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Montervino: dal Napoli ai granata sempre idolo delle curve

Primo tesserato nel 2004 da De Laurentiis per la C1 tornò con la squadra in A

Quasi vent’anni di carriera che rischiano di essere infangati da una macchia che il capitano respinge con determinazione. Francesco Montervino è rimasto senza parole dopo avere appreso la notizia delle sei giornate di squalifica e, soprattutto, dopo avere letto le motivazioni del giudice sportivo. Il calciatore, anche su suggerimento del club granata, ha preferito non rilasciare nessun’altra dichiarazione. Ai suoi amici più stretti però ha spiegato di essere pronto ad andare fino in fondo per dimostrare la totale estraneità a quanto gli viene imputato.
Montervino è sempre stato un giocatore di temperamento, che ha fatto del carattere la sua arma vincente. Una carriera da capitano la sua, con tanti successi alle spalle. Basti pensare che ad appena 19 anni era già capitano del «suo» Taranto (città d’origine) nei dilettanti da dove è partito per arrivare fino in Europa League (gioca dal 1994). Classe 1978, 35 anni non ancora compiuti, Montervino ha tre tappe importantissime nella sua lunga esperienza professionistica. La prima ad Ancona per oltre 5 anni, dove ha trovato pure l’amore e due splendide bambine, che gli ha fruttato una promozione e mezza (dalla C1 alla B e per metà stagione la cavalcata dalla cadetteria alla massima serie dei dorici). Un lustro in cui indossa per due stagioni la fascia di capitano. Poi il passaggio al Napoli, dove rimarrà per sette anni (intervallati da una breve parentesi a Catania). Il primo anno e mezzo in serie B, poi sei mesi alle pendici dell’Etna ed il ritorno all’ombra del Vesuvio, con il Napoli mortificato dalla serie C1. Montervino prende i galloni di capitano e sfiora la subito la promozione in B, sfumata nella finale playoff con l’Avellino. L’anno successivo il Napoli vince a mani basse il campionato di terza serie e bissa anche l’anno successivo, tornando nell’olimpo del calcio in un batter d’occhio. I tifosi gli regalano una fascia con la scritta: «Lealtà, coraggio, rispetto, attaccamento». Lui risponde con un tatuaggio con impressa la data della promozione in A. In massima serie gioca su buoni livelli per due anni conquistando subito una qualificazione in Coppa Uefa e giocando pure tre partite nella competizione europea.
Poi Salerno, la Salernitana, il Salerno Calcio e di nuovo la Salernitana: la scellerata gestione Lombardi, la farsa Cala, il capro espiatorio, il fallimento, la serie D, Lotito e Mezzaroma. In sintesi, una retrocessione, una finalissima playoff, la rinascita, una promozione ed un’altra praticamente in cantiere. E siamo all’oggi. Il suo gesto dopo il gol, la mano pesante del giudice sportivo ed una macchia che il capitano respinge con tutte le sue forze.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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