanche per i miti.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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