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Mazzarri: “Se Insigne facesse ancora il fenomeno, metterebbe in discussione chiunque”

Il tecnico livornese: "La vittoria deve entrare nel nostro DNA"

A qualcuno piace caldo: e in quest’estate bollente, trentacinque gradi all’ombra d’una Supercoppa che si staglia in lontananza, il clima finisce per arroventarsi dolcemente – e strategicamente – intorno a parole che infiammano l’atmosfera. La strategia dell’attenzione è in effetti un modulo, un sistema, e la «ripartenza» immediata in cui Mazzarri sceglie di rifugiarsi ancor prima del fischio d’inizio d’una annata da vivere ancora meravigliosamente assieme sa di ribaltone psicologico per giocarsela (ancora) senza paura. Il Napoli che verrà è teoricamente definito, praticamente in cerca dell’ultimo ritocco: però prima di sistemare il pallone al centro dei pensieri d’una squadra sommersa dagli elogi ma pure dalle (inattese) responsabilità, l’istinto di affermazione ha suggerito di costruire una corazza e di spedire una serie di input a quell’universo in cui si mescolano le aspettative popolari con le ambizioni personali. Il calcio vero decollerà con un volo dal «nido d’uccello» di Pechino, però prima, molto prima, meglio calarsi nel ruolo, indossare l’armatura e preparare persino l’anima per sfidare (subito) la Juventus e poi lanciarsi in nove mesi in cui «le gerarchie le suggerirà» il campo. Il Mazzarri rivoluzionario che prende il Napoli per la testa sa bene ciò che vuole e come lo vuole e in quel codice genetico c’è una voglia (matta) di vincere che si scorge a occhio nudo.

CASTELVOLTURNO – Il Napoli è tutto a sua disposizione, Mazzarri. 

«E la prima cosa che voglio sottolineare è la disponibilità assoluta di Cavani: poteva chiedere qualche giorno di vacanza, dopo le fatiche estive; invece s’è messo in aereo e ci ha raggiunto immediatamente».

La Supercoppa domina la scena: il caos di questi giorni intorno alla Juventus può essere per voi un vantaggio?
«Io non entro nelle vicende altrui, guardo in casa mia. E per principio non do giudizi su questioni sulle quali non sono aggiornato. Però so che pure dalle situazioni negative si possono trarre stimoli positivi. A me è successo di sfruttare il vento avverso, in passato. E comunque la Juventus è forte e quella sarà una partita secca». 

 

Ci sono gare in cui si ha solo da perdere….
«Io voglio vincere sempre, perché nella mia carriera una cosa non ho imparato a fare: gestire le sconfitte. E poi voglio che vincere per il Napoli diventi la normalità. Siamo riusciti a conquistare un trofeo, la coppa Italia, dopo un quarto di secolo. Ripartiamo con le intenzioni di sempre, pur sapendo che nel calcio, nello sport, nella vita, esistono anche gli scivoloni».

Il calcio d’estate cosa le ha detto?
«Che pure il Bordeaux, per sfidarci, s’è messo a fare il 3-5-2: e questo ci dà orgoglio. Però ci induce pure a riflessioni, avendo sofferto per una ventina di minuti circa: qui nulla può essere lasciato al caso, serve sempre una organizzazione perfetta. Persino nelle amichevoli. Contro i francesi, i difensori sono stati bravi nel reggere l’urto nel momento delicato. Poi le gambe hanno cominciato a girare….».

Torniamo a Pechino, magari facendo un salto indietro a Roma: cosa è cambiato in questi tre mesi?
«Impossibile dirlo, perché siamo nella fase iniziale della stagione e non si hanno dati certi. La variabile impazzita è costituita dal significato della sfida, che costituisce l’apertura della stagione: una finale, senza avere alle spalle match veri».

Di mercato non parla, ma di Vargas?
«Per me sta facendo bene, è stato utile e sfortunato. Abbiamo venticinque giorni ancora per decidere la soluzione giusta: la valutazione deve essere approfondita, arricchita da una serie di considerazioni. Per essere competitivi, servono uomini dal rendimento costante; e però va anche tenuto presente altro, per consentire eventualmente al ragazzo di crescere bene. Ma lui è migliorato tanto. Vedremo con la società cosa fare; vedremo cosa c’è sul mercato: le decisioni meritano riflessioni». 

Opinione diffusa: il Napoli è l’alti-Juve. Le mette pressione ciò?
«A me mi garba la pressione. Perché sono abituato a giocare per vincere. E vorrei che il successo diventi elemento del nostro Dna».

E’ (sempre) il momento di Insigne.
«Che contro il Bordeaux è stato elogiato da tutti, tranne da me. Però so che ha fatto bene, anzi benissimo. Ma so anche che un allenatore ha il dovere di trasmettere equilibrio ai suoi ragazzi. Nel calcio conta quello che fai domani. Se a fine anno Insigne avrà confermato tutto quello che ha fatto vedere sinora, allora sì che ci siamo. Ma contro il Bayer Leverkusen ha avuto la possibilità di fare due assist e si è lasciato ingolosire dal gol. E’ chiaro che se dovesse rifare il fenomeno e mi facesse tre assist a partita, metterebbe in discussione chiunque. Perché le gerarchie le concede il campo e io, come ho dimostrato in passato, non guardo in faccia a nessuno».

E così si smetisce pure la leggenda che Mazzarri con giovani…
«A volte leggo e sento cose da matti. Basterebbe andare a vedere i ragazzi che ho lanciato tra Reggina e Sampdoria. Se volete, giochiamo con una Under 23 e, state certi, ci salveremmo. Ma io voglio che qui vincere diventi una costante». 

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

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