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Marek, il predestinato

Ha resistito alla corte di grandi club per diventare un top player col Napoli

Marek Hamsik, il gallo dalla cresta d’oro che mezza Europa insegue sventolando assegni e pro­poste, è il protagonista di una storia nata nel 2007 con il sorriso da bam­bino prodigio di 19 anni, cresciuta tra gol, prodezze e promesse e sug­gellata, quattro anni dopo, con una stretta di mano e un impegno tra uo­mini.

“Io resto: resti anche tu e fac­ciamo la Champions insieme?”, gli chiese Walter Mazzarri nel bel mez­zo del mercato estivo. E lui: “Sì. An­cora insieme per vincere”. Era giu­gno. Patto rispettato.

NUMERO 100 –E allora, eccolo qua lo slovacco. Bello, pronto e sorridente alla vigilia di una delle partite più emozionanti della sua carriera. Una scalata, quella di Hamsik. Una sca­lata sulla vetta azzurra che funge da prologo a quella mondiale: attual­mente, secondo la lista dei top pla­yerdel globo Castrol Rankings, sti­lata in base a una serie di coefficien­ti relativi agli assist, ai gol e alle idee in campo (diciamo così), Marek è il numero 100. A 99 posizioni da Mes­si, il re. Niente male, per essere uncentrocampista.

LA CONTESTAZIONE –E pensare che il 16 luglio 2007, quando fu presenta­to insieme con Lavezzi, ci capì piut­tosto poco: alzava il pollice e sorri­deva a tutti in mezzo alle urla, ma inrealtà la gente presente al centro sportivo di Castelvolturno fischiava e protestava contro il mercato az­zurro. Ritenendolo insufficiente. A distanza di 4 anni viene da ridere, a pensarci. Chissà se lui ricorda: con­testato, senza colpe, nelle prime ore napoletane.

LA CONSACRAZIONE –Vabbè, cose che capitano. Fatto sta che Napoli, per lui, è stata ed è la palestra di pallo­ne e vita: è qui che è nato suo figlioChristian, il 15 gennaio 2010, ed è qui che potrebbe nascere anche il secondogenito, un maschietto che cresce nel dolce pancione di Marti­na, la sua splendida compagna non­ché giocatrice di pallamano. È qui che sua sorella Miska ha conosciuto e sposato Gargano, regalandogli il nipote Matias. A Napoli, Marek ha scoperto anche la notorietà e gli im­previsti di tutti i giorni; la passione esagerata del popolo; la crescita tec­nico- tattica. Sì, perché è giocandocon la maglia azzurra che ha potuto conquistare la fascia di capitano della sua Slovacchia, vincere il Pal­lone d’Oro made in Bratislava, di­sputare il Mondiale 2010 e diventa­re l’obiettivo di squadre come Chel­sea, City, United, Milan, Inter, Real, Barça, Juve.

MAESTRO MAZZARRI –Lo sport, del re­sto, gli scorre nelle vene: papà Ri­chard giocava a calcio, mamma Re­nata e Miska a pallamano, e lui quando torna a casa, a Banska By­strica, si diletta con il tennis. Pro­grammato per vincere, Marek. Te­sta (con cresta sempre più punk) e cuore: la stima e l’affetto per Maz­zarri, il maestro, sono sconfinati.

“Giochiamo la Champions insie­me”.

È così è stato. Perché i rappor­ti umani, nella vita, non hanno prez­zo.

La Redazione

A.S.

Fonte: Corriere dello Sport

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