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Multinazionale Napoli, 8 stranieri in squadra

Cresce il gruppo estero. Il club punta sui giovani talenti anche di altre nazionalità

Da Destro a Insigne, volti nuovi della Nazionale di Prandelli, molti dei club di serie A hanno deciso di puntare sui giovani per fronteggiare la crisi. E più della metà si sono affidati al made in Italy. Dodici squadre su venti presentano almeno sei calciatori italiani (o naturalizzati, come il laziale Ledesma) nella formazione-base. Il Napoli non è tra queste. Con il rientro di Pandev, assente nelle prime due giornate per la squalifica, Mazzarri schiererà tre italiani su undici: i nazionali De Sanctis e Maggio e il capitano Cannavaro, che ormai ha rinunciato all’idea di essere convocato in Nazionale a dispetto delle brillanti prestazioni in campionato. L’inserimento di Britos al posto di Aronica, fedelissimo dell’allenatore scivolato in panchina, ha causato l’aumento di stranieri: l’argentino Campagnaro e appunto l’uruguaiano in difesa; gli svizzeri Dzemaili (o Behrami) e Inler e il colombiano Zuniga sulla linea di centrocampo; lo slovacco Hamsik a ridosso delle punte; il macedone Pandev e il bomber uruguagio Cavani in attacco. Otto su undici. Tuttavia la rosa del Napoli è equilibrata: gli italiani sono 13 su 26, il cinquanta per cento. De Laurentiis ha confermato la politica dell’inserimento di giovani stranieri, che ha offerto alterni risultati in questi anni: a gennaio è arrivato il cileno Vargas, raramente preso in considerazione da Mazzarri; dall’ultima sessione di mercato ecco il belga-marocchino El Kaddouri, stellina del Brescia che sogna di ripercorrere il cammino di Hamsik, e il brasiliano Uvini, punto di forza nella Seleçao campione del mondo under 20.
Solo tre italiani nella formazione base anche per Lazio e Roma, le uniche squadre allenate da tecnici stranieri, il bosniaco Petkovic e il boemo Zeman. La percentuale di italiani nelle rose dei club della capitale è bassa: 37 per cento per la Lazio e 30 per cento della Roma, che ha il singolare primato di avere quattro portieri stranieri (l’olandese Stekelenburg, il romeno Lobont, il lituano Svedkauskas e l’argentino Goicoechea). Si tengono basse con gli italiani (quattro) anche la Fiorentina, la squadra più rinnovata del campionato; il Palermo e il Genoa, che tuttavia ha affidato a Ciro Immobile da Torre Annunziata, il bomber della promozione del Pescara e dell’Under 21, la responsabilità dell’attacco. Ma la squadra che prevede il minor numero di italiani è, ancora una volta, l’Inter: uno, il difensore Ranocchia. Bisognerà vedere se Cassano tornerà ad essere FantAntonio e riuscirà a riconquistare un posto al sole, ovvero da titolare. La percentuale di italiani nella rosa di Stramaccioni è molto bassa: il 21 per cento, non una novità, perché Moratti ha sempre puntato su campioni, o presunti tali, stranieri. Il new deal annunciato dal presidente petroliere prevede una riduzione di spese per il mercato e gli stipendi, evidentemente non un ritorno alle origini.
Sull’altra sponda milanese c’è una delle tre squadre che ha più italiani nella formazione base: nove su undici per Allegri, che ha scelto come titolare l’ex interista Pazzini, autore di una tripletta al Bologna nella prima partita da titolare. È la svolta dopo la perdita di Ibrahimovic e Thiago Silva, peraltro lautamente risarcita dagli emiri del Paris St. Germain. L’addio, al Milan o al calcio, di un bel po’ di senatori e l’inserimento di alcuni giovani talenti (De Sciglio, Acerbi ed El Shaarawy) ha ridotto l’età media dei rossoneri. È il new deal lanciato, per necessità più che per scelta, da Galliani e non digerito da Allegri, che aspettava top player – ovviamente stranieri – per lanciarsi alla caccia della Juve, che di italiani ne ha sette su undici, con un’ampia quota presente nella Nazionale, non a caso nuovamente definita ItalJuve. Sono nove anche gli italiani schierati dal Siena e dall’Atalanta, che ha la più bassa percentuale di calciatori stranieri nell’organico a disposizione di Colantuono: il 25 per cento. Non c’è da sorprendersi: il club di Bergamo ha sempre creduto negli italiani e nei giovani, tanti ne sono venuti fuori dalla scuola del maestro Favini.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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