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Mimmo Carratelli: “È il peggior momento dell’era Mazzarri, guai a fischiare”

Adesso evitiamo di fischiare il Napoli lunedì sera contro il Chievo, altra partita che si annuncia di  sofferenza. Legittima la delusione dei tifosi, comprensibile lo scoramento, obiettiva  l’insoddisfazione per una squadra che ha perso brio, condizione fisica, gioco e risultati, e anche la  fortuna quest’anno non è amica. È un momento delicato in una stagione massacrante. Fra dieci giorni c’è il Chelsea al San Paolo nel primo confronto degli ottavi di Champions. Il Napoli in difficoltà ha bisogno di arrivarci nel clima più sereno possibile. I tifosi hanno sopportato e sofferto la serie C senza mai abbandonare gli azzurri. Sono stati vicini alla squadra in annate peggiori, le  retrocessioni e i campionati di grandi illusioni presto svanite. Questo è un momento in cui i cuori  azzurri, questa passione unica al mondo, l’attaccamento viscerale, la fedeltà assoluta, che hanno superato periodi neri, questo è il momento in cui i cuori debbono prevalere sulla mente, sulla ragione che condanna il Napoli, ma un cuore non può condannare mai. È il momento difficile in cui  il Napoli ha maggior bisogno dei suoi tifosi, gli impareggiabili tifosi che sono “saliti” anche a Siena  in una serata di gelo, e di gelo in tutti i sensi. Mettere da parte le critiche, le polemiche, soprattutto  le antipatie e i contrasti personali. Adda passà ‘a nuttata. Certo, farsi battere dalle seconde e terze  linee del Siena, quartultimo in campionato, 11 punti meno del Napoli, fa il sangue amaro. Certo, il  Napoli non vince dall’inizio di gennaio, fatti salvi i due successi di Coppa su Cesena e Inter.  Continua a prendere troppi gol (media di uno a partita nelle ultime dieci gare) e segna poco (tre gol  nelle ultime quattro partite, 17 nelle ultime dieci, però sei reti in un solo match, contro il Genoa).

Al di là delle sviste arbitrali, di cui però è meglio non farne un alibi determinante, il Napoli arranca,  non ha più grandi ambizioni in campionato e dovrà sudarsi il passaggio alla finale di Coppa Italia.  In classifica mancheranno quattro, cinque punti per gli errori dei direttori di gara, ma è un fatto che  il Napoli sta deludendo. Aveva fatto sognare e il declino è ancora più duro da accettare. È tempo  che la serie A torni almeno a 18 squadre (era a 16 nei primi quattro anni di Maradona e ancora  prima) per “proteggere” le formazioni italiane impegnate nelle coppe europee, perché giochino in condizioni fisiche accettabili. Lasciamo stare i campionati anglosassoni. Là ci sono un altro clima e  altre “strutture” fisiche. E non c’è la “concorrenza” delle formazioni minori come in Italia dove i  valori si sono livellati in basso e anche le “grandi” non hanno mai partite “facili”. Giocando ogni tre  giorni saltano gli allenamenti, le rifiniture, la possibilità di curare gli schemi Sono difficoltà  obiettive che il Napoli sta soffrendo come se non più di altre squadre. Contribuirà anche la scarsa  qualità delle alternative ai titolarissimi. Ma non è il momento di fare processi (la campagna-acquisti   il modulo di gioco). È tutto chiaro, ma guai, adesso, a mollare in campo e sugli spalti. Dalla  Champions potrebbe venire il colpo pesante da rimettere in discussione tutto. Resta evidente però  che, superato questo momento grigionero e acciuffata almeno una “soddisfazione” in Europa, De Laurentiis e lo staff tecnico debbano fare un discorso chiaro, onesto e incisivo per ripensare il Napoli.

Fonte: Il Roma

La Redazione

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